Ticino

Rifugiati ucraini, ‘è arrivato il momento dell’integrazione’

Ha aperto a Chiasso il primo sportello del ‘Programma S’, che offre consulenze d’orientamento alle famiglie. ‘Conoscenza dell’italiano una priorità’

Una delle lezioni d’italiano organizzate in Ticino
(Ti-Press)
3 giugno 2022
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Si chiama ‘Programma S’ ed è la nuova iniziativa promossa dal Cantone per far fronte alla gestione dei profughi ucraini in Ticino. «Siamo passati a una fase successiva, dove la parola d’ordine è: integrazione», ha affermato il consigliere di Stato Raffaele De Rosa presentando il progetto durante un incontro con i media a Chiasso, dove ha aperto il primo dei tre sportelli che saranno a disposizione dei rifugiati. «L’offerta si rivolge soprattutto a famiglie e bambini. Abbiamo messo come priorità numero uno la conoscenza della lingua, che è essenziale per fare parte di una comunità. Il discorso legato all’ingresso nel mondo del lavoro, che in ogni caso è già possibile, verrà affrontato in seguito». Agli sportelli i detentori di un permesso S, ma anche gli altri rifugiati ucraini, potranno trovare informazioni su corsi di lingua e altre attività da poter svolgere nei prossimi mesi. Tutte legate alla socializzazione e alla conoscenza del territorio e della sua comunità. «Toccherà a loro muoversi in maniera attiva. Nei nostri uffici troveranno operatori sociali e traduttori a disposizione. Le prime settimane ci serviranno per capire quali sono le richieste e i bisogni» ha spiegato la capa della Sezione del sostegno sociale Cristina Oberholzer Casartelli. Gli sportelli si troveranno, oltre a Chiasso, dove è già in funzione, a Sorengo (dall’8 giugno, in collaborazione con l’associazione Il Tragitto) e a Bellinzona (dal 7 giugno, con l’aiuto della cooperativa Baobab). Una quarta apertura, nel Locarnese, è ancora in fase di valutazione. «Dipenderà dalle richieste, ma siamo pronti a reagire».

‘Chiasso da sempre apripista, con il Cantone collaborazione più facile’

«Non è un caso che il primo sportello sia stato aperto (il primo giugno, ndr) proprio a Chiasso. Negli anni la Città si è sempre confrontata con flussi migratori importanti. Penso ad esempio agli anni 90 con la questione balcanica o al 2011 con le partenze dal Medio Oriente. Anche oggi siamo di fronte a una vera e propria crisi umanitaria», ha spiegato la municipale Roberta Pantani. Proprio la cittadina di confine, come rivendicato da Pantani, è stata promotrice d’importanti novità. «L’idea d’impiegare queste persone in lavori di pubblica utilità è nata a Chiasso ed è poi stata approvata su mia proposta dal parlamento federale». Una necessità dettata anche dalla posizione geografica. «Viviamo sul confine e di confine. Siamo giocoforza dei precursori per tutta una serie di dinamiche e viviamo la necessità di operare con tempestività». E proprio sulla gestione dei profughi ucraini, rispetto ai fenomeni migratori degli anni passati, abbiamo chiesto qualche informazione in più a Pantani: «Per il Comune cambia poco. Prima le registrazioni avvenivano attraverso la Confederazione. Ora la collaborazione è con il Cantone. La facilità di comunicazione a livello istituzionale è quindi maggiore, anche se l’impegno resta ovviamente lo stesso».

‘Sono quasi tutte donne’

Le autorità hanno anche presentato le cifre di quella che è la presenza ucraina sul territorio. In Ticino sono attualmente 2’724 le persone arrivate in fuga dalla guerra, praticamente tutte in possesso di un permesso S. «Si tratta per la maggior parte di donne, che sono il 69%, e bambini. Le persone con un’età superiore ai 65 anni rappresentano inoltre solo l’8% della comunità», ha illustrato De Rosa. La maggior parte di loro si trova nel Sottoceneri, che ospita il 72% dei rifugiati. A livello svizzero, invece, sono oltre 55mila le persone ospitate.

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