laR+ L'intervista

Noëmi Lerch, là fuori nel vento

In ‘Grit e le sue figlie’ (Casagrande) tornano tutte le tematiche care all’autrice. Sabato 4 maggio l'incontro con il pubblico di ChiassoLetteraria

Già Premio svizzero di letteratura 2020, è attesa al Cinema Teatro Chiasso
(Keystone)
1 maggio 2024
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Quella di Noëmi Lerch, romanziera svizzero-tedesca classe 1987, è una scrittura di apparizioni e sparizioni. Come se la narrazione avanzasse per sequenze di azioni e visioni fugaci, oniriche, dal sapore leggendario. Dopo ‘La contadina’ (Gabriele Capelli Editore), incentrato sulla vita della fattoria, e ‘Benvenuti nella valle delle lacrime’ (Edizioni Sottoscala), vincitore del Premio svizzero di Letteratura 2020, esce per Casagrande nella bella traduzione italiana di Anna Allenbach ‘Grit e le sue figlie’, romanzo in cui ritroviamo tutte le tematiche care all’autrice: la vita alpestre, la fatica del lavoro in montagna, l’esistenza dentro la natura. Un realismo della quotidianità contadina attorniato però da un’aura tanto arcaica da divenire magica, surreale, appartenente a un altro mondo.

La storia di Grit (che sarà presentata anche al Salone del Libro di Torino, 9-13 maggio) ha origini lontane. La sua fattoria sorge in una valle dove un tempo c’era un deserto abitato da un unico pino. In quel punto si erano incontrati due viandanti. Lui si era innamorato, lei aveva proseguito il viaggio. Allora lui aveva creato un giardino in attesa del suo ritorno. Da lì era nato un villaggio. Sotto a quel pino era cresciuta una famiglia, destinata, pare, a ripetere la stessa antica storia di partenze e abbandoni.

C’è il sapore della Macondo di ‘Cent’anni di solitudine’ tra queste pagine, mischiato al respiro breve e secco di Ágota Kristóf. Ma sarà l’autrice stessa a darci un’anteprima del romanzo sabato 4 maggio alle 16.15 in uno degli appuntamenti del festival ChiassoLetteraria, dove dialogherà con l’omologa Fanny Desarzens (modera Sebastiano Marvin).

I suoi libri mettono al centro la natura e il mondo alpestre. Che cosa le interessa raccontare?

Quello che cerco di fare è parlare di mondi piccoli, abitati da pochi personaggi e attraversati da storie semplici. I grandi intrecci affollati di vicende e dislocati in tanti posti non mi interessano. Mi piace, invece, fermare lo sguardo sui particolari, su un posto preciso, dire il meno possibile lasciando che la magia emerga dalla semplicità. Lascio che la mia scrittura prenda il ritmo della vita nella natura, rispettandone i tempi e muovendosi al passo con lei.

‘Grit e le sue figlie’ è una storia familiare e femminile. Chi sono le protagoniste?

Grit e la figlia Wanda sono due figure centrali e, per certi versi, speculari. La prima è una donna che è andata controcorrente, provando a uscire dal ruolo di semplice madre e moglie. È entrata in politica e ha lottato per i diritti degli animali. Sua figlia Wanda, invece, ha scelto di rientrare in un sistema antico, anche se ha comunque una posizione di rilievo nella gestione della fattoria. Mi interessava approfondire la relazione tra le due a partire da questo scambio di ruoli, dove la madre sembra essere più emancipata della figlia. Quello di Wanda però non è un passo indietro, quanto, piuttosto, una ricerca alle radici di una storia familiare.

Ma ci sono anche personaggi maschili che appaiono e scompaiono nel racconto. Sono importanti, eppure si trovano sempre in posizioni di confine. Non sono costanti. Il marito di Wanda fa il pastore ed è sempre fuori casa. È un’ombra che passa e poi va. Il padre invece è quello che ha assunto una posizione femminile, ha fatto da padre e da madre ai figli per dare più libertà a Grit. Nel libro viene descritto come un cavalluccio di mare: il maschio di questa specie cova le uova in una sacca interna, un po’ come fanno i canguri.

In questo romanzo la vita del mondo rurale si intreccia con leggende ed elementi fiabeschi. Da dove ha attinto questo materiale? Quali sono le fonti che le sono state di ispirazione?

Non vorrei dire troppo su questo, mi sembrerebbe di svelare i miei ingredienti segreti. Molte storie le ho prese dalle canzoni. Qualcuno potrà riconoscere qualche brano di Janis Joplin o di Joan Baez, ma è tutto mischiato. Ho rielaborato e inventato seguendo lo spirito dei cantautori. Il mio non è un lavoro documentaristico, anche se il piccolo mondo di cui parlo ha senz’altro echi dalla Bibbia e dalla creazione.

A ChiassoLetteraria parlerà della montagna come luogo di stupore in cui ritrovarsi e perdersi. Quali sono le peculiarità di questi territori? Su cosa verterà la conversazione?

Sicuramente parlerò della natura selvaggia senza darle un’immagine troppo romantica. La vita in montagna è dura, faticosa. È molto facile perdersi, in tanti sensi. Servono calma e pazienza. È sicuramente un’esperienza che costringe a chiederci chi siamo e da cosa, o da chi, dipendiamo. Bisogna imparare a gestire il silenzio, a dirsi tanto con poche parole e a stare semplicemente insieme. Nel mio romanzo gioco molto con questa interazione tra essere umano e natura, come se a un tratto i confini si confondessero rendendo difficile capire dove finisce uno e inizia l’altra. Mi interessa provare a creare dei personaggi un po’ uomini e un po’ animali. In una scena del libro un corvo si ferma dietro la testa di Grit trasformando, a colpo d’occhio, la donna in uno strano uccello. I bambini invece sono lasciati molto liberi, sono selvatici come cervi, spariscono nei pascoli vicini, vengono affidati ai cani, vanno fuori nel vento come se fosse la brezza a gestirli e a occuparsi di loro.

Lei descrive il mondo rurale attraverso un realismo scarno e una scrittura asciutta inserendo però una forte componente onirica, fantastica. In che modo emerge questa dimensione?

Al liceo lessi diversi libri del romanziere e poeta galiziano Manuel Rivas. Il realismo magico de La lingua delle farfalle mi è rimasto dentro. Cerco sempre di ricreare quelle atmosfere anche nei miei libri. Mi interessa lasciar parlare tutto, tirare giù i confini tra sogno e realtà, lasciare le cose nell’indeterminatezza. Chi è quel personaggio che adesso ritorna? È lui? È quello che era partito o è un altro?

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