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Breve storia del ragazzino che non conobbe il male

Esce il racconto ‘Il cielo nuovo’, esordio finora inedito di Angelo Casè, che viene ricordato in una mostra alla Biblioteca cantonale

Saltini, Catenazzi, Medici, Erba per Angelo Casè
(laRegione)
5 dicembre 2023
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"Non sapevamo del male, non lo conoscevamo ancora. Capivamo confusamente che sarebbe stato difficile ignorarlo fino alla morte. Un giorno o l'altro, ci saremmo cascati senza conoscerlo": il ragazzino no, non ha fatto in tempo a conoscere il male. È morto come potevano morire i poveri, nel Ticino depresso in cui il lavoro era malpagato e si cercava consolazione nell'oblio del vino, mentre lavorava come garzone presso un macellaio, cadendo e rimanendo fulminato dalla lampada che teneva in mano. Ora è un ologramma, un fantasma, una nuvola di fumo, un fiato smarrito e irraggiungibile, che ci parla come le anime che Ulisse incontra nell'Ade o come i defunti che dormono sulla collina di Spoon River. Si presenta, senza rivelarci il suo nome, in un incipit che è un pugno nello stomaco: "Sono morto il tredici di settembre ed era il primo giorno delle scuole. Io non ci andavo più a scuola, sapevo scrivere e leggere, non sempre riuscivo a dividere esattamente un numero". In poche frasi Angelo Casè ci ha già preso per mano il lettore, fornendogli le informazioni, anche stilistiche, necessarie per entrare nel vivo del racconto ‘Il cielo nuovo’, prima prova narrativa, riemersa solo di recente e finalmente pubblicata, a cura di Flavio Catenazzi e Luca Saltini, per le Edizioni dello Stato del Cantone Ticino. Torniamo al protagonista: anche se forse, nella dimensione insondabile in cui si trova, tutte le cose gli sono finalmente chiare, il suo sguardo rimane quello di chi avrebbe ancora una vita intera da vivere, e non conosce il male ma sa fare a pugni con i coetanei, sa uccidere le bisce, sa ripetere le parolacce e le bestemmie dei grandi, con l'innata, innocente, vitale cattiveria dei bambini, che hanno energie da sfogare e una noia infinita e a suo modo creativa, che spinge a conoscere il mondo, a sbucciarsi le ginocchia, a sporcarsi, a imparare a distinguere i fiori e le piante, gli animali e i loro versi, a immergersi nei ritmi, nei suoni e negli odori della natura, in una terra che non ha altro da offrire.

I poveri non muoiono come i ricchi

Non ha conosciuto il male, ma ha imparato che il mondo è ingiusto, che ci sono quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, che i poveri non solo non vivono come i ricchi ma nemmeno muoiono come loro: poco prima della Pasqua ha perso il padre, pompiere, a causa di un incendio, e confidando nelle bugie dei preti aveva creduto che l'angelo buono glielo avrebbe riportato indietro, e per gratitudine aveva preparato un piattino di pane e sale per l'asinello dell'angelo. È stato, anche in questo, diverso dagli altri, un introverso con l'incontenibile desiderio di starsene ai margini di un branco che, non sapendo come confrontarsi con lui, preferiva a volte ghettizzarlo, alienarlo, lasciarlo solo, e ora non sa come reagire alla sua morte: "Era come se fossi ancora insieme a loro nel gioco. Allora rimanevano silenziosi. Si guardavano, scrollavano le spalle, le zazzere scapigliate. Era ottobre. Penetrava dal finestrino l'aria fresca e un suono di pifferi". Bambini che crescono condizionati dall'ignoranza e dai pregiudizi degli adulti: "Sono morto in un modo che a pensarci viene da scrollare la testa, da dire che era stata colpa mia, dovevo fare attenzione. Come durante tutta la vita. La colpa era sempre stata mia per la gente, avrei dovuto badare a ogni mio gesto, a ogni parola, per non sentirmi gridare seccamente: -È colpa tua!-". Eppure un sorriso lui l'ha regalato, e in qualche momento ha provato qualcosa di simile alla felicità, anzi alla sincerità, che è il nome con cui chiama quella sensazione nuova che fa vedere le cose in un modo diverso, quel dono o illusione di purezza e di verità che solo la scoperta dell'amore può regalare a chi ancora non lo abbia sperimentato: "La ragazza era divenuta per me un'occasione che non potevo scordare, mi procurava una forza nuova, fatta di niente, ma robusta come un legno". E ancora: "La ragazza mi aveva dato la bontà, e la sua bontà aveva preso a perdurarmi dentro, forse non si sarebbe mai più disancorata. Era resistente, fatta di parole semplici e di silenziose corse sui muretti. Dopo gli incontri con la ragazza mi sentivo alleggerito, completamente buono, come mai era accaduto".

Gli occhi verdi dell'amore

Con lei, che ha gli occhi verdi come l'erba, ha fatto in tempo a scoprire, se non le gioie dell'amore, almeno che è bello accontentarsi di quanto si ha, e che è bello lasciarsi stupire da spinte misteriose, sensazioni nuove che fanno venire voglia di cantare e di piangere, di correre e di stendersi tra i papaveri, nei momenti in cui, crescendo e provando a diventare sé stessi, si cerca di capire qualcosa del mondo: "Attravresavo momenti disperati e incerti da vivo. Ma penso che tutti i ragazzi a un dato momento sono colti dall'esitazione di vivere. Per me, era una perplessità strana, mi dava furiose pulsazioni, una visione tutta mia del cielo e del mondo, una superstizione addosso da farmi intendere sempre una voce grossa dietro le spalle. La mia posizione di ragazzo s'ingarbugliava e cominciava l'egoismo per le cose belle e buone". Era ancora un ragazzo anche Angelo Casè, quando scrisse questo suo primo racconto, nel 1959 (a 23 anni), sotto la presumibile influenza di Pavese: la prima pagina del dattiloscritto, con correzioni e cancellazioni, è una chicca della mostra ‘Angelo Casè. Opera in versi e in prosa dalla raccolta dell'Archivio Prezzolini’, che fino al 17 febbraio 2024 alla Biblioteca cantonale di Lugano ripercorrerà, attraverso prime edizioni, recensioni, lettere e vari memorabilia, la carriera letteraria dello scrittore locarnese, messa in dialogo con alcune serigrafie del fratello Pierre. Un modo per riconoscere, a un poeta e narratore messo in ombra da nomi più famosi, un posto di rilievo nella letteratura ticinese del Novecento.