Culture

'Il diavolo a rovescio', l'opera nuova di Sabrina Caregnato

È il romanzo d'esordio di Sabrina Caregnato, già membro della rivista di 'scrittura e scrittori' edita nel Locarnese, qui in versione 'solista'.

Sabrina Caregnato
23 gennaio 2021
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Abruzzo 1572. “Quasi 1600”, direbbero Benigni e Troisi. L’immobilismo tipico delle grandi casate tardorinascimentali è sconquassato da un duplice crimine che si mette di traverso sulla via maestra già tracciata. Abruzzo ma anche Venezia, dove un cadetto è diretto e dove riscopre un piacere equamente suddiviso tra quello dei sensi e quello dell’autodeterminazione in una città simbolo dell’apertura e della, delle, libertà. Già incontrata su queste pagine in quanto membro e penna di Opera Nuova, rivista internazionale ‘di scritture e scrittori’ con sede nel Locarnese, Sabrina Caregnato è questa volta in veste di autrice del suo primo romanzo, finalista tra 484 autori (di cui solo due svizzeri) al concorso ‘Fai viaggiare la tua storia’ indetto da Libromania, gruppo editoriale DeA Planeta.

La pubblicazione premia un soggetto dal ritmo incalzante che sta con un piede (anche) nel giallo e (anche) nell’erotismo, con relativa accurata ricostruzione imposta dal romanzo storico, genere cui appartiene. «Sì, è un genere che soddisfa la mia naturale curiosità. Un genere ‘da secchioni’». Ride, Caregnato, calata su un lavoro documentale di grandi dimensioni, garante di «un’idea di realismo, un viaggio nel tempo per rivivere al lettore eventi tardo-rinascimentali, che si tratti di avventure in foreste, inseguimenti, duelli, banchetti oppure viaggi in nave, con tutto quello che implicavano gli spostamenti all’epoca». E con fedeltà temporale oltre «lo scoglio della verosimiglianza», illustrata durante la conferenza di presentazione online dall’Università di Ginevra, portando ad esempio il Lorenzo de’ Medici della fiction (‘I Medici’), l’attore Daniel Sharman che rende «belloccio» chi belloccio non fu mai.

Tra feudo e modernità

«Mi piaceva molto l’idea di un contrappunto tra due realtà completamente diverse». ‘Il diavolo a rovescio’ si dipana tra l’Abruzzo e Venezia, tra una terra ancora dall’aspetto feudale contrapposta alla città cosmopolita. «L’Abruzzo – spiega Caregnato – mi ha permesso di spaziare su tutto ciò che concerne l’avventura, le fughe all’interno della foresta, le tempeste di neve. Studiando la regione abruzzese sulle carte, per capire le dinamiche di spostamento dei personaggi a cavallo, ho appreso i nomi di località che esistono tutt’ora e che sono esse stesse romanzi». Oltre alle potenzialità ‘cinematografiche’, l’Abruzzo è anche terra che consente un certo anonimato. Così spiegato, in nome del realismo: «Essendo un romanzo storico, trattandosi dunque di personaggi inventati, e così pure la casata nobile d’appartenenza, avevo bisogno di una regione che mi permettesse d’inserire in maniera credibile qualcosa che non esiste. Fosse stato ambientato a Firenze e avessi nominato un casato di fantasia, la storia di quella città è talmente conosciuta da tutti, non solo dagli storici e dagli specialisti, che la dissonanza sarebbe emersa al primo accenno».

Stimoli, passioni, intrecci

Dall’Abruzzo ‘introverso’ alla Venezia moderna, aperta ai commerci e, a suo modo, topograficamente pressoché immutata nel tempo. «Isole e isolette – spiega l’autrice – non hanno permesso un’espansione della città oltre l’ esistente. Mi sono accorta che studiando le mappe d’epoca e comparando, per esempio, la mappa del 1500 di Jacopo de’ Barbari con altre più recenti e piantine attuali di Venezia, riuscivo a ritrovare gli stessi punti. Andando a Venezia, poi, ho potuto ripercorrere calle e vie capendo che la corrispondenza poteva reggere».

Venezia, non di meno, teatro di popolari intrecci sentimentali e iconiche storie d’amore, anche incompiute, unica nostra concessione allo spoiler: «Innanzitutto, i due protagonisti maschili, due fratelli ventenni, sono nell’età in cui di solito l’amore ha un’importanza più grande che in quella matura. E comunque, il concetto di amore come passione, l’amore profano, terreno, era molto presente nel Rinascimento e negli autori rinascimentali nello specifico. Tutto ciò che era stato nascosto, negato o considerato sconveniente nel Medioevo, esce allo scoperto in maniera esuberante in quest’epoca». Cita Giulio Romano e Tiziano, Caregnato, e cioè gli espliciti Giove e Olimpiade nel Palazzo Tè a Mantova e la Venere di Urbino di Tiziano, sdraiata in posizione evocativa, con mani poste in luogo non meno evocativo e sguardo che, quanto a evocazione, non è da meno. «Questo era il gusto dell’epoca», commenta Caregnato. «Non saprei dire quanto esplicito sia il mio romanzo, sarà il lettore a decidere. Posso dire che descrivo scene di passione né più né meno dettagliatamente di quanto film o fiction descrivano un amore anche fisico». L’apertura affidata al furtivo incontro tra ‘Gli amanti’ è una piccola dichiarazione d’intenti: «Sì, ma una dichiarazione che spiega l’ingranaggio del fato e all’interno di una storia declinata al maschile, nella quale, in realtà, a muovere i fili del discorso sono le donne».

‘Il diavolo a rovescio’, in epoca di grandi saghe familiari, anche televisive, non è nato con questo intento e nemmeno è una storia di nobili casati: «Avevo immaginato piuttosto una storia di desiderio, perché in un mondo dove tutto ruota intorno al potere e alla passione, tutti i personaggi, pur nelle diverse peculiarità e caratteristiche di ciascuno, in fondo sono un po’ vittime del desiderio, tema di cui l’Ariosto, al di là di qualiasi paragone, ha scritto in maniera sublime nel suo ‘Orlando furioso’». Desiderio come «senso stesso della vita, e anche ciò che a mio avviso rende i personaggi moderni. In fondo la vita è desiderio, perché al contrario sarebbe noia». E in nome della guerra alla noia, «spero che il romanzo possa regalare qualche ora di svago alle persone che lo leggeranno». E al di là delle connotazioni storiche, il romanzo si può leggere come momento d’intrattenimento, «di alleggerimento dalle ansie che ci assillano nel quotidiano, soprattutto in questo periodo così complicato e di grandi incertezze».

Antropocene

Tornando all’altra Sabrina Caregnato. Opera Nuova, attesa in gennaio, torna a occuparsi dell’impatto dell’uomo sul pianeta. L’Antropocene, l’epoca dell’uomo, è il tema del prossimo numero. L’Antropocene come “epoca segnata da profonde ingiustizie, da conflitti sociali e globali, da crisi ambientali e sanitarie”, scrive Caregnato nel suo editoriale, sulle quali si sono calati, con lei, Duilio Parietti, Dario Galimberti, Arianna Ulian, Manuela Mazzi, Giovanni Bruno. L’impronta umana sulla biosfera è oggetto dei saggi di Susanna Petrone, Letizia Pampana, Fabrizio Tarolli, Jacques Grinevald, membro dell’Antopocene Working Group. La visione del futuro delle nuove generazioni, costretti a pagare le colpe degli adulti, è affidata alla ‘Narrativa giovani’ di Alice Capobianco e Isabella Bruins. Giovani generazioni che «non solo sono sacrificate in termini di precarietà preesistenti, ma ora anche dal virus che impedisce loro di vivere la gioventù come andrebbe vissuta».

A ben vedere, nemmeno gli adulti vivono più la vita che dovrebbero: «Il mio lavorare nel campo della gestione dei conflitti mi dice che lo stress di questo lungo periodo ora stia sfociando in difficoltà a livello mentale. Così si spiegano anche certi ripieghi complottistici. Credo sia il risultato diretto del doversi dire che le cose non sono più le stesse e che, probabilmente, non lo saranno mai più. Mi auguro che questa crisi planetaria indotta da noi, non certo arrivata da Marte, porti a una riflessione sul nostro modo di vivere. Sono preoccupata – conclude Caregnato – ma penso anche che le crisi siano l’opportunità per rimettere tutto in discussione, e cambiare un sistema che è sbagliato».

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