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Scuola media, la Direttiva e i segnali non recepiti

Indigna la presunta violazione del dovere di informazione nel caso dell’ex direttore di una scuola media arrestato per reati sessuali con minorenni

Restano tanti interrogativi irrisolti sul caso
(Ti-Press/Archivio)
5 ottobre 2022
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C’è un aspetto che desta inquietudine e continua a suscitare profonda indignazione nella vicenda penale riguardante l’ex direttore di una scuola media del luganese, che è stato arrestato lo scorso 7 settembre con l’accusa di atti sessuali con fanciulli per aver avuto un rapporto sessuale completo con una minore di 16 anni e per aver toccato un’altra ragazza minorenne. Parliamo ancora di segnalazioni, su anomalie e comportamenti sospetti sul conto del 39enne arrestato, da parte di genitori che sono rimaste all’interno dell’istituto. Ci si chiede come mai e soprattutto perché il direttore precedente e i docenti che erano informati di queste situazioni poco edificanti non abbiano provveduto a segnalare queste circostanze alle autorità competenti, in questo caso i collaboratori del Dipartimento educazione sport e cultura (Decs). Qualcosa non ha funzionato a dovere. Eppure, avrebbero dovuto farlo, come prescrive la direttiva del Consiglio di Stato concernente le molestie psicologiche, sessuali e le discriminazioni all’interno dell’Amministrazione cantonale.

Segnalazioni rimaste in sede

Una direttiva di ventun articoli, entrata in vigore nel luglio del 2021, che mette nero su bianco il codice di condotta dei dipendenti dello Stato, in caso di presunti abusi. In particolare, l’articolo 12, capoverso 2, recita così: "Il funzionario dirigente e/o l’istanza gerarchica superiore informano tempestivamente i servizi centrali del personale e intervengono in collaborazione con essi. I servizi centrali monitorano l’evoluzione della segnalazione". Gli altri articoli della direttiva mirano a prevenire e a tutelare i collaboratori dell’Amministrazione cantonale da violazioni dell’integrità personale, come appunto le molestie psicologiche, sessuali e le discriminazioni e stabiliscono le procedure da seguire. Una direttiva allestita in seguito al caso dell’ex collaboratore del Dipartimento della sanità e della socialità condannato, in via definitiva, per coazione sessuale e violenza carnale, che, però, non è bastata per la vicenda dell’ex direttore di una scuola media del Luganese. Le segnalazioni formulate dai genitori sono infatti rimaste tra le mura dell’istituto. Una volta terminato il procedimento penale a carico dell’ex direttore, sarà l’inchiesta amministrativa a valutare eventuali responsabilità.

Necessari nuovi canali?

Nel caso specifico, dunque, il passaggio di informazioni non ha funzionato. Tanto che il presidente della Conferenza cantonale dei genitori Pierfranco Longo ha lanciato l’idea di uno sportello genitori dopo la conferenza stampa del Decs che ha informato delle dimissioni del direttore della scuola media del Luganese accusato di reati sessuali con minorenni. All’indomani della conferenza stampa nella quale il consigliere di Stato Manuele Bertoli aveva detto che "l’unica prevenzione è la comunicazione" e che "la gente deve parlare, e se si nota qualcosa che si blocca o non va come dovrebbe, trovare il canale di segnalazione e comunicarlo", Longo ha preso posizione motivando la sua suggestione come "un passo possibile, per avviare una cultura di maggior trasparenza e apertura nella gestione delle problematiche tra istituti, genitori e la Divisione della scuola. Uno strumento che "consentirebbe al Dipartimento di avere conoscenza diretta dei problemi, delle casistiche, senza filtri, di avere una visione d’insieme e valutare se e quando affiancare gli istituti nella ricerca di soluzioni, competenze o, nei casi più gravi, sorvegliare e intervenire". Un’altra soluzione potrebbe essere quella evocata dalla collega Katiuscia Cidali nel commento pubblicato ieri: un numero di WhatsApp attraverso il quale i genitori potrebbero attivare quel canale che non è stato attivato nel caso del 39enne.

Merlo: ‘Occorre un’entità esterna e indipendente’

La deputata in Gran Consiglio e consigliera comunale di Lugano Tamara Merlo (Più Donne) aveva già espresso perplessità nel merito della direttiva. Alla luce del caso specifico, ribadisce: «Finché la catena dei controlli resta interna, è più facile che capiti un intoppo. La Direttiva, di per sé, è un elemento positivo, ma affinché il passaggio di informazioni funzioni, occorre una reale indipendenza a tutela di tutte le parti coinvolte, e soprattutto a protezione delle vittime. Nell’ambito delle molestie sul lavoro, anche la Seco (Segreteria di Stato dell’economia) si esprime in questo senso. L’indagine dev’essere indipendente. In realtà, per fare chiarezza, occorrerebbe un’entità esterna e del tutto separata dai legami personali e gerarchici e dagli interessi in gioco di chi lavora lì. Ci vorrebbe anche un cambiamento di mentalità sul posto di lavoro, e a maggior ragione nella scuola, dove non c’è una relazione paritaria tra docente e allieva/o. E non dimentichiamo che alla base, in questi casi, può esserci un potenziale predatore sessuale».

Dal profilo penale, l’inchiesta a carico del 39enne continua con la raccolta di testimonianze. Nel frattempo, in base all’articolo 184 del Codice di procedura penale, il procuratore pubblico Roberto Ruggeri ha nominato lo psichiatra incaricato di allestire la perizia, formulando i quesiti del caso e dando un termine per presentare il lavoro. Un lavoro per il quale ci vorranno alcuni mesi.

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