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Cioccolato sostenibile, un dolce sogno

Sfruttamento minorile e deforestazione

La produzione di cioccolato distrugge la foresta
(© Hanna Kahranaho, Minna Kurjenluoma / WWF)
8 aprile 2023
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La produzione di cioccolato sostenibile resta un dolce sogno. Questo è quanto è emerso dalla “Chocolate Scorecard 2023”. Le imprese e i rivenditori svizzeri del cioccolato si posizionano a metà nella classifica internazionale. La «Chocolate Scorecard 2023» – che viene attuata dalla Ong “Be Slavery Free” e poi riportata da un gruppo di Ong internazionale, tra cui il WWF – valuta 72 aziende produttrici di cioccolato in tutto il mondo in base a diversi criteri di sostenibilità, quali deforestazione, violazioni dei diritti umani e trasparenza. Il cacao rappresenta una delle principali cause di distruzione delle foreste a livello globale, e costituisce pertanto un forte motore delle crisi gemelle: quella climatica e della perdita di biodiversità. Quello che emerge è un quadro ancora preoccupante: solo l’11% delle aziende del settore del cioccolato è in grado di tracciare in toto l’origine del cacao. Il 91% delle aziende si astiene dalla deforestazione, tuttavia solo la metà adotta misure concrete per garantire questo aspetto con i propri fornitori. Infine: solo il 6% dei bambini esposti al terribile lavoro minorile viene identificato.

Il cacao

Il cacao deriva dal frutto dell'albero del cacao, Theobroma cacao, che letteralmente significa “il cibo degli Dei”. Il cacao richiede un clima umido e tropicale. Viene prodotto in 62 Paesi del mondo, ma oltre il 66% della produzione mondiale di cacao si trova in Africa, con i due maggiori Paesi produttori che sono la Costa d'Avorio (37% della produzione globale) e il Ghana (18%). Il terzo produttore mondiale è l'Indonesia. La maggior parte del cacao è prodotta da piccole aziende agricole, con oltre il 90% della produzione mondiale di cacao. La sua produzione è in costante aumento e si aggira attorno alle 5 tonnellate di fave. A livello mondiale, il cacao è una delle principali cause della continua deforestazione. I due principali produttori, Costa d'Avorio e Ghana, sono responsabili di tre quarti della produzione globale. Negli ultimi 60 anni, questi due Paesi hanno perso la maggior parte delle superfici ammantate dalle foreste: circa il 94% in Costa d'Avorio e l'80% in Ghana, di cui un terzo dovuto alla coltivazione del cacao. Le foreste costituiscono una cruciale risorsa naturale contro la crisi climatica, poiché assorbono e stoccano il carbonio. Un tema scottante per la Svizzera: l'impronta della Confederazione dovuta al cacao rappresenta il 3% dell'impronta globale in questo campo, un dato decisamente sproporzionato rispetto alla quota di popolazione mondiale della Svizzera (0,1%). Secondo il rapporto del WWF «Deforestazione importata», la Svizzera importa più della metà dei prodotti di cacao (54%) da Paesi afflitti da un rischio di deforestazione elevato o molto elevato, scarse condizioni lavorative e corruzione.

Bambini sfruttati

Delle 53 aziende che hanno risposto alla richiesta dell'attuale «Chocolate Scorecard 2023», solo l'11% traccia il proprio cacao fino all'origine, e inoltre in media il 40% del cacao viene acquistato indirettamente; ciò significa che i consumatori non sanno realmente da dove provenga il cacao contenuto nel loro cioccolato. Le imprese devono definire misure di collaborazione concrete con i fornitori al fine di registrare l'origine del cacao: solo così le «dichiarazioni di sostenibilità» delle aziende diventeranno credibili. Affinché il cioccolato diventi più sostenibile, i coltivatori di cacao e le loro famiglie devono essere remunerati equamente. Il reddito di sussistenza è il reddito annuo netto necessario a una famiglia di coltivatori di cacao per avere un tenore di vita dignitoso. Molti coltivatori di cacao sono mal pagati, ma la situazione peggiora ulteriormente per i più vulnerabili. Il «Norc Report 2020», commissionato dal Ministero del Lavoro degli Stati Uniti, ha rilevato che in Costa d'Avorio e in Ghana nella produzione di cacao lavora circa 1 milione e mezzo di bambini, di cui il 95% è esposto alle peggiori forme di lavoro minorile per via della natura pericolosa delle attività. Secondo le imprese analizzate dalla «Chocolate Scorecard», 1,3 milioni di famiglie di coltivatori di cacao sono state incluse in un programma di monitoraggio del lavoro minorile: tra di esse, lo scorso anno sono stati riscontrati 110’000 casi del peggior lavoro minorile, un numero esiguo che differisce in modo significativo dagli 1,4 milioni di bambini stimati nel rapporto Norc. Tale differenza indica che si identifica solo il 6% circa dei bambini esposti alle peggiori forme di lavoro minorile, e di conseguenza il resto non gode di aiuti.

Uovo di Pasqua solidale?

A Pasqua, soprattutto lì dove ci sono i bambini, le nostre case si riempiono di ovetti. Ma quanto sono solidali? Secondo il rapporto del WWF «Deforestazione importata», la Svizzera importa più della metà dei prodotti di cacao (54%) da Paesi afflitti da un rischio di deforestazione elevato o molto elevato, scarse condizioni lavorative e corruzione. In Costa d'Avorio, Ecuador, Nigeria, Perù, Indonesia e Madagascar, questi problemi fanno parte della produzione quotidiana di cacao. In media, tra il 2015 e il 2019 la quantità di materia prima di cacao necessaria per le importazioni elvetiche ammontava a oltre 95'000 tonnellate l'anno. Nello stesso periodo, si stima che la superficie necessaria per soddisfare la domanda di cacao della Confederazione superasse in media i 300'000 ettari l'anno. Tra le aziende e i rivenditori intervistati per la “Chocolate Scorecard” in Svizzera, Halba ha ottenuto il miglior risultato. Coop, Barry Callebaut, Lindt & Sprüngli, Mondelēz International con Toblerone e Unilever si sono piazzati nella fascia media. In Svizzera sono disponibili molti altri prodotti di cioccolato che non sono di origine svizzera. Purtroppo, non tutte le aziende e i rivenditori di cioccolato del nostro Paese sono stati inclusi nell'analisi. Quindi: quando acquistate cioccolato, evitate prodotti di cioccolato altamente lavorati. Non solo la qualità è inferiore, ma la probabilità che questo sia stato prodotto in modo meno sostenibile è alta. Meglio puntare su prodotti bio o con il marchio Rainforest Alliance e commercio equo e solidale.

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