Mendrisiotto

Dai boschi all'Operazione Toro, prima condanna

Sedici mesi (sospesi) a un ex esercente di un fastfood di Mendrisio. Vendeva cocaina di qualità. I capi, due cittadini albanesi, verranno giudicati a ottobre

26 agosto 2019
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Prendere il toro per le corna. Un modo di dire, sinonimo di affrontare un problema con decisione, che la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, ha fatto suo, alla lettera. E così, questa mattina davanti alla Corte delle assise correzionali di Mendrisio, si è cominciato a fare i conti con la giustizia. La prima ‘testa’ dell’Operazione Toro – condotta da polizia e Guardie di confine tra agosto e ottobre del 2018 – è infatti caduta (vedi suggeriti). Una ‘testa’ che può essere definita marginale, ma che ha sicuramente avuto un ruolo nella vendita al dettaglio di stupefacenti nel Mendrisiotto. Alla sbarra, nella formula del rito abbreviato, è infatti comparso un 46enne svizzero di origine egiziana, reo d’aver spacciato poco più di 203 grammi di cocaina. Oltre a quasi tre mesi di carcere sofferto, il giudice Amos Pagnamenta gli ha inflitto una pena detentiva di sedici mesi, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni. Il tutto siccome ritenuto colpevole di infrazione aggravata (e contravvenzione) alla Legge federale sugli stupefacenti, infrazione alla Legge federale sulle armi (per aver posseduto un’imitazione di un coltello a farfalla di tipo militare) e ripetuta tentata coazione. Il suo arresto, avvenuto nel settembre dello scorso anno, era balzato agli onori della cronaca perchè da poco tempo aveva in gerenza la filiale di un noto fastfood appena insediatosi a Mendrisio. Lui che, negli anni precedenti, aveva avuto, sempre in gestione, un esercizio pubblico in città. Al suo arresto ne seguirono altri due, poco tempo dopo, e ben presto la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo portò a termine la già citata Operazione Toro.

I boschi come nascondiglio

Un’inchiesta nella quale emerse una vasta e ben ramificata rete di vendita di cocaina, gestita da due albanesi (di 25 e 29 anni) i quali avevano base a Rovio, in un residence. I due avevano adottato un modus operandi alquanto efficace, non tenevano lo stupefacente in casa, bensìnei… boschi. Nascondigli ricavati tra le radici delle piante in svariate località: a Rovio, nel bosco di Sant’Apollonia a Coldrerio, al Parco delle Gole della Breggia, sotto un cumulo di sassi non distante dal campo sportivo di Melano. E poi ancora al Parco Casvegno di Mendrisio. E, da quanto si è potuto apprendere, la polvere bianca era di buona qualità ma comunque venduta a prezzi concorrenziali. Personaggi che dovranno comparire davanti alla Corte delle assise criminali nel corso del mese di ottobre e, oltre a rispondere di quanto fatto nel mondo della droga, dovranno anche chiarire il loro ruolo in un fatto di sangue avvenuto ad ottobre a Lugano. Ma cosa c’entra il 46enne in tutto questo ? Ebbene, lui aveva preso in mano il ‘giro’ degli albanesi, per permettere loro di andare in… vacanza. Durante la loro assenza aveva fatto le loro veci, garantendo così continuità allo spaccio di cocaina nel Mendrisiotto. Quarantaseienne che, infine, non si è fatto mancare nemmeno i gesti intimidatori (da qui la condanna anche per ripetuta tentata coazione). Lui che, pochi giorni dopo la scarcerazione, tentò di intimidire il titolare di una ditta (minacciandolo di far interrompere un contratto di collaborazione con un grande negozio di articoli per la casa), il tutto con l’intenzione di arrivare a parlare (e probabilmente risolvere questioni ‘in sospeso’) con un dipendente, suo diretto acquirente di cocaina.

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