I professionisti della formazione ribadiscono la ferma volontà di continuare ad avere parte attiva nelle discussioni relative ai temi legati all'educazione,
Ridare voce all’insegnante! Lo chiede, in una risoluzione, il Movimento della Scuola, riunitosi di recente in seduta. “Nel corso degli ultimi anni si è andato progressivamente ampliando lo iato che perniciosamente separa il dibattito sulle politiche scolastiche dal vissuto professionale di chi fa scuola dentro le aule e negli istituti. Sulla voce degli insegnanti e dei loro organi di rappresentanza, sul loro apporto propositivo, a volte critico, sembra essere stata posta una sordina, quasi si trattasse di un fastidioso impiccio e non di un indispensabile contributo riflessivo” – si legge in un comunicato – “Riforme e progetti innovativi sono perlopiù elaborati in separata sede e decisi in maniera verticistica; i compromessi operativi sono frutto di equilibri politici e partitici trovati in parlamento senza che il dibattito pedagogico-culturale sia realmente partecipato dagli insegnanti stessi. Così è stato per il progetto denominato “La scuola che verrà”, per la revisione della griglia oraria dei licei, per l’implementazione e la revisione del nuovo Piano di studi della scuola dell’obbligo, per i profili di formazione degli insegnanti, ecc. L’atteggiamento di chiusura è percepibile anche nell’ostinata (e incomprensibile) campagna di delegittimazione delle associazioni magistrali condotta dai vertici del Dipartimento”. Secondo lo stesso Movimento, “a farne le spese è la scuola nel suo complesso. L’estraneazione degli insegnanti dalle politiche scolastiche ha conseguenze esiziali: è mortificata la matrice intellettuale e progettuale della professione, l’insegnamento è progressivamente privato di autorevolezza e prestigio sociale, l’autonomia didattica è piegata a mera operatività. Proprio quando il compito educativo (e il suo statuto istituzionale) necessiterebbe di un rinnovato afflato culturale, le risposte dipartimentali tendono a confinare l’insegnante in una dimensione prettamente didattico-operativa. La dignità dell’impegno formativo esige che all’insegnante venga restituita una voce autorevole, legata al ruolo pedagogico, intellettuale e culturale richiesto alla sua funzione educativa. Ne va della qualità della scuola e della fondamentale funzione critica che i maestri assumono in una società democratica”. Per invertire la rotta, prosegue la nota stampa, è necessario (e davvero nell’interesse di tutti), che gli insegnanti, i loro collegi, le loro associazioni, i loro sindacati possano avere parte attiva nel dibattito relativo a:
Il DECS (e anche la politica) – conclude il comunicato – “dia risposte concrete a queste esigenze, si apra al confronto, comprenda finalmente che la qualità di ogni impegno formativo passa dalla dignità riconosciuta ai maestri”.