Culture

Cultura a 30, cronaca di uno stop annunciato

Da inizio novembre fino allo stop delle attività culturali, la cultura ha rallentato, ma non si è fermata. Le impressioni di chi l'ha mantenuta viva

Zona 30 al Teatro Sociale (Ti-Press)
15 dicembre 2020
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Se la Zona 30, di solito, fa pensare a una limitazione della velocità sulle strade, misura spesso adottata nei quartieri residenziali o in prossimità di scuole, di recente qualcuno ha trovato modo di dare nuova vita a questa espressione. Quando il Consiglio di Stato, ripresosi dall’iniziale annebbiamento, a inizio novembre ha decretato la limitazione del pubblico degli eventi culturali a 30 persone, per qualche settimana l’indicazione ha assunto un nuovo e inedito senso. Zona 30 è infatti stato il titolo di una rassegna di spettacoli che il Teatro Sociale di Bellinzona ha allestito in situazione d’emergenza fra novembre e inizio dicembre. Per l’occasione, il teatro è stato letteralmente trasformato, e dalla platea sono state tolte le poltrone per far posto a delle più modeste sedie in legno. In questa nuova cornice un po’ spartana ma sperimentata più volte con successo, gli spettatori hanno potuto godere pienamente, e in tutta sicurezza, degli spettacoli proposti. La capacità dimostrata nell’adattarsi alle nuove misure si traduceva, in quel periodo, in una chiara dichiarazione d’intenti: in tempi difficili come quelli che stavamo vivendo, la cultura doveva rimanere viva.

Almeno fino a quel fatidico 11 dicembre quando, come sappiamo, il Consiglio federale ha annunciato nuove e proibitive strette: decretando, di fatto, una sospensione delle attività culturali fino a metà gennaio. Dopo questo stop improvviso, s’impone però l’esigenza di raccogliere qualche impressione, di raccontare la breve ma interessante parentesi culturale di queste ultime settimane. Quale bilancio e quali insegnamenti si possono dunque trarre da questo periodo? L’abbiamo chiesto ad alcuni attori culturali che, adattando o addirittura reinventando la loro programmazione, sono rimasti in campo mantenendo in azione anche la cultura.

Un’indagine sulle attività culturali

Per proporvi uno squarcio, certo parziale, ma quantomeno importante, della situazione, abbiamo coinvolto Gianfranco Helbling (direttore del Teatro sociale) Joel Fioroni (gestore e programmatore del Lux Arthouse) e Antonio Prata (programmatore del cinema Otello) in un giro di domande. Alla luce dell’incertezza che ha contraddistinto quelle settimane, è lecito per esempio chiedersi come abbia risposto il pubblico a una situazione così inedita. Le impressioni raccolte sono decisamente positive. Helbling, infatti, afferma di avere visto un “pubblico curioso, attento e fedele” nonostante il “comprensibile timore nel frequentare luoghi pubblici in questa fase pandemica”. Molti spettatori, sostiene il direttore del Teatro sociale, “ci hanno seguito davvero con entusiasmo, tant’è che per molte proposte abbiamo dovuto aggiungere repliche a quelle già previste e quasi sempre siamo andati in scena con il tutto esaurito. E poi abbiamo raccolto un’ondata di simpatia e di apprezzamenti anche da parte di chi non ha seguito Zona 30, o addirittura frequenta poco o per nulla i teatri, che ci ha fatto davvero molto bene”. Zona 30 che, precisa poi Helbling, “si è rivelata uno strumento inatteso ma molto efficace per rinnovare e consolidare il rapporto con il nostro pubblico”.  

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Fioroni e Prata. Versante Lux, Fioroni sottolinea una presenza di pubblico “oltre ogni previsione, con una media di spettatori superiore a quella nazionale, anche se un po’ inferiore a quella pre-Covid”. Il pubblico, continua Fioroni, “ha voglia di venire al cinema e ce lo dimostra con affetto, basti pensare che alla riapertura di settembre alcuni clienti ci hanno regalato piante e cioccolatini. Fa molto piacere, sottolinea l’attaccamento dei clienti alla nostra sala, una cosa molto importante”. Prata, dal canto suo, ribadisce quanto gli appassionati di cinema abbiamo marcato presenza anche ad Ascona, presentandosi alle proiezioni dell’Otello “con entusiasmo, fidandosi del fatto che le sale cinematografiche e i teatri ad oggi sono ancora i luoghi in cui non si sono verificati casi di contagio. La cultura, e l’arte in generale, soprattutto in momenti di difficoltà come questi, è quel luogo in cui ci si può rifugiare, che fa bene all’anima, riconcilia con sé stessi e poi trasmette nuovi stimoli, ci permette di riflettere sul presente con un approccio diverso rispetto ad un pensiero spesso omologato”.

Marcare presenza per lanciare un segnale

Riuscire a portate avanti una programmazione culturale ha permesso, altresì, di lanciare un segnale forte. Secondo Helbling, infatti, la volontà di alcuni operatori di continuare la loro attività ha contribuito ad “affermare alcuni principi che al nostro settore stanno particolarmente a cuore, primo fra tutti il fatto che la cultura è un mestiere e come tale va trattato e considerato”. In ambito cinematografico, possiamo inoltre notare che sul nostro territorio sono rimaste aperte sale che hanno una certa affinità con il cinema d’autore, e che sono meno vincolate a logiche di mercato orientate al solo profitto. Come afferma Prata, “alcune major hanno deciso di non fare uscire i propri film in sala. Così molti titoli sono finiti in streaming. Ci sono invece distributori indipendenti, quelli che da molti anni lavorano più a stretto contatto con le sale così dette periferiche, che hanno accettato di rischiare e in accordo con i cinema, hanno deciso di continuare a distribuire film”. Per i programmatori delle piccole sale, prosegue Prata “conta mantenere un filo diretto continuo con i propri spettatori. Il nostro è un lavoro molto ravvicinato coi film, perché dietro ad ogni titolo c’è un lavoro di preparazione e pianificazione spesso individuale e cioè che per ogni film si cerca di trovare il miglior modo per poterlo poi inserire nel programma. Dall’acquisizione, alla promozione fino alla programmazione si cerca di trovare per ogni titolo la migliore condizione per raggiungere la migliore visibilità”. Anche Fioroni rivendica una predilezione per il cinema di autore. Se questo cinema ha trovato spazio con regolarità anche a novembre, è tuttavia venuta mancare, come ci confida Fioroni, una fetta importante della programmazione legata “agli eventi, alle anteprime e alle rassegne che completano l’offerta del Lux: arte, balletto, incontri con gli autori, che solitamente attira un pubblico superiore alle 30 persone”.

Appunti per un manuale di sopravvivenza della cultura

Anche se queste impressioni hanno ormai il retrogusto amaro del bilancio di una stagione interrotta, resta comunque il dato positivo e, speriamo, incoraggiante, di un’esperienza culturale che, nella sua brevità, ha saputo mettere in evidenza le risorse e l’inventività di operatori e realtà culturali che hanno interpretato al meglio le restrizioni in vigore, offrendo al pubblico condizioni di sicurezza per godersi gli spettacoli in tutta serenità. Speriamo quindi che, quanto dimostrato nel mese di novembre, possa essere da stimolo per rilanciare il settore quando sarà il momento.

In conclusione, ricordiamo che se il pubblico ha risposto con entusiasmo, ciò è da ricondurre a un’offerta di alta qualità che, in alcuni casi, come ha annunciato il Lux nei giorni scorsi, avrà modo di continuare anche online. Rimane il fatto che la cultura di qualità è tanto più valida quanto ci permette, in momenti difficili come questi, un salutare decentramento, liberandoci dalla cantilena ipnotica dell’incessante flusso infodemico. A chi è abituato ad andare al cinema o a teatro non sarà certo sfuggito, infine, come proprio queste due forme artistiche implicano, a loro modo, un confinamento. Chi va al cinema, o a teatro, è confinato allo spazio della sua poltrona. In cambio di questo confinamento, però, riceve felicità. Mica male, se pensiamo che il confinamento da Covid-19 ci lascia perlopiù un carico di impazienza e frustrazione.

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