Niente da fare al Nazionale per la proposta Ps del tetto ai premi. A larga maggioranza la Camera gli preferisce il controprogetto indiretto
In futuro, Confederazione e Cantoni dovrebbero mettere a disposizione più soldi per la riduzione individuale dei premi di cassa malattia, un onere che sempre più persone fanno fatica a pagare.
Questo l’esito del dibattito, incominciato ieri e portato a termine stamane, sull’iniziativa del Ps che chiede di porre un tetto massimo (10% del reddito disponibile) ai premi malattia. Seppur respinta per 121 voti a 67 poiché giudicata dalla maggioranza dei gruppi parlamentari, tranne il campo rosso-verde, estrema e troppo costosa, il plenum ha deciso di avallare – 119 voti a 66 – il controprogetto indiretto del Consiglio federale, emendato in alcuni punti della Camera del popolo.
La controproposta prevede sì un maggiore impegno finanziario di Confederazione e Cantoni – 2,2 miliardi di franchi in più – ma in misura minore rispetto all’iniziativa; quest’ultima, solo per la Confederazione, prevedeva un costo stimato in 4,7 miliardi per il 2024. A votare contro l’iniziativa e il controprogetto sono stati gli esponenti dell’Udc e di parte del Plr: per la cronaca, la proposta di non entrata nel merito dei democentristi sul controprogetto è stata respinta per 134 voti a 53.
Poco prima dei voti, il consigliere federale Alain Berset ha ammesso, come molti oratori ieri prima di lui, che la proposta del Ps solleva una questione reale, ossia la difficoltà crescente per molte famiglie di far fronte ai premi malattia; tale difficoltà si riscontra nel numero crescente di coloro che godono di riduzioni del premio. Ecco perché il Consiglio federale ha elaborato un controprogetto, ha affermato.
Tale fenomeno, tra l’altro, rischia di esacerbarsi ulteriormente nel 2023: è infatti atteso un sensibile incremento dei premi, oscillante tra il 5 e il 10%. Come sottolineato da diversi deputati prima di Berset, si tratta di un’evoluzione preoccupante, soprattutto alla luce dell’aumento dell’inflazione e dei costi energetici dovuti agli strascichi della crisi pandemica e, come se non bastasse, dalle ripercussioni della guerra in Ucraina.
Tuttavia, come sottolineato da molti deputati ieri pomeriggio nel corso del dibattito e dallo stesso ministro della Sanità oggi, l’iniziativa non dice nulla circa il contenimento dei costi – un aspetto che il Governo e il parlamento prende sul serio viste le riforme in corso e quelle previste, ha spiegato il ministro friborghese – ed è assai squilibrata perché farebbe pesare gran parte dei costi generati sulle casse federali.
Mentre la Confederazione copre il 7,5% del costi lordi dell’assicurazione malattia di base, i Cantoni sono invece liberi di stabilire da sé la quota che intendono mettere a disposizione degli assicurati, ha spiegato Alain Berset. Negli ultimi dieci anni, i Cantoni hanno aumentato il rispettivo contributo alla riduzione dei premi di ben 600 milioni: tuttavia, tale incremento è da mettere in conto di soli sette Cantoni. Tale aspetto è stato evocato anche da diversi oratori saliti alla tribuna, specie del campo rosso-verde, i quali hanno stigmatizzato i tagli ai sussidi effettuati da molti Cantoni, ciò che ha fatto lievitare la quota parte pagata dalla Confederazione, benché la sanità sia principalmente un ambito di loro competenza.
Come rammentato, diverse osservazioni pronunciate stamane dal consigliere federale socialista rispecchiano in parte molti degli argomenti tirato in ballo ieri dai deputati – una quarantina – annunciatesi per un intervento alla tribuna in un aula, va detto, semi deserta.
Per il campo rosso-verde, che ha difeso l’iniziativa sebbene non scontenta del controprogetto, come affermato da Pierre- Yves Maillard (Ps/Vd), vi è urgenza di agire: non solo i premi sono cresciuti più dei costi sanitari negli ultimi vent’anni, ma i salari sono rimasti praticamente fermi. Per non parlare dell’inflazione e dei costi fissi, come quelli energetici, e delle previsioni che danno i premi in forte crescita per il 2023. Insomma, sempre più famiglie, soprattutto del ceto medio, fanno fatica a pagare l’assicurazione sanitaria. Un ‘sì’ all’iniziativa avrebbe anche un vantaggio: aumentare il potere d’acquisto delle famiglie.
Sempre più persone – hanno denunciato diversi oratori – non si fanno curare a causa della franchigia elevata. L’iniziativa sarebbe un modo per riattivare il principio di solidarietà insito nella legge sulle cure medico sanitarie. Ma per essere veramente sociale e giusta, la legge dovrebbe prevedere premi proporzionali al reddito: l’attuale sistema, come denunciato da Bruno Storni (Ps/Ti), che vede il ricco pagare quanto il ‘povero’ va cambiato poiché ingiusto.
Gli avversari dell’iniziativa – Verdi liberali, Udc, Plr e Alleanza del Centro – anche se con toni diversi, non hanno negato l’esistenza di un problema che assilla molte famiglie e sul fatto che in diversi Cantoni, per motivi di risparmio, si sia tagliato negli ultimi anni sui sussidi destinati ai ceti meno abbienti.
Tuttavia, l’iniziativa pone l’accento principalmente sulla ridistribuzione della ricchezza, ma rimane silente su come rallentare l’evoluzione dei costi, in piena espansione, o galoppanti come dichiarato da Alex Farinelli (Plr/Ti). Fissare un limite del 10% potrebbe incitare gli assicurati a rivolgersi maggiormente al medico. Verrebbe meno insomma l’aspetto della responsabilità individuale, togliendo coscienza dei costi, ha sottolineato Farinelli.
Ma a far pendere la bilancia verso il ‘no’ del campo ‘borghese’ sono state anche riflessioni di stampo prettamente finanziario, giacché l’iniziativa chiamerebbe alla cassa soprattutto la Confederazione, che dovrebbe dover sborsare oltre 4 miliardi all’anno in più, ‘salvando’ i Cantoni.
Per Farinelli, inoltre, destinare mezzi supplementari alla riduzione dei premi avrebbe quale conseguenza minori fondi per altri compiti affidati allo Stato. Nel suo intervento, il deputato ticinese ha anche criticato il ricorso sempre più frequente alle iniziative popolari allo scopo di imporre al Parlamento la propria volontà, invece di privilegiare il dialogo e la ricerca del consenso.
L’iniziativa del Ps chiede che i premi dell’assicurazione malattie obbligatoria non superino il 10% del reddito disponibile. A tale scopo, la Confederazione e i Cantoni dovrebbero contribuire in misura maggiore alla riduzione dei premi. La riduzione individuale dei premi (Rip) dovrebbe essere finanziata per almeno due terzi dalla Confederazione e il resto dai Cantoni. I costi salirebbero per la Confederazione oltre i 4 miliardi di franchi.
Il controprogetto governativo prevede invece una riduzione dei costi a carico delle famiglie per ulteriori 2,2 miliardi. Il controprogetto chiede a tutti i Cantoni di destinare alla riduzione dei premi un importo corrispondente a una percentuale minima dei costi lordi dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie generati dagli assicurati domiciliati sul proprio territorio. La percentuale dipenderà da quanto graveranno i premi sul 40% degli assicurati con il reddito minore. Il contributo federale, già vincolato ai costi, resterà invece invariato. Insomma, i Cantoni dovrebbero versare più di adesso.
Circa i correttivi apportati al progetto dell’esecutivo, in primo luogo il plenum prevede che se i Cantoni sono tenuti a impegnare un importo complessivo minimo per la riduzione dei premi, devono però anche poter computare gli atti di carenza beni che assumono per premi non pagati e partecipazioni ai costi.
In secondo luogo, la Confederazione e i Cantoni devono finanziare separatamente le riduzioni dei premi per i beneficiari di prestazioni complementari (Pc).
Il modello del governo costerebbe ai Cantoni 490 milioni in più (base di dati 2020) dei quali, secondo la proposta approvata dal plenum, potrebbero utilizzare 380 milioni per l’assunzione degli atti di carenza di beni. Il finanziamento separato dei premi dei beneficiari di Pc costerebbe alla Confederazione altri 1,3 miliardi e ai Cantoni altri 800 milioni. Complessivamente, la Confederazione e i Cantoni dovrebbero quindi spendere circa 2,2 miliardi in più.