L'intervista

Rocco Tanica, anima salva

‘Lo sbiancamento dell’anima’, comico, sincero, multiforme, toccante, sboccato capolavoro di autobiografia. Ne parliamo con l'autobiografo.

All’anagrafe, Sergio Conforti. ‘Schivo, meritocratico, tenero amante ma fuori dal letto nessuna pietà’ (© Settimio Benedusi)
9 dicembre 2019
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Diavolo d’un Tanica. In dieci pagine scelte a caso di ‘Scritti scelti male’, prima fatica letteraria del 2008, c’era già tutto quello che un essere umano dotato di minima ironia non produrrebbe in più vite di stenti letterari. L’ex membro seduto degli Elio e le Storie Tese ha appena pubblicato ‘Lo sbiancamento dell’anima’ (Mondadori), punto d’intersezione tra l’uomo e l’umorismo, un’autobiografia che è una escape room comico-poetica dalla quale non si escape e in cui sono storia anche le note a piè pagina, rimandi audio-foto-video-letterari da cercare nell’internet (cit.) in nome della fruibilità di grandi e piccini (“Parental advisory: explicit content”).

Spiegare l’arte è tempo perso. Per riassumere queste ‘Memorie e scritti vari’ (e le aggiuntive ‘dodici storie inventate di sana pianta’) si potrebbe attingere a un amico del Tanica, James Taylor, quando nel ’77 diceva che il segreto della vita è “apprezzare lo scorrere del tempo. Ogni pazzo può riuscirci”. Ma ‘Lo sbiancamento dell’anima’ – titolo che ha battuto ‘Capitano tutte a Sergino’ ed ‘Hello Kitty spiegata ad Al Qaida’, è più una baglioniana ’51 Montesacro’ che va da Sergino a Sergione, dal Tanica bimbo a quello adulto; dal Sergino che in via Gluck cerca casa Celentano per lo shock del Molleggiato visto dimenarsi in tv; Sergino folgorato da ‘Azzurro’ (“La prima canzone di musica leggera che ricordo di ricordare”), per analizzare la quale – ricevuto il niet dell’editore del brano a riportarne le liriche in pagina – l’autore di questo libro l’ha trasformata in ‘Assurdo’ di tale Woobinda Gloriez...

Pane per Wikiquote

In mezzo a icone di gioventù come Big Jim (“Serviva ai maschietti per giocare alle bambole senza apparire ricchioni”), ritratti di varie personalità (“Gesù era capellone il giusto, tratti caucasici, abiti comodi e larghi per una moda-uomo che sa reinventarsi senza mai essere stucchevole”) e altra genialità letteraria per la quale Wikiquote farebbe di queste 528 pagine un virgolettato unico, i musicisti rivivranno (chi c’era) o vivranno (i nati ai tempi dell’Autotune) la musica pre-telefonino, amando del Tanica le lezioni/intuizioni di pianoforte, il metodo ‘Come si suona il jazz’ insegnatogli dall’amico Dimo (un insieme tra “Zum-pa sotto e note a caso sopra”), la gavetta nei pianobar meneghini, l’esordio a sedici anni con Vecchioni (con falso documento) e su su fino al professionismo, con gli Elio e le Storie Tese sullo sfondo quanto basta, come nella notte d’amore del 17enne Leon (primo nome d’arte del Tanica, dall’omonimo brano di Roger Daltrey) con la giovane donna cui si deve parte del manifesto ‘Cara ti amo’ (e la parte è: “Quando avevo tredici anni mio cugino me l’ha fatto vedere, e da allora sono traumatizzata. Però possiamo anche stare abbracciati tutta la notte senza fare niente. Sarà bellissimo lo stesso”).

In quest’opera in cui si fondono lessico familiare, biblico, televisivo, sboccato, oltremodo sboccato, terminologia musicale, pura letteratura (‘Dappertutto’, pagina 396) e la storia del porno, c’è l’uomo che apre la porta di casa e mostra tutto, fino al cestino della spazzatura (la voglia di farla finita, o “il teatro”). Addentriamoci dunque in questo libro guidati dall’autore, nell’attesa che la scienza possa un giorno analizzarne la materia cerebrale e stabilire che il vero Rocco Tanica è morto in un incidente d’auto nel 1966 e che il prodotto dei suoi 55 anni di vita è in realtà il frutto del lavoro di un team di autori messo in bocca a un musicista dal sorriso rassicurante (“Mercanti? Eccoci”).

(L'intervista, parte prima)

Ben ritrovato Rocco Tanica. Comincio facendole il verso: allora, come va con questa cosa della scrittura?

Guardi, mi trovo abbastanza bene con il mezzo sia che si tratti di penna e calamaio o di questo moderno ordinatore elettronico, come lo chiamano i francesi.

Ho cercato in rete le reazioni alla sua opera e su di un sito specializzato che ne consiglia la lettura vi è questo commento: ‘Sono mamma di due splendide ragazze, leggo di tutto, ma non leggo libri né di fantascienza né di horror’. Ma non era un’autobiografia?

Veda, io ambirei alla qualifica di scrittore fantascientifico e horror. Posso affermare che in questo libro ci siano entrambe le discipline. Per la fantascienza tratto l’argomento di un miracolo vissuto in tenera età: avevo perduto il mio fido boccaglio nel mare di Cesenatico; eccomi bambino prigioniero della colonia salesiana senza più possibilità di fare il bagnetto. Ebbene l’Adriatico mi restituì il boccaglio in mano dopo due giorni di burrasca. Io annovero l’evento tra i miracoli mentre il lettore laico potrebbe pensare a panzana o fantascienza, appunto.

Quanto all’horror, dipende dai gusti e dalle inclinazioni: diversi aneddoti hanno risvolti granguignoleschi, per stomaci forti, ecco. Racconto di quando mi ritrovai a esportare una certa quantità di denaro considerata illegale per le norme valutarie italiane dell’epoca; ero una sorta di spallone economico, solo che non utilizzavo le spalle. Dottor Donadio, se il concetto non fosse chiarissimo la autorizzo, per instradare i suoi lettori, a paragonarmi ai muli della droga che poi vengono fatti sedere su quel water speciale a Malpensa, quello che filtra tutto e scopre gli altarini.

Nel libro lei si mette a nudo, sfatando la generale innominabilità letteraria dell’autoerotismo maschile...

Sì, ma considerandomi il miglior amante che io abbia mai avuto (e considerando una parte di me LA migliore amante) ho voluto rendere giustizia a questo ménage à un. Voglio precisare che si tratta in questo caso di questioni medico-scientifiche, uno spermiogramma per l’esattezza. (‘Utensile penieno’, pag. 474. Capolavoro, ndr). Ma è bene dire che tale passione – l’autoerotismo, non lo spermiogramma – si faceva strada già in fase preadolescenziale, quando le professoresse più affascinanti delle scuole medie erano il soggetto di ardite e passionali fantasie (‘G. Ungaretti presenta: Dish Dish!’, pag. 176, ndr).

Teme il rischio che di lei si possa ricordare il donatore di sperma prima che il grande musicista?

Io confido che la Storia sia clemente con me e mi ricordi per entrambe le qualifiche. Diciamo: “Un donatore di emozioni, musica e sperma”.

Ho citato l’autoerotismo per dire di quanto lei si apra totalmente al lettore. Perché di Sergino e di Sergione si raccontano anche le fragilità...

Apro a me stesso, in verità. Mettere per iscritto ricordi, impressioni, vizi e virtù proprie e altrui è un processo di auto-psicoanalisi che in fin dei conti costa meno dei cento euro a botta consegnati a un professionista. Credo che pregi e difetti delle persone, per quanto uno cerchi di esaltare gli uni e celare gli altri, siano sotto gli occhi di tutti. A volte siamo convinti che sotto uno strato di make-up i difetti scompaiano. E invece accade spesso l’esatto contrario: saltano all’occhio, si autodenunciano. Ho preferito “beccarmi in flagrante” prima che lo facessero gli altri. Sono stato sincero per viltà più che per vocazione.

La sua infanzia sta anche in un bel capitolo su Alessandro, compagno di giochi, e famiglia. ‘Persone umili di alta classe, nonni di una nonneria che non esiste più oggi che a Milano sono morti i canali navigabili, il dialetto e pure la maggior parte delle persone col cappello’.

Amo Milano. Come tutti gli anziani, sono legato ad un posto che scompare. Da tempo Milano è considerata dai visitatori un luogo-che-non-c’è. Dormitorio, limone da spremere, magazzino, poco altro. Non fatico ad immaginare un non napoletano che s’innamora di Posillipo, un non romano che s’innamora di Trastevere. Ma conosco pochi non milanesi innamorati di Milano. Tutti finiscono per utilizzarla, pochi si affezionano. Io sono legato a una parte di città che ho fatto in tempo a conoscere, una periferia che non era ghetto, la città segreta che si svela solo agli occhi dei curiosi autentici.

Talvolta, per gioco, chiedo agli amici quale viaggio vorrebbero fare con la macchina del tempo. Sento rispondere “nella Parigi di Re Sole”, “nell’antica Macedonia”. Io mi vedo più vicino, nella Milano degli anni ’50 e ’60, a poche centinaia di metri da casa mia. Vorrei rivedere persone che ho incontrato solo di sfuggita, attraversare le vecchie piazze prima che vengano ristrutturate dai designer, mangiare il cibo intavolato dagli osti e non – iddio li perdoni – “impiattato” dagli chef.

E magari trovare casa Celentano...

Esatto, ed essergli amico come sognavo da bambino.

Il suo è anche un libro per musicisti, ai quai lei regala uno spaccato dell’epoca pre-digitale. Prova nostalgia?

Rifuggo la nostalgia “obbligatoria”. Credo che questo evo moderno sia una sorta di Neorinascimento ideologico e culturale, eccitante da vivere. Mi piace tuttavia ricordare aspetti che sono andati perdendosi; parlo di quando le tecnologie già esistevano ma in forma primordiale, e servivano ingegno ed espedienti per adattarle alle proprie esigenze di lavoro, vedi i primi software musicali. Era un’ottima palestra per la mente, una forma d’arte di per sé.

Durante un viaggio nella Lapponia finlandese ‘una cosa nel cervello fa: cric’. Sarà Gianni Morandi a salvarla (‘Banane e lapponi’, pag. 440, ndr). ‘No, non torno volentieri in un posto dove volevo saltare dalla finestra’ dirà lei, tempo dopo, a James Taylor che la invita ad ascoltarlo a Milano. Sono due passaggi di quella depressione che lei chiama ‘il teatro’. Mi permetta la domanda un po’ da rotocalco: Rocco Tanica adesso è felice?

Sì, attualmente sono felice dopo un’infelicità durata anni e dopo essere transitato da piccoli e grandi inferni privati. Da quando, nell’anno del Signore 2013, ho capito che potevo rinunciare a una serie di “obblighi” che prima ritenevo imprescindibili (la musica dal vivo su tutti) vivo serenamente, mi godo la vita e i frutti anche materiali di un discreto paiolo che mi sono fatto dagli anni sedici in avanti, così come descritto nel libro.

Per concludere. Baglioni è tra i suoi preferiti. In ‘A Cla’’, Claudione l’adulto incontra Claudietto il bambino e gli dice ‘Tu sì che eri un re’. Cosa direbbe Sergino se oggi incontrasse Sergione?

Gli direbbe “Come sei invecchiato. Sarà bene iniziare a fumare tardi, rovina la pelle”.

E Sergione a Sergino?

“Non avere paura, è tutto tempo sprecato”.

 

L'intervista (parte seconda)

Dica trentatré

1. Nome: Rocco (a.k.a. Sergio, a.k.a. Oloferne, a.k.a. Mirella)

2. Cognome: Tanica (a.k.a. Conforti, a.k.a.

Giuditta)

3. Nato il: 13 febbraio 1964 d.C.

4. Nato a: Milano (non quella in Texas, quella in Lombardia – Italia)

5. Orientamento sessuale: lesbico

6. Orientamento religioso: cristiano valdese / sciamanesimo coreano

7. Segno zodiacale: acquario / acquaio

8. Ascendente: su certe persone sì

9. Professione: mestiere di vivere / lattoniere amatoriale / spallone attraverso Brogeda

10. Hobby: lobby / simulazione di volo / fotografia / giochini sul videofonino

11. Stato civile: sì, sono stato civile per tutta la vita, per il futuro non garantisco

12. Carattere: bonario con improvvisi scatti d’ira (quando il videofonino non prende)

13. Tre aggettivi per descriversi: schivo, meritocratico, tenero amante ma fuori dal letto nessuna pietà

14. Colore/i preferito/i: fiore di granturco / gainsboro / lampone

15. Il pregio: racconto bene le barzellette, specie “Busto di gesso di Giulio Cesare”

16. Il difetto: verbosità

17. La cosa che più odio: il fegato da mangiare / gli ignoranti che ricoprono posizioni di potere

18. La cosa che più amo: la campagna inglese / il silenzio (altrui) / gli oggetti sbrilluccichini

19. La gioia più grande: accorgermi della gioia quando si presenta

20. La delusione più grande: Just Cause 4 per PlayStation (gameplay fiacco, missioni inconsistenti)

21. Cibo preferito: insalata di riso / Whopper cheese di Burger King (senza cipolla)

22. Ultimo libro letto: ‘Fantasmi’, Dino Buzzati

23. Scrittore preferito: Maurizio Milani / Daniil Charms

24. Ultimo film visto: ‘Deadpool 2’

25. Attore preferito: Simon Pegg

26. Ultimo disco ascoltato: ‘L’equivoco stravagante”, Gioacchino Rossini

27. Ultimo concerto visto: non me lo ricordo, non mi piacciono i concerti

28. Cantante preferito: James Taylor

29. Disco da portare sull’isola deserta: una raccolta di cantanti indie italiani (da lasciare lì e venire via col primo traghetto)

30. Avrei tanto voluto scrivere...’: ‘Feline’, Bobby McFerrin / ‘Che felicità’, Giorgio Bracardi / ‘Your mother should know’, The Beatles

31. Vorrei duettare con: Francesco Guccini / Shirley Bassey

32. Vorrei rinascere in: Belgio / Sacha Baron Cohen

33. Un buon motivo per leggere ‘Lo sbiancamento dell’anima’: farsi attaccare bottone in treno o sull’autobus dalle ragazze (se si apprezzano le ragazze) o dai ragazzi (se si apprezzano i ragazzi) con la scusa della copertina buffa.

 

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