laR+ IL QUESTIONARIO DI PROUST

Il mondo di Denise Carniel

La giornalista, politica e attivista per i diritti delle persone con disabilità risponde alle nostre domande

Al Parco delle Camelie a Locarno
(@Simona Cresta)
8 novembre 2023
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Il tratto principale del mio carattere.

Di me non posso dire tante cose e forse è un peccato. Non posso dire di aver mai fumato una sigaretta o una canna, per cominciare. Non si può dire che io non ricordi qualunque data legata a un affetto o a un accadimento che con l'affetto ha a che vedere, che sappia incassare una sconfitta se non apparentemente... Di me non posso dire che non conosco il valore del perdono. Del perdono vero, intendo. Si sa che amo il rischio, che perdo di rado il controllo e che anche quando sembra che lo perda è un bluff. Non si può dire che non sia schietta. È cosa nota il mio puntiglio, arcinota la mia incapacità di lasciare in sospeso qualunque situazione o di guardare un uomo sposato più di un minuto. Non si può dire nemmeno che non sia curiosa.

La qualità che desidero in un uomo.

Un cuore dove poter stare in equilibrio, fidarmi e affidarmi. Un uomo infatti deve essere protezione, amore, pazienza, dedizione, senza scendere mai a compromessi con qualcosa di meno. Uno sguardo da cui guardare tutto da una nuova prospettiva. L’intuizione di un amore che vive, di una dolcezza evidente, una tenerezza gentile, indice di un’intelligenza profonda; il fermo immagine del saper cosa non essere mettendoci tutta la sua forza e coraggio per arrivare, un cuscinetto per ammortizzare il dolore: valori comuni e un pizzico di follia.

La qualità che preferisco in una donna.

L’indipendenza di pensiero, la testardaggine nel credere nei propri sogni, la forza di credere nella bellezza nascosta delle cose la sorellanza quando dice la verità. Amo quando una donna non dimentica chi le ha reso il cammino più semplice – esistono tantissime di noi che hanno scritto la storia – e amo che, ogni giorno, tenti d’essere fiera e felice.

Quel che apprezzo di più nei miei amici.

È sempre difficile parlarne per me. Mi mancano parole che riescano a contenere moltitudini scalpitanti di sentimenti. Perché nelle relazioni, nella rete e nella cura io ho trovato il mio posto nel mondo, ma posso dirvi che le mie persone sono quelle che fanno più casino, ridono più sguaiatamente, applaudono più fragorosamente e amano più forte. Sono quelle del Club dei Perdenti, che credono ancora con l'intensità dell'incoscienza, che sanno essere presenza salvifica e reale, quelle che sognano talmente forte da farsi uscire il sangue dal naso, quelle che costruiscono mondi migliori ogni giorno, quelle che sui rapporti hanno puntato tutto, quelle che festeggiano insieme a me ogni istante di vita. Io non lo so che cosa ho fatto per meritare il loro amore. Mi sento cosi grata.

Il mio principale difetto.

Sono materia viva. Vivo e mi scortico appena vengo a contatto con gli altri. Prendo posizione, oscillando vertiginosamente tra il bianco e il nero in cui vivo, incapace di languire nel brodo tiepido del grigio. Strepito, impreco, scuoto forte la testa, sono un'idealista, infantile, come quasi tutti gli idealisti. Mi ammalo di stupide e fastidiose malattie di origine psicosomatica. Perché penso penso penso.Cerco sguardi complici. Arrivo stremata alla fine di ogni conoscenza, quando credo di esserne all'inizio. Così cerco di prendere le distanze dal circostante leggendo un libro, guardando film, facendo qualche passeggiata, potando anche quando non è tempo di potatura. Io non sono indifferente a niente. Per questo (r)esisto.

La mia occupazione preferita.

Guardare e scrivere quello che guardo è la cosa che mi riesce meglio. Scrivo di immagini anche quando parlo di sensazioni. Metafore su metafore. Allegorie della vita, fuori e dentro di me. Aspetto, senza aspettative, di riconoscere il momento esatto in cui comprendo chiaramente se in mano ho i semi oppure i sassi. Non sono mai stata un'amante delle imprese difficili. Mi piace la naturalezza. Fedele a me stessa. Perfino i sassi hanno il loro perché. Esistono mosaici perfetti, bellissimi, in cui l'incastro tra gli elementi è perfetto. Già, l'incastro. Il fascino discreto delle piccole cose – si dice così, no? – che racconta dei luoghi dove se ne va il cuore, quando è leggero.

Il mio sogno di felicità.

Sentirmi al sicuro, sentirmi voluta. Così come sono sopravvissuta. Un po’ a pezzi, un po’ luminosa, un po’ così come sono. Vivere tranquilla con chi dona colore, intimità, confidenza e spensieratezza alla mia vita. Sapere di essere utile, nel fare e nel dare, nell’avere tante parole da dire e da ascoltare.

Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia.

Mi dà fastidio che tutto proceda, anche senza di me. Che le persone si incontrino, si scontrino, facciano qualche passo assieme, si salutino. Che la vita venga affrontata, sfidata, degnata di un senso, lontano da me. Che si coniughino verbi al plurale, si risolvano problemi, si abbottonino giacche. Mi dà fastidio e mi fa male lungo tutto il corpo, alla base della schiena, in ogni giuntura. Che ci siano braccia ad abbracciare, sorrisi imbarazzati, baci sotto l'ombrello aperto. E ancora, illimitate parole d'amore che attraversino ponti e strade e piazze e marciapiedi e che arrivino a destinazione bussando alla porta giusta. Per un anno, un mese, un giorno, un attimo, lontano da me. Non riuscire a essere amore, e per questo non riuscire a vederlo, mi toglierebbe il fiato.

Quel che vorrei essere.

Io. Semplicemente. Così imperfetta. Ma serena. Testarda. Resiliente. Capace. Amabile. Frammentata. Fallibile. Antifragile. Amante. Perché, con certezza, ne è valsa la pena.

Il paese dove vorrei vivere.

Qui, altrove, ovunque. Senza confini o frontiere. Ma soprattutto, dovunque senta che c’è bisogno di me.

Il colore che preferisco.

Tutti i toni del rosso, come quelli del cielo quando arrossisce perché innamorato della luna. I tramonti e le albe sono un esercizio di meraviglia gratuito altamente sottovalutato: combattono il grigiore delle città ogni singolo giorno, così umilmente.

Il fiore che amo.

Quale non amo? Sono tutti stupendi, non so decidermi, so che non li amo recisi perché mi piace quando hanno radici forti per natura. Il cactus però, credo mi assomigli: tra spine e poca acqua, dona fiori, quando vuole, in segno di ribellione. "Ci sono fiori ovunque, per chi è disposto a vederli”, diceva Matisse.

L'uccello che preferisco.

Il colibrì: perché chi ti ama, ti vede, anche quando tu non sei in grado di farlo. Voglio accanto chi sa vedermi. Ciò che tiene in vita il colibrì è anche la sua condanna: il perpetuo movimento per la perfetta immobilità. Ma arriva il momento in cui si deve cambiare fiore. Una nuova ebbrezza che dà un senso alla sua esistenza. Spostarsi su un altro fiore o spiccare il volo: in ogni caso, vivere è avere il coraggio di cambiare.

I miei autori preferiti in prosa.

I libri mi hanno dato un mondo da scoprire. Troppi autori per citarli, ma adoro gli albi illustrati e i libri pop-up: mi sorprendono sempre.

I miei poeti preferiti.

Con le poesie della Merini con le sassate che scagliava, io ci sono maturata. E adesso che non c’è più mi sento un po’ più povera e credo che il mondo sia un po’ più povero. Ma forse lo era anche prima, quando ignorava il suo disagio, la sua indigenza e lei sorrideva, scrollava le spalle, si accendeva una sigaretta e diceva: "La poesia è un'incredibile occasione di vita". La poesia si sconta vivendo, fino all'ultimo. Perché ci è dato tanto soffrire, a tutti, ma c’è chi soffre e s'incattivisce con la vita, e c’è chi soffre e sublima la vita rivelandola in corolle di fiori di parole. Come Alda.

I miei eroi nella finzione.

Deadpool, perché è anche romantico. Lui è innamorato della sua fidanzata, ma non riesce a proteggerla. E, nonostante il cancro, progettano una famiglia. E Blackpanter: il primo supereroe nero, il cui attore è stato portato via, anche lui, da questo male. E Joker, così folle ma così vero. E tutti i personaggi “strani”, quelli su cui il mondo non scommetterebbe nulla, perché sbaglia, a non farlo. Senza dimenticare i vari amici di chi ci prova e salva il mondo, senza i quali l’Eroe non sarebbe tale. Persino nella finzione, prima o poi, tutti diventano fragili.

Le mie eroine preferite nella finzione.

Lucy Van Pelt dei Peanuts, Diana, Atena e Artemide dalla mitologia, Wonder Woman ed Eva Kant nei fumetti, Pollon del cartone animato, la Gelsomina dei film di Fellini e tante altre, tutte figure femminili che, seppur nate dalla fantasia, sono sensibili, malinconiche, allegre, ironiche.

I miei compositori preferiti.

Bach e Chopin, Yiruma, Einaudi, Allevi. Special Guest il maestro Ezio Bosso.

I miei pittori preferiti.

Gli Impressionisti, tutti. Frida Kahlo, Artemisia Gentileschi, Tamara de Lempicka, Giorgia O'Keeffe, e molte altre figure femminili che vi esorto a scoprire. Conosciamo un sacco di pittori uomini, ma per fortuna nell’arte le donne stanno riemergendo dalla storia.

I miei eroi nella vita reale.

Chiunque crei poesia. Amo l’arte di Daniele Finzi Pasca, il Cirque du Soleil, Marco Paolini, ma più in generale tutti coloro che credono che la gioia insegni, calmi e guarisca: che sono tanti e lavorano nei teatri e ci mettono tutto quello che sono. L’attivismo di islam Alijai e tutti i miei amici Oltralpe, mio papà, e io stessa, perché so quanto provo a far bene.

Le mie eroine nella storia.

Le donne che ho conosciuto, che conosco e che conoscerò, che al di là del tempo con il loro esempio mi fanno diventare ogni giorno la donna che sono.

I miei nomi preferiti.

I nomi dolci, che quando li pronunci ti fanno emozionare: papà, mamma, famiglia, amore, amico, e tutte le parole belle che pronunci persino nel silenzio, con il cuore timido ma fiero.

Quel che detesto più di tutto.

L’indifferenza, da dove nasce tutto. L’idea (sbagliata) che ci riguarda solo ciò che ci minaccia.

I personaggi storici che disprezzo di più.

Chiunque abbia fatto nascere i totalitarismi e le guerre.

L'impresa militare che ammiro di più.

Non riesco ad apprezzare le imprese militari tout court, anche perché in una guerra o in una battaglia ci sono morti da ambo le parti, e tutte le due parti piangono.

La riforma che apprezzo di più.

Il diritto di voto alle donne, la salvaguardia dei più fragili, l’integrazione delle persone con disabilità nelle scuole regolari, tutte le riforme dei diritti umani, spero l’iniziativa per l’inclusione il prossimo anno…

Il dono di natura che vorrei avere.

Abbracciare, confortare, guarire chiunque ne abbia bisogno, con le parole, con i gesti, o senza farmi vedere.

Come vorrei morire.

Voglio tornare alla luce, così come ci sono venuta: nuda. Pura e leggera. Perché è così che fa la morte: ti spinge a vivere più forte. Io l’ho vista da vicino. E non è disperazione, ma liberazione e leggerezza. Un saggio una volta disse: “Lasciate che i morti seppelliscano i morti. Se sceglierete la vita a ogni singolo respiro, non avrete più paura di perderla”. Sì, credo davvero che a volte faccia più male esistere e non avere leggerezza in occhi e sorriso, perché dopotutto credo che morire non sia definitivo, è solo un passaggio di là dal velo. A patto che si abbia vissuto tutta la vita che avevamo nelle vene.

Stato attuale del mio animo.

Un'anima rugosa, grassa o secca, liscia e callosa, ruvida, elastica, croccante, iridata, sgargiante, vestita d'organza o mimetizzata in cachi, multicolore, coperta di morchia, di piaghe, di verruche. Un'anima a fisarmonica, a trombetta, a pancia di viola. Non ha più contorni definiti, come una enorme smagliatura si specchia e si riconosce. Rotola e va.

Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza.

La golosità perché adoro mangiare, l’ingenuità perché trovo sia una qualità rara e da proteggere, e la fragilità, che troppo spesso è vissuta come una colpa, e invece è un pregio.

Il mio motto.

Per aspera ad astra.

Completiamo il questionario con le dieci domande che Bernard Pivot rivolgeva ai suoi ospiti in ‘Bouillon de culture’, emissione di France 2.

La tua parola preferita?

Legàmi, perché mi fa pensare a un nodo a un desiderio, a un sentimento forte, a quando vuoi legare quindi creare un ponte tra due concetti, due cose, ed è un inizio…

La parola che odi?

Tutte quelle che sottostimano, che offendono: non so sceglierne una, tutte feriscono se dette con questo intento.

La tua droga preferita?

Le risate, le chiacchierate, il buon cibo.

Il suono, il rumore che ti piace?

La natura, la musica, le voci, i sussurri.

Il suono, il rumore che odi?

Chiunque urli in modo violento.

La tua parolaccia preferita?

Porcacica, cavolaccio, e altre variazioni sul tema.

Un uomo o una donna da ritrarre in una nuova banconota?

Mi piacerebbe che fosse una persona con disabilità, chissà….

Il lavoro che non avresti voluto o non vorresti fare?

Credo non esista, ogni lavoro se fatto bene è importante. Ma forse un lavoro in cui devo scendere a compromessi con i miei valori.

La pianta, l'albero o l'animale in cui vorresti reincarnarti?

Il baobab, perché mi piacerebbe essere la casa di un piccolo principe, o principessa, o uno dei fiori del giardino di Alice nel Paese delle Meraviglie, in una semplice margherita con cui gli innamorati fanno m’ama non m’ama, l’anemone di mare...

Se Dio esiste, cosa vorresti sentirti dire dopo la tua morte?

"Vieni, riposa, meriti pace, perché hai davvero tanto amato”.

 

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