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Dossier Tpc, tra oggi e domani il concorso per il dopo Ermani

Nessuno dei giudici d'Appello in carica ha esercitato l'opzione. Assessment per i candidati? Dadò: ‘Non escludiamo un approfondimento maggiore’

Il presidente della commissione ‘Giustizia e diritti’
(Ti-Press)
20 gennaio 2025
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Nessuno dei giudici d’Appello in carica ha esercitato il diritto di opzione, chiedendo cioè di andare a lavorare al Tribunale penale cantonale (Tpc). Nessuno. «Pertanto tra oggi pomeriggio e domani pubblicheremo il bando di concorso per la sostituzione di Mauro Ermani», ha dichiarato poco fa ai giornalisti il coordinatore della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ Fiorenzo Dadò del Centro, reduce con i colleghi deputati dall’audizione del capo del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi, della direttrice della Divisione giustizia Frida Andreotti e dei giudici Giovan Maria Tattarletti e Marco Villa, il primo alla testa del Tribunale d’appello, il secondo vicepresidente del Tribunale penale.

Il concorso sarà finalizzato all’elezione da parte del Gran Consiglio del o della subentrante di Ermani al Tribunale d'appello, del quale il Tpc è una sezione, dopo le sue recenti dimissioni dalla Magistratura e dunque dalla presidenza del Tribunale penale. Si tratta di uno degli ultimi capitoli del cosiddetto caos Tpc.

‘Per l'elezione ci vorranno dai tre ai quattro mesi’

L’uscita del bando è però solo il primo step della procedura di designazione del nuovo magistrato. Dopo l’inoltro delle candidature (la pubblicazione del concorso dovrebbe durare quindici giorni), entreranno infatti in gioco anche la Commissione di esperti e/o il Consiglio della magistratura per i preavvisi sull’idoneità degli aspiranti giudici. Da qui all’elezione si stima che passeranno «almeno dai tre ai quattro mesi», ha indicato il presidente della ‘Giustizia e diritti’. Si faranno degli assessment sui candidati? Dadò: «È possibile che verrà eseguito un approfondimento maggiore: ci determineremo una volta aperto il concorso».

Capitolo giudici straordinari

Nel frattempo per garantire al meglio l’operatività del Tpc, rimasto con due giudici (Villa e Amos Pagnamenta) su cinque, dopo le dimissioni di Ermani e la destituzione di Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti decisa dal Consiglio della magistratura (i due hanno impugnato la sentenza del Cdm), il governo nominerà a breve un paio di giudici straordinari/supplenti, un passo di competenza dell’Esecutivo cantonale. «Il Consiglio di Stato avrebbe già i nominativi, che non ci sono stati indicati, e nei prossimi giorni dovrebbe procedere alla designazione dei due giudici straordinari», ha affermato Dadò.

Al concorso, ha puntualizzato il granconsigliere, chiarendo un aspetto controverso, «la partecipazione di magistrati già in carica e di giudici straordinari non costituirà una pregiudiziale, ma neppure una via preferenziale per essere eletti giudici ordinari». Potranno dunque prendere parte al concorso, ma poi la commissione ‘Giustizia e diritti’, chiamata in generale a formulare la o le proposte di elezione al plenum del Gran Consiglio, «sarà libera di fare le proprie valutazioni su tutte le candidature».

Sentenze emesse ma non ancora motivate...

Sul nodo dei processi diretti da Ermani, Quadri e Chiocchetti, ma con le sentenze non ancora motivate per iscritto dai tre, essendo uno dimissionario e gli altri due per ora destituiti? Andranno rifatti? Dadò spedisce la palla nel campo della Magistratura. «Questa è una competenza, ma anche una responsabilità, del Tribunale d’appello e del Tribunale penale cantonale», ha messo in chiaro il coordinatore della ‘Giustizia e diritti’. «Il tema ovviamente è stato affrontato durante la riunione di questa mattina. I due tribunali però seguono la via che più ritengono opportuna, sono infatti abbastanza sicuri che si possa procedere come stanno già facendo». Ovvero, che possano essere anche altri giudici (a latere?) a motivare i verdetti pronunciati da Ermani, Quadri e Verda-Chiocchetti. «Ci è stato assicurato che il Tpc in questo momento sta funzionando e che ci sono dei cancellieri che se ne stanno occupando. In questo momento – aggiunge Dadò – non ci sentiamo né tranquilli né preoccupati. Ognuno ha le sue competenze e le sue responsabilità». E se si arrivasse a dover ripetere dei processi, magari anche di tipo indiziario? «È evidente che sarebbe un problema».