‘The Wild Card’, romanzo della mamma più famosa del tennis, è un esordio ‘leggero’ col pregio di parlare di relazioni inappropriate tra coach e giovani
Gli appassionati di tennis la conoscono per la grinta con cui nel player’s box sostiene i figli durante le partite. Jamie il maggiore, una buona carriera in doppio; e il ben più noto Andy, di un anno più giovane e tra i singolaristi più forti della sua generazione (numero uno al mondo per 41 settimane, vincitore di 41 tornei di cui tre Slam e due medaglie olimpiche, trionfatore in Coppa Davis con la Gran Bretagna). Spesso inquadrata dalle telecamere col pugno alzato e un’espressione arcigna, l’oggi 63enne scozzese è spesso e a lungo stata l’emblema un po’ stereotipato della mamma-tigre ed eccessivamente competitiva. “Se fossi stata un uomo, mi avrebbero vista diversamente – ha dichiarato in occasione di alcune interviste ai media inglesi –; così come mi avrebbero ritratta in un altro modo, se fossi madre di due femmine: sarei cioè una mamma protettiva, piuttosto che aggressiva e che spinge i suoi figli verso la vittoria”.
Non estranea a questa lettura è anche la scarsità di allenatrici donne tanto nel circuito professionistico (compreso quello femminile), quanto negli ambiti giovanili. Proprio il figlio Andy è stato uno dei pochissimi tennisti a volere una coach: dal 2014 al 2016 è infatti stato seguito all’ex campionessa francese Amélie Mauresmo; scelta che aveva suscitato un certo stupore nel mondo per molti versi conservatore del tennis, e scatenato ironie talvolta sfociate nel becerume.
Dietro l’immagine di donna di ferro, in realtà Judy Murray è persona di grande ironia e, qualità non comune, estremamente auto ironica. Sui suoi profili social non nasconde la sua passione sfrenata per i dolci (dei quali ‘denuncia’, finora infruttuosamente, l’uso inutile di erbe d’ogni genere a mo’ di decorazione definendole unnecessary foliage, fogliame non necessario) e l’apprezzamento per un buon Prosecco al momento giusto; e racconta aneddoti divertenti tirando in ballo talvolta i suoi genitori, che pure paiono non mancare del tipico british humor. Del resto se fosse tipa da prendersi troppo sul serio, non avrebbe mai preso parte alla dodicesima edizione del programma televisivo ‘Strictly Come Dancing’ (il ‘Ballando con le stelle’ britannico), dove per sua stessa ammissione era la peggiore ballerina dello show.
A sua volta giovane tennista di buon livello, a 17 anni rifiutò una borsa di studio per gli Stati Uniti ciò che a suo dire è forse il più grande rimpianto. Altri tempi, in cui l’America appariva ben più lontana dalla Scozia di quanto non sia oggi. Per alcuni anni capitana della squadra della Gran Bretagna di Fed Cup (in seguito diventata Billie Jean King Cup), è da sempre parecchio impegnata a incentivare e far conoscere le iniziative volte a diffondere la pratica del tennis in special modo tra le bambine e le ragazze e non ha accantonato il progetto di aprire un’accademia nel suo Paese d’origine, Dunblane.
Dopo ‘Knowing the Score. My Family and Our Tennis Story’ (2017), autobiografia scritta a quattro mani con Alexandra Heminsley, ‘The Wild Card’ (Orion Group, 2023) è il suo primo romanzo.
Abigail Patterson ha 37 anni e si appresta a giocare i quarti di finale a Wimbledon. Non ci sarebbe nulla di particolarmente strano; se non fosse che aveva lasciato il tennis vent’anni prima, quando era una delle grandi promesse britanniche, per crescere il figlio Robbie. Sconosciuta a più e senza classifica, è stata ammessa al più prestigioso torneo sull’erba al mondo grazie a una wild card (invito dato dagli organizzatori) per la quale a brigare era stato proprio il diciottenne Robbie. Uscita dalle qualificazioni, ora che è tra le ultime otto giocatrici in corsa per il titolo si ritrova sotto i riflettori; e ‘Abi’ sa che è solo questione di tempo, prima che i media inizino a scavare nel suo passato e scoprano il segreto che ha tenuto nascosto per tanto tempo. Un fatto intimo e, a distanza di anni, ancora doloroso; svelato in un’alternanza di capitoli ambientati in un presente di pochi giorni (si arriva alla finale) e nel passato.
Benché personaggi e trama siano inventati, ‘The Wild Card’ è infarcito di precisi riferimenti reali, frutto di decenni trascorsi sul circuito internazionale: dai luoghi (ad esempio il dietro le quinte dell’iconico Centre Court) alle dinamiche che si sviluppano prima, durante e dopo le partite, a nomi di campioni veri. Sotto mentite spoglie potrebbe esserci anche lei nei panni di Rosie Forbes: protagonista defilata nel racconto ma figura importante per Abigail, è un’allenatrice dallo spiccato accento scozzese e madre di due figli.
Quello di Judy Murray è un esordio nella narrativa leggero dalle tinte rosa. La storia scorre veloce e si legge facilmente, senza per forza essere grandi conoscitori di tennis. Non certo un capolavoro, comunque un racconto che si ha voglia di sapere come vada a finire (non lo diciamo) e, soprattutto, che ha il merito di aprire una finestra su alcuni temi. È una vicenda di resilienza e seconde possibilità; con il pregio di sollevare il velo sulla questione delle molestie, degli abusi e delle relazioni inappropriate tra allenatori e giovani giocatori; argomento che per molti versi rimane un tabù. Se ciò avrà il potere di dare il via a un ‘MeToo’ nel tennis, è però tutt’altro che scontato. Perfino per una ‘tigre’.