Mendrisiotto

“Nei paesini la gente è solidale, ma in città...”

Non sembra essere un periodo facile per il volontariato, che dopo la pandemia sembra aver perso drasticamente attrattiva

Sempre più richieste e sempre meno volontari
(Ti-Press)
4 febbraio 2023
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In molti, se non tutti, si ricordano di quella immediata (e sorprendente) ondata di solidarietà che sembrava aver investito il cantone. Tutti sembravano essere disposti ad andare a fare la spesa per chi non poteva uscire di casa, ad accompagnare le persone fragili, a mettersi a disposizione per gli altri. Pareva davvero che la società, unita dalla crisi, si stesse dirigendo verso un futuro più generoso e solidale. Ma al giorno d’oggi, terminata la pandemia, diverse realtà sono alla continua ricerca di volontari, in special modo in quei luoghi dove ve ne sarebbe maggior bisogno: i grandi centri abitati.

Più invecchia la popolazione, più servono volontari

Lo sa bene Angelo Fumagalli, presidente dell’Associazione Mendrisiotto Anziani (Ama), che da oltre trent’anni si occupa di accompagnare anziani e invalidi ai loro appuntamenti medici. Contattato da ‘laRegione’, ha esordito dicendo: «Prima della pandemia ce n’erano a sufficienza (di volontari ndr.); durante ce n’erano fin troppi; e adesso che la pandemia è passata non sembrano essercene più». E questo in un cantone come il nostro, dove la popolazione invecchia sempre di più e la necessità di aiuti aumenta.

‘A Chiasso la situazione è un disastro’

L’associazione, attiva dal 1991, opera «dal ponte diga in giù», e i suoi volontari ricevono un rimborso spese (pari a 75 centesimi al chilometro) per la distanza percorsa. Di conseguenza, l’ideale sarebbe che il volontario abitasse vicino alla persona da accompagnare, sia dal punto di vista logistico che da quello economico. «Il problema non è trovare volontari nei paesini, ma nei grandi centri abitati come Chiasso – continua Fumagalli –. Capita addirittura che alcuni volontari, che risiedono ad esempio ad Arogno o a Rovio si lamentino di non venir mai chiamati: il problema è che non ci sono molte richieste in quella zona per dar da fare a tutti i volontari, mentre a Chiasso, dove c’è molta più richiesta, non c’è praticamente nessuno, e siamo costretti a far venire gente dai Comuni vicini».

Le cause, secondo Fumagalli, si potrebbero ricondurre al maggior senso di comunità presente dei centri più piccoli. Anche a Mendrisio sembra esserci meno carenza, perché «i Quartieri erano a loro volta dei piccoli Comuni, e conservano ancora un po’ di quello spirito».

Volontariato libero e senza vincoli

L’Ama può contare su una cinquantina di volontari (più due professionisti alle loro dipendenze), ed esegue circa novemila trasporti all’anno, con una media di circa 45 trasporti al giorno. È un ente d’appoggio ufficialmente riconosciuto (i costi di trasporto a carico dei fruitori possono dunque essere rimborsati dalla cassa malati), e la principale fonte di reddito sono i fondi cantonali. «Senza volontari non potremmo stare in piedi», dichiara Fumagalli.

Un volontariato da lui definito «vero» in quanto, a differenza di altre associazioni che richiedono un numero minimo di ore di disponibilità, Ama concede ai suoi volontari la totale libertà. «Noi contattiamo i volontari in zona, ma ognuno può decidere se prendere o meno l’incarico. C’è chi dice sempre di sì e chi accetta solo due o tre volte al mese».

Servizio di accompagnamento, non un taxi

Ma anche con tutta la buona volontà, non è possibile far contenti tutti. «Al momento riusciamo a soddisfare il 99 percento delle richieste – continua Fumagalli –, e le poche lamentele che arrivano riguardano dei ritardi, ma la gente deve capire che non siamo un servizio taxi». Può capitare infatti che un volontario comunichi la propria assenza all’ultimo momento, e a quel punto è necessario adoperarsi per trovare un sostituto, non sempre possibile in tempi brevi. «Ma in genere le lamentele vengono più dai parenti che dagli anziani stessi», afferma.

Poca collaborazione da parte degli ospedali

A complicare le cose si aggiungono le richieste dei medici e degli centri di cura, che talvolta convocano i propri pazienti al mattino presto. «Capite che se ho un anziano di Chiasso che dev’essere a Bellinzona alle otto, significa che il volontario, che magari abita ad Arzo, deve alzarsi alle sei». E malgrado le ripetute richieste di collaborazione inoltrate ai vari enti di cura, sembra non esserci verso di trovare un compromesso. «Mi rendo conto che è facile dirlo ma difficile risolverlo, e che gli ospedali e i dottori stiano facendo il loro lavoro, ma penso che un po’ più di collaborazione gioverebbe a tutti».

‘Cerchiamo gente empatica che non guidi una Maserati’

«Mi immagino già che quando uscirà questo articolo – dice –, mi contatteranno cinque o sei persone, ad esempio dalla Valle di Muggio. Il problema è che lì ne ho fin troppi! (ride, ndr)». Sia chiaro che ogni volontario è ben accetto, ma il problema rimane dunque trovare persone nei grandi centri abitati come Chiasso. Ma di quale profilo si ha bisogno?

«In genere i nostri volontari sono pensionati, perché i più giovani devono lavorare – spiega –. Devono essere automuniti, possibilmente non una Maserati o una Ferrari (com’è già successo) che se no l’anziano non lo tiri più fuori». E nonostante si tratti di un semplice lavoro di accompagnamento, è richiesta una certa dose di empatia. «Si tratta comunque di persone fragili, quindi ci vuole anche una certa attitudine», conclude.

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