Locarnese

La felicità delle piccole cose: Sara Imperatori, cooperante

Dopo un anno e mezzo nelle Filippine per l'organizzazione Comundo, la giovane docente traccerà il bilancio di metà percorso il prossimo venerdì allo Spazio Elle

Sara Imperatori, cooperante Comundo
22 maggio 2019
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Sono circa ottanta i cooperanti di Comundo. Sara Imperatori è una di essi. Giovane docente del Locarnese, da un anno e mezzo applica le proprie competenze nelle Filippine a favore del Vicariato apostolico di Bontoc-Lagawe nel Nord del Paese, caratterizzato da poche famiglie, poche terre coltivabili e una profonda carenza di infrastrutture. Comundo (www.comundo.org) è un’organizzazione che si occupa di cooperazione allo sviluppo tramite l’interscambio di persone, una forma di collaborazione che avviene inviando professionisti in America Latina, Africa o Asia, per unirsi ai partner locali. In attesa dell’incontro pubblico di venerdì 24 maggio allo Spazio Elle di Locarno in piazza Pedrazzini, Sara si gode il temporaneo ritorno a casa dopo il primo anno e mezzo di lavoro. Prima di ripartire per i restanti 18 mesi.

«Questo ritorno è previsto per raccontare ciò che è stato fatto e come si pensa di concludere. Il primo anno serve ad integrarsi, il secondo a “mettere in moto”, il terzo ad assicurarsi che quello che è iniziato possa continuare, in nome della sostenibilità», racconta alla ‘Regione’ Sara. Che non è partita per le Filippine per fare la docente: «Rischierei di rubare il lavoro alla gente del posto. Ho portato la mia preparazione pedagogica lavorando come consulente, l’ideale per raggiungere gli obiettivi prefissati».

Sostenibilità tra generazioni

Sara è partita per rafforzare un progetto del Vicariato locale, finalizzato alla risposta ai bisogni sociali e spirituali dei suoi membri. Dei giovani, inizialmente. Poi anche degli adulti: «Il focus iniziale erano in effetti le giovani generazioni, ma abbiamo capito che mancava una struttura». Prendendo ad esempio il sistema svizzero degli scout: «A grandi linee, arrivano i più piccoli, da lupetti crescono e diventano esploratori e poi saranno i più grandi a guidare le attività con gli altri piccoli che arriveranno». Spostando il concetto in quelle terre, «il problema locale è che manca il sistema perché le attività diventino sostenibili. Sono zone molto rurali quelle in cui opero, i più grandi lasciano in cerca di lavoro, e potrebbero anche non tornare. Manca chi assicura la continuità delle cose». Ecco che si rende necessario il lavorare con i meno giovani, «per creare una struttura che rimanga».

Luce dalle candele

La realtà filippina della cooperante è «una felicità di piccole cose. A livello interculturale – racconta la giovane locarnese – ho imparato che non possiamo imporre le nostre idee aspettandoci come risultato l’efficienza svizzera». La felicità sta «nell’essere riuscita a diventare parte del loro sistema, della loro équipe, vedendo accettate idee e proposte». Un esempio: «Dopo un anno è stata accettata la mia proposta di fabbricare candele con cera riciclata. Che per loro è un bisogno, in quanto lavorano con le parrocchie. La cera non si trova certo nelle montagne. O la si importa da Manila, o le candele si fanno con quel che si ha. Vedere il corso realizzato è per me un risultato. Non toglie professionalità sul posto, ma la integra».

Mal d’Asia (e mal di Sud America)

Il primo bilancio di Sara è positivo, vista la difficoltà iniziale di fondere gli intenti di un’organizzazione non religiosa come Comundo con la Chiesa apostolica del posto. «Le aspettative della gente del posto erano diverse. Noi (con Sara c’è una cooperante tedesca, ndr) veniamo da Paesi cattolici, ma il nostro modo di praticare non è quello che si attendevano. Anche per il Vicariato, spiegare la nostra presenza non è stato facile. Ma quello filippino è un popolo aperto».

Tre anni lontano da casa sono lunghi, forse un po’ meno chi ha vissuto prima in Galles e poi a Londra. «Sono soddisfatta e contenta di fare qualcosa che si spera possa portare i suoi frutti». Mal d’Asia? «L’Asia è diversa, se non la Svizzera, mi è mancata davvero tanto l’Europa. Ma conosco persone che resterebbero in Asia a vita. A me è successo in Sud America».

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