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‘A lungo termine, il Plr ha un problema’

Elezioni federali concluse per la Svizzera romanda. Giro d’orizzonte con il politologo Pascal Sciarini, a sei giorni dagli ultimi ballottaggi

La ‘senatrice’ del Plr Johanna Gapany ce l’ha fatta per meno di mille voti nel canton Friburgo, dopo che il ritiro del candidato Udc le aveva spianato la strada
(Keystone)
14 novembre 2023
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Il ‘fenomeno’ Mauro Poggia; i Verdi con le ossa rotte, e orfani di una delle loro figure più note, la ‘senatrice’ Lisa Mazzone; il Ps in ottima forma; e un Plr che arranca quasi ovunque. Sono svariati gli elementi di riflessione emersi questo fine settimana dal secondo turno delle elezioni per il Consiglio degli Stati in quattro cantoni romandi. Giro d’orizzonte con il politologo dell’Università di Ginevra Pascal Sciarini, a sei giorni dagli ultimi ballottaggi (Ticino, Zurigo, Argovia, Sciaffusa, Soletta) che sanciranno la composizione definitiva della Camera alta.

A Ginevra Mauro Poggia è riuscito nell’impresa di fare ancora meglio che al primo turno. Come se lo spiega?

Poggia è in grado di pescare voti in un bacino di elettori molto vasto. Da un lato, ha beneficiato dell’alleanza di destra [Mouvement Citoyens Genevois, Udc, Centro e Plr, ndr]. Dall’altro, ha raccolto voti anche su ticket Poggia/Mazzone e Poggia/Sommaruga [Carlo, il ‘senatore’ del Ps rieletto domenica, ndr]. Viene da un partito populista di destra, ma è qualcuno che parla bene, che ha sempre avuto un discorso misurato. Mi ricorda un po’ Marco Borradori. La sua popolarità si spiega anzitutto con la sua decennale presenza in Consiglio di Stato. Tra il 2013 e il 2023, da ‘ministro’ della Sanità, ha diretto la maggior parte delle politiche pubbliche del Cantone: senza correre rischi eccessivi, senza fare passi falsi. Durante la pandemia è stato onnipresente in tv, tenendo un discorso chiaro e non risparmiando critiche quando occorreva farle. Per molti è diventato il buon papà del Cantone, colui che protegge i cittadini in tempi difficili. Poggia inoltre conosce bene il tema dell’assicurazione malattie, assai sentito anche qui a Ginevra. Non ha esitato a criticare le casse malati per gli aumenti dei premi, e si è schierato a favore di una cassa pubblica.

Si può ancora definire l’Mcg ‘partito populista di destra’?

Lo è chiaramente: basti vedere qual è il suo discorso su temi come l’immigrazione e i frontalieri, analogo a quello della Lega dei Ticinesi. Questo rimane il suo ‘core business’. D’altro canto (e di nuovo: un po’ come la Lega), su temi di politica sociale ed economica ha puntualmente posizioni sorprendenti. Ad esempio: in Gran Consiglio il preventivo 2023 è stato salvato grazie a un’alleanza tra l’Mcg (che nelle sue fila vanta numerosi poliziotti e altri funzionari) e la sinistra.

Il Plr vive una profonda crisi a Ginevra, a causa dell’‘affaire Maudet’; a Friburgo ha salvato per un pelo il suo seggio agli Stati, grazie anche al passo indietro del candidato Udc dopo il primo turno; nel canton Neuchâtel il suo ‘senatore’ Philippe Bauer non è stato riconfermato; e in tre cantoni romandi (Neuchâtel, Ginevra, Vaud) il Ps gli ha soffiato il posto di primo partito alle elezioni per il Nazionale. Come giudica lo stato di salute del Plr in Romandia?

Non molto buono. Nella Svizzera romanda il Plr è sempre stato il partito più forte. A Ginevra rimane tale, quantomeno a livello di Gran Consiglio. Ma ormai da anni è in crisi, e sin qui non ha dato l’impressione di riuscire a risollevarsi. Inoltre fatica a trovare ‘locomotive’ elettorali, come lo è Poggia per l’Mcg. I contesti cantonali hanno il loro peso, ma l’impressione è che vi sia un problema di posizionamento a livello nazionale: il Plr svizzero cerca una sua linea, continua a oscillare fra la tentazione di essere più al centro (la ‘svolta’ ambientalista sotto la presidenza di Petra Gössi) e quella di spostarsi a destra (con Thierry Burkart presidente). Ma avvicinarsi alle posizioni dell’Udc è una scelta discutibile. Lo si è già visto in passato: quando il Plr ha inasprito il suo discorso, in particolare sulle questioni dell’immigrazione e dell’asilo, ha solo portato acqua al mulino dell’Udc. Il problema non sta tanto nelle decisioni contingenti (le congiunzioni di liste con l’Udc in molti cantoni; i candidati Plr che anziché andare ai ballottaggi gettano la spugna per favorire i democentristi), quanto nella strategia a lungo termine: come si posiziona il Plr a livello programmatico? Come si smarca dall’Udc?

In Romandia l’Udc ha guadagnato quattro seggi al Nazionale. Ma nonostante il buon risultato di Céline Amaudruz al ballottaggio ginevrino, fa sempre fatica a presentare candidati in grado di imporsi in elezioni col sistema maggioritario.

Nella Svizzera romanda l’Udc ha una forza elettorale troppo debole per aspirare a vincere elezioni col sistema maggioritario: l’asticella per ora rimane troppo in alto. Per quanto riguarda la Svizzera tedesca, invece, aspetto i risultati degli ultimi ballottaggi. Non è escluso che l’Udc possa arrivare a 9-10 seggi [compreso lo sciaffusano Thomas Minder, indipendente ma nel gruppo Udc, ndr].

Torniamo a Ginevra. Lisa Mazzone è stata ‘tradita’ dagli elettori socialisti?

No. Le analisi del voto mostrano che non c’è stata una ‘strategia’ occulta del Ps volta a boicottarla. Quasi tutti gli elettori di sinistra hanno votato disciplinatamente per l’alleanza rossoverde. Semplicemente, Mazzone – come al primo turno – ha fatto circa 1’500 voti di meno che Sommaruga sulle schede ‘miste’ con Poggia; inoltre, le sono venuti a mancare quei voti degli elettori verde-liberali che il 22 ottobre le avevano permesso di finire davanti a Sommaruga.

Quanto peserà sui Verdi svizzeri il fatto di non poter più contare su Lisa Mazzone, oltre che di non avere più i numeri per formare un gruppo agli Stati?

La configurazione agli Stati non è buona per la sinistra intera, non solo per i Verdi. Il fatto che questi abbiano perso alcuni dei loro cinque seggi, non cambierà la sostanza delle cose. Per quanto riguarda l’altra questione, si può dire che, nell’era della personalizzazione della politica, i leader politici hanno maggior importanza che in passato. In questo senso, la non rielezione di Lisa Mazzone (anche se il suo ritiro potrebbe essere solo temporaneo) è una perdita terribile per i Verdi. Nel 2019, quando c’era stata l’‘onda verde’, le personalità di candidati ed eletti non contavano molto. Adesso, invece, col riflusso di quell’onda verde, il partito avrebbe di nuovo bisogno di personalità come Mazzone per ritrovare slancio.