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Adozioni internazionali, il Consiglio federale tira dritto

Il ministro Beat Jans nell’ora delle domande: ‘Processo di consultazione aperto entro la fine del 2026’. Gianini (Plr) e Fonio (Centro): ‘Non finisce qui’

Un tema delicato
(Depositphotos)
10 marzo 2025
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È quella di non retrocedere rispetto alla proposta di vietare le adozioni internazionali la posizione del Consiglio federale. Posizione esplicitata oggi dal ministro Beat Jans, capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia, in parlamento durante l’ora delle domande.

«Il Consiglio federale – spiega infatti Jans in risposta ai quesiti sollevati dai consiglieri nazionali Stefan Müller-Altermatt (Centro), Simone Gianini (Plr) e Giorgio Fonio (Centro) – è consapevole della delicatezza dell’argomento e attribuisce grande importanza al fatto che nel dibattito pubblico non si stigmatizzino i figli o i genitori adottivi. Riconosce anzi che ci sono adozioni condotte correttamente e che hanno avuto successo per i bambini e i genitori». Ciononostante, rimarca il ministro, per il governo «è chiaro che non si devono più permettere irregolarità come quelle verificatesi in passato». Ragione per cui, continua Jans, il Consiglio federale «ha quindi sottolineato che, secondo gli esperti consultati, anche con una legge sulle adozioni rivista e con l’impiego di notevoli risorse, rimane incerto se gli abusi possano essere completamente evitati». Insomma, per il governo nazionale, ribadisce Jans, «il progetto di legge mira a prevenire futuri abusi e a proteggere il benessere dei bambini». Ed è in quest’ottica che, stando a quanto affermato da Jans, il Consiglio federale dovrebbe aprire il processo di consultazione alla fine del 2026: «Fino ad allora ma anche durante il processo di consultazione – osserva –, dovrebbe svolgersi l’auspicato dibattito pubblico». E precisa: «Le domande di adozione già pendenti non sono interessate da questa decisione ed è inoltre ancora possibile presentarne di nuove». Non solo. «La decisione di principio del Consiglio federale non ha inoltre alcun impatto sulle adozioni all’interno della Svizzera, che resteranno possibili anche in futuro».

‘Decisione frettolosa e sproporzionata’

Non è però soddisfatto delle risposte del consigliere federale il liberale radicale Simone Gianini, autore come detto di una delle domande rivolte al governo, che da noi raggiunto constata: «Per Jans si tratta di entrare ora nella discussione pubblica, ma è troppo tardi. Proprio per avere maggiore sensibilità su un tema così delicato, bisognava semmai anticiparla a prima che il Consiglio federale decidesse di andare verso il divieto». Certo, ricorda Gianini, «il consigliere federale ha detto che la decisione deriva da un rapporto di esperti, a seguito del quale sono stati coinvolti diversi attori. Questo è vero, come pure che da un precedente studio sono emersi casi di abuso in Sri Lanka che vanno combattuti». Fondamentale per Gianini resta però il fatto che, «sino alla decisione del Consiglio federale, nessuno aveva prospettato di proibire le adozioni internazionali in Svizzera». Proprio il rapporto del gruppo di esperti, evidenzia il consigliere nazionale, «su oltre un centinaio di pagine dedicate a come migliorare le procedure oggi già molto severe, citava la possibilità di proibire le adozioni in un solo breve passaggio». Per questo motivo, rimarca il deputato, «la decisione del Consiglio federale è stata frettolosa e sproporzionata, anche nel modo in cui è stata comunicata». Criticità sollevate in aula dallo stesso Gianini. «L’ultima parola – ribatte Jans – spetta comunque a voi, in quanto parlamento. Lo ripeto: ci vorranno quasi due anni prima di avviare una consultazione. A quel punto tutti i Cantoni e tutte le organizzazioni e associazioni interessate potranno esprimersi in merito. Sulla base delle risposte alla consultazione, il Consiglio federale elaborerà un messaggio che potrete valutare. La nuova legge entrerebbe in vigore non prima del 2030».

Appuntamento a metà aprile

Gianini promette quindi battaglia. «Il prossimo 11 aprile – illustra – sarà una tappa importante. All’interno della Commissione degli affari giuridici, in cui siedo, affronteremo la mozione recentemente depositata che chiede al governo di rinunciare al divieto». Due i punti centrali: «In primo luogo sarà importante la presenza di Jans, in modo che ci si possa ulteriormente confrontare. In secondo luogo, che capisca la necessità di tornare sui propri passi». Il consigliere nazionale si dice quindi «fiducioso», proprio perché «dalle discussioni avute durante questa sessione con i colleghi anche di altri partiti credo che ci sarà la giusta sensibilità». In tal senso, afferma, «se aspettiamo due anni prima della procedura di consultazione, come vorrebbe fare il Consiglio federale, chi sta affrontando o intende affrontare una procedura di adozione verrebbe ulteriormente scoraggiato. Per questo si è parlato di una moratoria di fatto». L’obiettivo «non è dunque di bocciare tra diversi anni la proibizione in parlamento, ma fare in modo che non ci arrivi, commutandola in una proposta più ragionevole».

Gli fa eco Giorgio Fonio. «Sarà necessario fare in modo – sostiene il centrista – che il parlamento e le commissioni preposte blocchino il progetto prima che arrivi alla conclusione». L’auspicio di Fonio è che dagli ‘Affari giuridici’ esca una mozione commissionale, «un segnale importante». Punto dolente la comunicazione del governo che, per il deputato, «è stata profondamente sbagliata e quasi irresponsabile nei confronti di tutte le famiglie coinvolte. Basta vedere il titolo del comunicato stampa che parla di ‘fine delle adozioni internazionali’, senza menzionare altre ipotesi».

Al lavoro anche la politica cantonale

Da Berna al Ticino, ma il tema non cambia. Questa mattina la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ ha discusso del progetto di risoluzione cantonale depositato lo scorso mese dai deputati Maurizio Agustoni e Fiorenzo Dadò, rispettivamente capogruppo e presidente cantonale del Centro. Risoluzione che invita Consiglio federale e Camere a non vietare le adozioni internazionali. E questo per più motivi. Perché “la protezione dei minori nell’ambito delle adozioni internazionali va perseguita con il rafforzamento delle procedure e non con un divieto che, oltre a negare il diritto alla famiglia garantito dalla Costituzione, impedirà a molti bambini di crescere in un ambiente familiare accogliente”. Perché “alle famiglie adottive, che decidono di intraprendere con generosità un percorso impegnativo e faticoso per offrire a tanti bambini la speranza di una vita migliore, le autorità pubbliche devono proporre collaborazione e sostegno, non divieti generalizzati e immotivati”. Sono solo una parte dei motivi della richiesta all’indirizzo di Berna.

La commissione, fa sapere il coordinatore della ‘Giustizia e diritti’ Fiorenzo Dadò, «preparerà un piccolo rapporto all’attenzione dell’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio». Dopodiché a pronunciarsi sarà il plenum. Prima dell’allestimento del rapporto si è però deciso di interpellare «i gruppi parlamentari», indica Cristina Maderni, seconda vicepresidente della commissione. «Personalmente – aggiunge la granconsigliera del Plr – sono d’accordo con la risoluzione, ma ritengo che l’importante sia muoversi a Berna ed è ciò che il mio partito ha fatto con Simone Gianini». Dice a sua volta Roberta Soldati, che in ‘Giustizia e diritti’ rappresenta l’Udc: «Anche all’interno del mio partito ci sono sensibilità diverse sul tema: per quel che mi concerne sono rimasta perplessa dalla decisione del Consiglio federale». E aggiunge: «Per quanto mi riguarda, sono quindi per mantenerle. Tuttavia, come ho spiegato stamattina in commissione, potrebbe essere l’occasione per portare un po’ di ordine nel settore. Mi riferisco a quelle associazioni intermediarie, attive anche sul nostro territorio, che chiedono migliaia e migliaia di franchi alle famiglie, mettendone di fatto alcune in gravi difficoltà economiche. Parliamo di cifre assurde per procedure e contratti concernenti mandati per il collocamento in vista dell’adozione. Bisogna insomma evitare che diventi un business: occorrono pertanto delle verifiche e delle modifiche puntuali di prassi. Ho perciò proposto di considerare nel testo della risoluzione anche questo aspetto».

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