Età di pensionamento

Un automatismo senza speranza di vita

Lavorare fino a 66 anni, poi ancora più a lungo? Il 3 marzo si vota anche sull’iniziativa dei Giovani Plr. Le risposte alle principali domande

La sorte dell’iniziativa popolare sembra già segnata
(Keystone)
29 gennaio 2024
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Cosa chiede l’iniziativa?

Di innalzare gradualmente a partire dal 2028, al ritmo di due mesi ogni anno, l’età di pensionamento, fino a che raggiunga i 66 anni per entrambi i sessi nel 2033. In seguito, l’età di pensionamento verrebbe adeguata alla speranza di vita (0,8 mesi per ogni mese di aspettativa di vita supplementare). I promotori stimano che, in questo modo, salirà a 67 anni nel 2043 e a 68 nel 2056. Ogni aumento dovrà essere comunicato agli interessati almeno cinque anni prima del raggiungimento dell’età di pensionamento. Ciò significa che chi si troverà a meno di cinque anni dalla soglia verrà risparmiato dall’aumento e continuerà ad andare in pensione secondo le regole in vigore.

Cosa implica per le casse dell’Avs?

Obiettivo dell’iniziativa popolare ‘Per una previdenza vecchiaia sicura e sostenibile’ (detta anche Iniziativa sulle pensioni) è garantire a lungo termine il finanziamento del primo pilastro. Aumentando l’età di pensionamento, crescerebbero le entrate (uno-due anni in più di trattenute salariali) e diminuirebbero le uscite (uno-due anni in meno di rendite da versare). Nel 2033, con l’età di pensionamento a 66 anni, avremmo due miliardi di minori spese; in seguito, l’importo aumenterebbe “in modo significativo” (Consiglio federale) a ogni adeguamento automatico. Da solo, tuttavia, il meccanismo non basterebbe a evitare che l’Avs scivoli nelle cifre rosse: semplicemente, ritarderebbe di un paio d’anni il deficit (2033, anziché 2031). L’iniziativa avrebbe il vantaggio di far guadagnare tempo all’Avs: nel 2033 il primo pilastro disporrebbe ancora di riserve cospicue (71 miliardi anziché i 64 secondo il regime attuale, senza 13esima Avs), sufficienti dunque per coprire un anno di uscite (64,5 miliardi), diversamente da ciò che accadrebbe se il 3 marzo l’iniziativa venisse respinta. L’Iniziativa sulle pensioni avrebbe peraltro ripercussioni sull’assicurazione invalidità (Ai): la riscossione della rendita Ai si prolungherebbe infatti di un anno, determinando costi supplementari annui stimati in 200 milioni di franchi nel 2033, ancora maggiori da lì in poi.

Chi è per il ‘sì’? Chi per il ‘no’?

I Giovani e i ‘grandi’ del Plr sono schierati in prima linea per il ‘sì’ all’iniziativa. A disposizione per la loro campagna hanno 900mila franchi, stando a quanto dichiarato al Controllo federale delle finanze (Cdf). Favorevoli sono anche l’Udc (i delegati del partito si sono espressi sabato in tal senso, mentre il gruppo parlamentare era diviso), l’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), l’Unione svizzera degli imprenditori (Usi) e Economiesuisse. L’iniziativa è respinta da tutti gli altri partiti, dal Consiglio federale, dal Parlamento e dai sindacati. Il budget degli oppositori è di 100mila franchi, secondo il Cdf.

Perché votare ‘sì’?

Perché l’Avs a medio termine verrà colpita da una vera e propria ‘bomba demografica’: la speranza di vita si allunga, centinaia di migliaia di ‘baby-boomers’ (nati negli anni Sessanta) andranno in pensione nel prossimo decennio, la natalità è sempre più bassa e il rapporto tra pensionati e popolazione attiva (oggi: 3,2 lavoratori per ogni pensionato; nel 2050: 2,1) è destinato a deteriorarsi. Già nel 2030 l’Avs sarà di nuovo in rosso. E se non si fa nulla, nel 2050 registrerà un deficit di oltre 10 miliardi di franchi. Insomma: le rendite per le generazioni future sono in pericolo.

Perché anche in futuro per i mestieri usuranti continueranno a valere soluzioni settoriali, come quelle che esistono ora in particolare per i lavoratori dell’edilizia, che possono andare in pensione anticipatamente.

Perché aumentare a tappe l’età di pensionamento è “una soluzione equa per tutte le generazioni”, più giusta in ogni caso di un incremento dell’Iva, delle imposte o dei contributi salariali, tutte misure che graverebbero maggiormente sul borsellino delle persone più o meno giovani che ancora lavorano. Si tratta, insomma, di rafforzare la solidarietà fra attivi e pensionati, evitando di caricare di debiti le generazioni future.

Perché l’aumento dell’età di pensionamento è in linea con quanto stanno facendo molti altri Paesi europei confrontati con problemi demografici analoghi.

Perché l’iniziativa accrescerebbe la disponibilità di manodopera qualificata nazionale e, di conseguenza, contribuirebbe a ridurre l’immigrazione in Svizzera.

Perché votare ‘no’?

Perché il meccanismo previsto è troppo rigido, nella misura in cui l’età di pensionamento non può dipendere esclusivamente dalla speranza di vita, ma dev’essere determinata tenendo conto anche di altri fattori (andamento dell’economia, mercato del lavoro ecc.). Una questione centrale come l’età di pensionamento, inoltre, non può essere ridotta ad automatismo, liquidata sul piano tecnico, sottraendola al dibattito politico.

Perché le persone che svolgono lavori poco qualificati vivono meno a lungo e lasciano la vita lavorativa in condizioni di salute peggiori. Già oggi, fa notare il sindacato Unia, raggiungere il pensionamento a 65 anni è una sfida per chi lavora sui cantieri. Anche il numero di anni che restano da vivere in buona salute dovrebbe essere un fattore che determina l’età di pensionamento.

Perché verrebbero rimessi in discussione i modelli di pensionamento anticipato destinati a coloro che svolgono professioni usuranti. Sarebbero soprattutto i lavoratori a basso reddito e la classe media (il personale di vendita e di cura, ad esempio), obbligati a lavorare più a lungo indipendentemente dal loro stato di salute, ad essere penalizzati. Al contrario, chi può permetterselo (i banchieri, ad esempio) continuerebbe ad andare in pensione anticipata.

Perché i lavoratori over 55 disoccupati faticano a ritrovare un impiego: un anno in più di obbligo lavorativo non farebbe altro che protrarre la loro agonia sul mercato del lavoro.

Perché quando la riforma Avs21 (aumento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne, aumento dell’Iva, pensionamento flessibile) è stata approvata dagli elettori – soltanto un anno e mezzo fa – è stato promesso che non ci sarebbe stato un ulteriore aggiustamento verso l’alto dell’età di riferimento.

Perché una simile misura strutturale va discussa – assieme ad altre – nel quadro della prossima grande riforma dell’Avs, che il Consiglio federale sottoporrà al Parlamento entro la fine del 2026.

Qual è il pronostico?

Stando al primo sondaggio Tamedia/‘20 Minuten’ (margine di errore: +/- 1,1%), nella prima metà di gennaio solo il 35% degli interpellati sosteneva l’iniziativa; il 61% la respingeva. Persino tra i simpatizzanti del Plr il consenso non è ampio (solo il 56% di favorevoli). Diviso anche l’elettorato verde-liberale (49% a favore, 47% contro), mentre in tutti gli altri partiti il progetto viene bocciato con maggioranze chiare. La tendenza al ‘no’ dovrebbe rafforzarsi nelle prossime settimane. Senza dimenticare che il 3 marzo occorrerà anche la maggioranza dei Cantoni, un ostacolo praticamente insormontabile per i Giovani Plr. A pochi mesi da un già risicato sì popolare all’aumento dell’età di pensionamento delle donne (che entrerà in vigore nel 2025), appare impensabile che popolo e Cantoni diano luce verde a un ulteriore innalzamento di tale soglia.

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