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Chiesti 6 anni di prigione per una truffa da nove milioni

Di fronte alla Corte delle Assise criminali di Lugano è comparso un 55enne ‘discendente imperiale’ accusato di aver raggirato un americano

Domani si torna in aula
(Ti-Press)
22 gennaio 2025
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Un’eredità da 40 milioni dal famoso ‘zio d’America’. Chi non vorrebbe una somma simile? Spesso, però, queste cifre da parenti lontani sono solo invenzioni alla base di una truffa. E il caso giunto oggi di fronte alla Corte delle Assise criminali di Lugano, è proprio uno di questi. Al centro della vicenda pare, però, esserci di più. Società offshore, sedicenti discendenti di famiglie imperiali e consulenti del primo ministro giapponese, un coinvolgimento di un finto nipote di Mario Draghi, il tutto al solo scopo di adescare un cittadino americano e spillargli 9 milioni di dollari nell’arco di tre anni. L’architetto di questa vicenda, per la procuratrice pubblica Chiara Borelli, è il 55enne – giunto di fronte alla Corte composta dal presidente Amos Pagnamenta e dai giudici a latere Luca Zorzi e Fabrizio Filippo Monaci – accusato di truffa per mestiere per fatti che sarebbero accaduti tra il 2016 e il 2019.

‘Usavo un alias per tutelarmi’

Da quanto emerso nell’interrogatorio, il 55enne italiano, in carcerazione preventiva dal luglio del 2023, è un consulente finanziario e nel settembre 2016 era stato contattato dall’americano apparentemente truffato. I due, stando all’atto d’accusa, sono entrati in contatto tramite “personaggi, che sotto mentite spoglie di responsabili di una fiduciaria lussemburghese, rispettivamente di sedicenti funzionari di una banca svizzera” hanno fatto credere all’americano di essere l’erede di un patrimonio stimato in 3 milioni di dollari, cifra poi lievitata a 40 milioni di dollari. Per trasferire tale somma, però, occorreva “per motivi di confidenzialità” l’intervento “di un facilitatore attraverso la Banca Italia”. Il 55enne, nato in Etiopia, entra dunque in scena con un nome fittizio: «Con i clienti americani avevo scelto di chiamarmi in un altro modo per non essere coinvolto con soldi provenienti dagli Stati Uniti: in Italia e in Svizzera non aprono facilmente dei conti a cittadini statunitensi e spesso la loro unica possibilità è quella di creare delle società di loro proprietà e far convogliare i soldi». Ed è proprio questa tecnica che il 55enne avrebbe escogitato per spillare i nove milioni: «L’idea dell’americano era di far arrivare questi soldi e poi di prelevarli. Non si fidava di chi amministrava le società che gestiva. Io gli ho prospettato di investire quei soldi in hedging per avere così delle plusvalenze e non pagare tasse in Svizzera. Da quel momento il mio ruolo è stato molto attivo» compiendo anche migliaia di transazioni in warrant.

‘Lo hanno sballottato come una marionetta’

Prima di ricostruire l’accaduto, la pp ha tracciato il profilo dell’imputato con molteplici legami: «È forse un discendente imperiale come disse nel 2020 in un verbale? O un collezionista di orologi di lusso? Oppure un famoso giocatore d’azzardo di fama mondiale? O ancora un consulente del primo ministro giapponese? L’uomo che abbiamo di fronte è tutto questo, almeno per le persone che lo hanno frequentato». Questa sua nomea e «il suo modo gentile e il lungo rapporto, hanno portato l’americano, obnubilato da false informazioni, a fidarsi di lui». La pp sottolinea che la presunta eredità «sembrava vera». L’americano inizialmente non intende coprire i costi legati alla presunta eredità «ma ecco l’arrivo del 55enne, l’unica persona adatta secondo Banca d’Italia. Inizia così questo cammino di menzogne». Nel novembre 2016 il 55enne e l’americano si incontrano a Roma “al Ministero delle Finanze per finalizzare il trasferimento dei fondi alla presenza di Maurizio Draghi (nipote di Mario Draghi)” viene spiegato nell’atto d’accusa, poi definito dalla pp «sedicente nipote di Mario Draghi». Poi, l’americano è sempre più convinto e inizia a versare i primi soldi. «Con il suo correo, un avvocato (già condannato in passato) con presunti legami con la Guardia di Finanza e che conosce bene questi sistemi, lo hanno sballottato come una marionetta giocando con lui, che continuava a fare bonifici». Per queste ragioni la procuratrice ha considerato la pena grave e ha chiesto una pena di 6 anni di detenzione e 15 anni di espulsione.

‘Soldi usati per viaggi e orologi’

A spiegare quanto accaduto dal punto di vista dell’americano ci ha pensato l’accusatore privato Andrea Gamba: «Tutto è partito con la denuncia del mio assistito che è venuto più volte qui in Ticino per chiarire i fatti. Il 55enne, invece si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere salvo definirsi uno dei più grandi collezionisti d’orologi del mondo. Tutte menzogne come l’eredità». Per Gamba, i soldi versati dall’americano non sono mai finiti sui conti di quelle società create, ma «sono stati usati per viaggi e orologi». Il meccanismo messo in atto dal 55enne è servito «per carpire la sua fiducia con un lavoro lento e fatto da professionisti. La visita in un palazzo ministeriale per l’americano era una prova che potesse essere tutto vero». Gamba, allineato con la richiesta di pena proposta dalla pp, ha chiesto in aggiunta anche il risarcimento di 9 milioni di dollari.

‘Ci sono dei dubbi in tutta la storia’

Dal canto suo, Andrea Lenzin, avvocato del 55enne, ha chiesto il proscioglimento dalle accuse, e un’indennità di 94mila franchi, perché non si tratta di truffa. «Ci sono dubbi in tutta la storia finora raccontata. Dalla denuncia a oggi sono passati 4 anni e in tutto questo periodo non risultano accertamenti in merito alle persone che hanno adescato l’americano». Inoltre, il presunto truffato, «è laureato in economia e giurisprudenza e ha sempre lavorato in ambito finanziario occupandosi di investimenti fino a 400 milioni di dollari, e di due diligence. È l’esemplare perfetto di vittima che un truffatore eviterebbe». Il modo d’agire, per l’avvocato porta dunque a due conclusioni: «O si è reso corresponsabile e dunque non c’è inganno astuto, oppure il suo unico scopo era di costituire dei fondi ‘neri’ in Svizzera. E gli indizi per quest’ultima si sprecano come 36 documenti da lui firmati come onorari delle aziende». La perdita subita «è importante, ma è dovuta alla malagestione dei fondi, non a una truffa». La sentenza è prevista per domani.