Bellinzonese

‘Fate l’amore e non la guerra... ma magari non sul mio bus’

Il Rabadan visto con gli occhi di un conducente delle Poste: ‘Aiutiamo la gente a smaltire il post-carnevale’

(Ti-Press)
23 febbraio 2023
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«In questi giorni, su questa tratta, l’Autopostale diventa un Lazzaretto a sei ruote», scherza M. mentre si rimette al posto di guida. È mattina presto e, fra chi prende i mezzi pubblici per andare a lavoro o a scuola, c’è anche chi è reduce dal Carnevale di Bellinzona. Uno di questi è un giovane che il nostro interlocutore aiuta a svegliarsi e ricomporsi dalla nottata di baldoria. «Siamo arrivati a destinazione, riesci a camminare fino a casa? No? Vabbè vieni pure a fare ancora un paio di giri con me», dice al ragazzo e poi, girandosi verso di noi, continua: «È con me dalla primissima corsa. Ha fatto la tirata; abbiamo fatto insieme Locarno-Bellinzona, già andata e ritorno».

M., autista di bus da circa una decina d’anni, di carnevali ne ha fatti parecchi anche se, come lui stesso ammette, li ha seguiti tutti «dalle retrovie», perché nella settimana che precede il martedì grasso non ha mai preso ferie: «In passato non me ne perdevo uno, ma ora i tempi son cambiati. C’è troppo fracasso, troppo alcol e io non ho più l’età, come la canzone».

Il Rabadan può forse bloccare una città per 6 giorni ma non i servizi, talvolta satelliti della stessa manifestazione, talvolta distanti anni luce, che vi gravitano attorno. Vale per il trasporto pubblico che, fra orari e fermate provvisorie, si è dovuto adattare al Carnevale. Scene come quella prima descritta non sono quindi una novità per gli autisti e le autiste di Autopostale e Fart. «Dal mio punto di vista non è una situazione tragica o degradante come a volte viene descritta. Però sì, succede che ti trovi il mezzo più affollato alla sera –, ci spiega M., che aggiunge – Capita che salga gente che ha alzato un po’ il gomito. In generale si addormentano, come questo giovane, oppure sono euforici: cantano, schiamazzano, ascoltano musica ad alto volume. Delle volte ti lasciano anche qualche regalino. Se ti va bene una parte dei loro costumi. Se ti va male, coriandoli, stelle filanti e… vomito».

E per la questione della sicurezza? «Io sono stato sempre abbastanza fortunato e non ho mai incontrato sul mio percorso teste calde. So di altri miei colleghi che invece hanno dovuto intervenire in situazioni più critiche, come scazzottate oppure gente che stava male. Sono circostanze poco belle anche perché abbiamo poco margine d’azione se succede qualcosa…».

Quando la gente si dà ai bagordi lascia dietro di sé tutti i freni inibitori. Di fatti bizzarri M. nella sua carriera ne avrà visti molti. Quello che è rimasto più impresso? «Per fortuna il fatto più ‘eclatante’ che ho vissuto non ha niente a che vedere con risse o fatti di sangue. Risale a circa cinque anche fa. Ero di turno è stavo facendo l’ultima corsa della sera qui, a Bellinzona, con destinazione Locarno. In partenza era salita molta gente, ma poi man mano che proseguiva il tragitto, i passeggeri scendevano e giunti a Tenero le persone a bordo si potevano contare sulle dita di una mano. Arrivato al Fevi (dove un tempo si fermava la linea 311) sento degli strani rumori, simili a dei gemiti, in fondo al bus. Mi avvicino e trovo… due ragazzi intenti a scambiarsi qualche effusione di troppo...». M. a ripensarci sogghigna ancora, sta zitto un attimo e poi conclude: «Mi reputo un uomo pacifico; quasi pacifista e l’inno ‘fate l’amore e non la guerra’ lo dirò sempre però ecco; magari non sul mio bus…».

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