Svizzera

‘Editing genomico, siamo aperti alla discussione’

Moratoria Ogm, il Nazionale opta per una soluzione di compromesso. Markus Ritter, presidente dell’Unione svizzera dei contadini, lo sostiene. Intervista

Markus Ritter, presidente dell’Unione svizzera dei contadini
(Keystone)
2 marzo 2022
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In dicembre il Consiglio degli Stati aveva aperto uno spiraglio all’impiego in agricoltura di organismi geneticamente modificati (Ogm). Con il voto decisivo del suo presidente Thomas Hefti (Plr/Gl), la Camera dei Cantoni aveva sì deciso di prolungare di altri quattro anni la moratoria in vigore dal 2005. Una risicata maggioranza dei ‘senatori’ aveva però creato un’eccezione: dalla moratoria sarebbero rimasti fuori gli organismi modificati senza l’introduzione di materiale genetico non specifico, grazie al cosiddetto ‘editing genomico’. Il Consiglio nazionale ora frena: non dà il nullaosta all’autorizzazione di questo e di altri nuovi metodi di ingegneria genetica. Ma non chiude nemmeno la porta. Con 112 voti (Udc, Plr, Centro, Verdi liberali) contro 74 (Ps, Verdi, più qualche deputato di Centro, Verdi liberali e Udc), incarica il Consiglio federale di sottoporre al Parlamento, entro la metà del 2024, un regime di autorizzazioni basato sui rischi per le nuove tecniche di selezione che, rispetto ai metodi tradizionali, presentano un indubbio valore aggiunto per l’agricoltura, l’ambiente o i consumatori. I vertici dell’Unione svizzera dei contadini (Usc), attore cruciale nel finora ampio sostegno alla moratoria, sono stati tra gli artefici del compromesso. ‘laRegione’ ne ha parlato con il presidente, il consigliere nazionale Markus Ritter (Centro/Sg).

Signor Ritter, nemmeno il comitato dell’Usc esclude più le nuove tecniche di ingegneria genetica. Una decisione sofferta?

No, l’abbiamo presa [in gennaio, ndr] all’unanimità. Ma non si è trattato di una decisione nel merito. Non abbiamo detto: ‘È in questa direzione che dobbiamo andare’. Semplicemente, siamo aperti alla discussione su questi nuovi metodi di selezione. Per questo abbiamo stabilito una sorta di calendario fino alla metà del 2024. Prima di affrontare la questione nel merito, vogliamo sapere cosa deciderà l’Ue nel secondo trimestre del 2023. Aspettiamo poi il rapporto che il Consiglio federale presenterà in risposta a tre postulati del Parlamento. Infine, vogliamo conoscere le aspettative dei consumatori e capire quale valore aggiunto porteranno le nuove tecniche rispetto a quelle convenzionali.

L’Usc si è sempre opposta a qualsiasi ipotesi di allentamento della moratoria. Cosa vi ha fatto cambiare idea?

Anzitutto la decisione presa in dicembre dagli Stati, che non ci è piaciuta affatto. Non è accettabile aprire subito la porta alle autorizzazioni di organismi modificati con queste nuove tecniche, senza formulare adeguate condizioni quadro. Sarebbe la fine del modello di una Svizzera libera da Ogm. Fortunatamente, oggi quasi più nessuno – nemmeno tra i consiglieri agli Stati – sostiene questa decisione.

Poi c’è stato il giro di vite voluto dal Parlamento sui pesticidi.

Esatto. Nel dibattito politico attorno alle iniziative agricole [respinte alle urne nel giugno dello scorso anno, ndr], il Parlamento ha deciso di dimezzare entro pochi anni i rischi legati all’impiego di pesticidi. Abbiamo bisogno dunque di piante più resistenti, che richiedano meno pesticidi. La pressione in questo senso è enormemente aumentata. Anche per questo ci siamo detti: ok, è giunto il momento di occuparci delle nuove tecniche di ingegneria genetica. Anche le organizzazioni settoriali (della viticoltura, della frutticoltura, dell’agricoltura ecc.), così come i grandi distributori, volevano che questa discussione potesse avere luogo.

Il Nazionale vuole che entro la metà del 2024 il Consiglio federale presenti un disegno di legge volto a introdurre un sistema di autorizzazione basato sui rischi per le nuove tecniche di selezione. Tempistica a parte, non è fondamentalmente diverso da quanto chiedevano i ‘senatori’.

Diciamo solamente: affrontiamo la questione, facciamo una discussione approfondita e ampia, coinvolgendo tutti gli attori interessati. Con un calendario serio. Con l’apporto della scienza. Tenendo conto delle preoccupazioni della sinistra, degli ambientalisti e dei consumatori. E degli sviluppi sul piano europeo. Incarichiamo anche il Consiglio federale di aprire una consultazione formale di sei mesi, affinché tutti possano nuovamente esprimersi. Una volta tutti questi elementi sul tavolo, al momento opportuno, avremo gettato le basi per decidere nel merito con cognizione di causa.

Tradizionalmente, la base della vostra organizzazione è scettica riguardo a qualsiasi allentamento della moratoria in vigore. Come pensate di convincerla che la direzione che ora indicate sia quella giusta?

Serviranno tre cose. Prima di tutto, l’Ue deve attivarsi. Nel 2018 la Corte europea di giustizia ha stabilito che i nuovi metodi devono essere considerati alla stregua dell’ingegneria genetica tradizionale. Fintanto che questa resterà la norma sul piano europeo, difficilmente qualcosa si muoverà in Svizzera. Ma la Commissione europea ha annunciato per il prossimo anno una discussione politica sul tema. A quel punto capiremo meglio se le nuove tecniche vanno trattate in modo diverso dall’ingegneria genetica classica oppure no. Secondo: i consumatori devono accettare il cambiamento. Se non lo fanno, non funziona: non possiamo produrre qualcosa che le persone non vorranno acquistare. Terzo: la scienza è chiamata a fornire delle risposte in vista del dibattito che si svolgerà in Parlamento fra tre o quattro anni. A quel punto vorremo sapere se le piante più resistenti ottenute grazie alle nuove tecniche di ingegneria genetica avranno un reale valore aggiunto per agricoltori e consumatori.

‘Reale valore aggiunto’: cosa intende?

Non piccoli vantaggi. Le piante dovranno essere significativamente più resistenti. In particolare alle malattie fungine. Perché se l’impiego di erbicidi e di insetticidi può essere ridotto grazie a metodi meccanici e insetti utili che combattono i parassiti, per ridurre in modo sensibile l’uso di fungicidi abbiamo bisogno invece di specie più resistenti. Per questo contiamo su rapidi progressi della scienza.

Bio Suisse paventa il rischio che l’ingegneria genetica venga fatta entrare dalla porta di servizio, creando incertezza per i produttori e mettendo in pericolo la fiducia dei consumatori nei prodotti svizzeri. Da contadino bio, cosa replica?

Non è certo questa l’intenzione. Dobbiamo vedere come evolve la ricerca e attendere gli sviluppi sul piano europeo, per capire se i nuovi metodi possono davvero essere considerati diversi dall’ingegneria genetica classica. Non ne faccio una questione di principio. La cosa importante è che alla fine l’agricoltura nel suo complesso ne esca rafforzata. E questo avverrà soltanto se, da un lato, preserveremo la nostra capacità di esportazione e, dall’altro, manterremo la fiducia dei consumatori svizzeri.

Alcuni temono che l’allentamento della moratoria sia l’inizio della fine del modello di successo di una Svizzera libera da pesticidi. Come la vede?

Non è così, questo è sicuro. La decisione del comitato dell’Usc e quella odierna del Nazionale sono di tipo puramente procedurale: affidiamo un mandato al Consiglio federale, con un preciso termine temporale. Credo che tutti possano conviverci.

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