Ticino

‘È anacronistico escludere il telelavoro per i frontalieri’

Rappresentanti delle imprese e sindacati auspicano un nuovo accordo con l’Italia. Stefano Modenini (Aiti): ‘Una richiesta che fanno i lavoratori’.

(Ti-Press)
9 gennaio 2023
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"Serve intervenire senza indugio presso le autorità italiane per concordare un regime, anche transitorio, che permetta la continuazione del telelavoro parziale per i dipendenti frontalieri". È la richiesta inviata dal Ticino alla Segreteria di Stato della Confederazione per le questioni finanziarie internazionali. Mittente: l’Associazione industrie ticinesi, la Camera di commercio e i sindacati Unia e Ocst. Il 1° febbraio scadrà infatti l’accordo amichevole - concluso nel giugno 2020 - che permette ai dipendenti di aziende ticinesi residenti in Italia di lavorare da casa senza diventare un soggetto fiscale. In altre parole: senza che lo Stato italiano chieda a lavoratore o azienda di pagare le tasse sulla ricchezza prodotta. "È con un certo stupore che abbiamo appreso della decisione italiana di non prorogare l’accordo, considerando anche che in materia di assicurazioni sociali il regime speciale covid é stato già prorogato fino al 30 giugno", scrivono associazioni e sindacati nella missiva, che è stata recapitata anche alle autorità di oltreconfine e al Consiglio di Stato ticinese. "Il telelavoro ha permesso nel recente passato di mandare avanti l’attività economica e ridurre il traffico. Si tratta anche di uno strumento potenzialmente utile nell’ottica del risparmio energetico". Trovare una soluzione in tempi rapidi non è impossibile, "prova ne é – si legge nella lettera – la recente intesa trovata proprio dalla Svizzera con la Francia sul telelavoro durevole dei frontalieri francesi".

Modenini (Aiti): senza garanzie le aziende escluderanno questa possibilità

«Se non si troverà una soluzione con un nuovo accordo le aziende escluderanno la possibilità di telelavoro per i dipendenti frontalieri», afferma interpellato dalla ‘Regione’ Stefano Modenini, direttore dell’Associazione industrie ticinesi (Aiti). «Non ci sarebbe infatti la garanzia che lo Stato italiano non chieda loro un contributo fiscale». Non poter offrire questa modalità di lavoro «sarebbe uno svantaggio per le imprese ticinesi. Sempre più lavoratori, soprattutto quelli specializzati, cercano questa possibilità prima di essere assunti», spiega il direttore di Aiti. A non voler trovare un nuovo accordo potrebbe però essere soprattutto l’Italia, che vede meno vantaggi nella possibilità di telelavoro per i frontalieri. «Questo non lo sappiamo», risponde Modenini. «Speriamo che anche da parte loro ci sia interesse sul tema, visto che riguarda direttamente migliaia di cittadini italiani. Il compromesso raggiunto con la Francia mostra come questo accordo possa essere trovato anche molto rapidamente. È una questione di volontà politica».Anche perché, conclude il direttore di Aiti, «il telelavoro non sparirà. Nonostante dopo la pandemia la richiesta sia scesa e le persone affermino di lavorare più volentieri in presenza».

Gargantini (Unia): Non si vada oltre un giorno alla settimana

«Sarebbe anacronistico tornare alla situazione di tre anni fa, quando il telelavoro in molti settori era praticamente sconosciuto» afferma Giangiorgio Gargantini, segretario di Unia Ticino e Moesa. «Non chiediamo di stravolgere la regolamentazione, ma di rendere possibile una modalità di lavoro che con la pandemia si è consolidata e offre vantaggi a dipendenti e aziende». Gargantini ci tiene però a sottolineare un aspetto: «Per noi è importante che la percentuale di telelavoro non superi il 25%, ovvero un giorno la settimana per chi è impiegato a tempo pieno». Questo perché «lavorare da casa comporta anche dei rischi, come l’invasione della sfera privata e l’alienazione degli impiegati, che potrebbero non avere più rapporti regolari e contatti diretti con i colleghi. È importante un’intesa anche per definire chiaramente questi aspetti e stabilire chi si occupa di effettuare i controlli». Unia ha anche criticato la tempistica della notizia sul mancato rinnovo dell’accordo. «Un mese di preavviso è troppo poco per chi conta sul telelavoro nell’organizzazione della propria vita privata», sostiene Gargantini. «Auspichiamo un prolungamento almeno fino a fine giugno e successivamente una sua discussione per il futuro, come peraltro già previsto per gli aspetti pensionistici».

Puglia (Ocst): Non dobbiamo aspettarci concessioni clamorose da parte italiana

«Credo che la possibilità di arrivare a un’intesa ci sia, come è stata trovata durante la pandemia. Il telelavoro è ormai una modalità affermata e molti paesi europei si stanno attivando per una sua regolamentazione transfrontaliera», dice il sindacalista di Ocst Andrea Puglia. «Certo non dobbiamo aspettarci concessioni clamorose da parte italiana. Ma sono fiducioso che un accordo simile a quello stretto con la Francia possa essere raggiunto». Anche perché, precisa Puglia, «all’interno dell’accordo sulla fiscalità dei frontalieri, che si spera sarà ratificato quest’anno, è inserito il tema del telelavoro. Quindi la volontà di chinarsi sulla questione c’è». Un’intesa permetterebbe inoltre di definire «forme di controllo che oggi sono totalmente inesistenti». Continua il rappresentante dell’Ocst, «ad esempio l’obbligo per la ditte di annunciare mensilmente all’autorità quali lavoratori hanno sfruttato la possibilità del telelavoro».

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