Svizzera

Agricoltori chiusi nella fatica di vivere

Feliciana Giussani, presidente delle Donne contadine ticinesi, sui suicidi nel settore: quando non stanno bene, gli uomini tendono a nasconderlo

(Keystone)
13 novembre 2018
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La questione del suicidio tra gli agricoltori in Svizzera è “sempre di scottante attualità”. Lo sottolinea, nel Rapporto agricolo 2018 pubblicato ieri, l’Ufficio federale dell’agricoltura (Ufag); e lo ricordano le cifre riportate domenica dalla ‘SonntagsZeitung’ (cfr. scheda a lato). Non solo queste: la piattaforma online dell’Unione svizzera delle donne contadine e rurali (Usdcr) – inaugurata il 2 ottobre 2017, vuole “motivare la popolazione della zona rurale a occuparsi tempestivamente dei problemi e a cercare soluzioni adeguate con il sostegno di esperti” – registra in media una richiesta alla settimana (non tutte collegate, direttamente o no, con un disagio psico-fisico) e, nel corso del primo anno di attività, il numero degli accessi ha subito un’impennata, indica l’Ufag precisando che “esaurimento e sovraccarico sono tra i motivi della ricerca di sostegno”. ‘laRegione’ ne ha parlato con Feliciana Giussani, che assieme ai familiari gestisce un’azienda agricola a Chiggiogna, in Leventina, e dal 2004 presiede l’Associazione donne contadine ticinesi.

Signora Giussani, ha già vissuto l’esperienza di un familiare, un amico o un collega agricoltore che si è tolto la vita?

No, non in prima persona.

Tra il 1991 e il 2014 447 agricoltori (su un campione di 90mila) sono morti suicidi; e le probabilità che un agricoltore di sesso maschile si tolga la vita sono del 37% superiori alla media. Cosa ne pensa?

Mi sembrano numeri e percentuali elevati. Ma di stress e burn-out [esaurimento, ndr] se ne parla da tempo. Ricordo ad esempio che nel 2015, in un articolo apparso su una rivista specializzata, si diceva che le lunghe giornate di lavoro e il carico amministrativo, tra le altre cose, sono fonte di stress e burn-out per i contadini e – di conseguenza – possono portare al suicidio. Oltre alla stanchezza fisica e psichica, anche le difficoltà finanziarie rappresentano un fattore che pesa non poco.

Il responsabile del servizio di assistenza telefonica dedicato ai contadini ha dichiarato che le chiamate di agricoltori esausti e disperati stanno aumentando. Questa è la realtà Oltralpe. In Ticino?

Del tema si è parlato in seno all’Unione svizzera delle donne contadine e rurali. Qui in Ticino, almeno come Associazione donne contadine ticinesi, non ricordo di aver mai ricevuto telefonate di persone davvero disperate. Ci sono state telefonate di persone che stavano vivendo un divorzio, ma il problema in questi casi era un altro. Nelle riunioni tra noi donne contadine, quasi sempre è la parte positiva che prevale. Forse per gli uomini è diverso: purtroppo, quando succede qualcosa o non stanno bene, tendono a nasconderlo. A meno di essere vicini di casa, o di avere una grande confidenza con loro, difficilmente si riesce a parlare di queste cose. E poi, nei casi di suicidio, talvolta perfino chi vive assieme a qualcuno che si è tolto la vita non è riuscito a capire come stavano davvero le cose e a comunicare con la persona che soffriva.

Spesso le richieste di aiuto giungono troppo tardi. Perché, a suo parere?

Difficile dirlo così, in generale. Bisognerebbe capire com’è andata in ogni singolo caso: vedere se la persona era da sola, o se aveva problemi in famiglia, se magari aveva fatto il passo più lungo della gamba, e così via... Nell’agricoltura il reddito medio non è certo elevato, tante famiglie contadine hanno problemi finanziari. In molti casi la manodopera scarseggia, per cui bisogna acquistare più macchinari, indispensabili ma allo stesso tempo costosi. E a volte si finisce con l’accumulare debito su debito: si crea un circolo vizioso, dal quale è difficile uscire. Per questa ragione è importante che chi è in difficoltà su questo piano si lasci aiutare ad allestire dei preventivi, a tenere i bilanci.

Dicevamo, la stanchezza fisica e psicologica: quanto incide?

È un fattore importante. Per un agricoltore che non ha personale, o non ne ha a sufficienza, oppure che è da solo – cioè, se non ha una moglie o altri familiari che gli danno una mano –, la giornata è lunga e faticosa, soprattutto se ha del bestiame: sveglia alle 4-4.30 per andare a mungere, e poi avanti, avanti... fino alle 20 circa. Uno torna a casa la sera ed è talmente stanco che non ha nemmeno più voglia di uscire, di vedere qualcuno, di partecipare alla vita associativa: non c’è più tempo libero. E se non può contare su un aiuto in famiglia o non ha manodopera, un agricoltore non può neanche ricavare quel paio di giornate ogni tanto che gli permetterebbero di staccare la spina.

A tutto ciò si sommano gli oneri burocratici, in aumento: quanto pesano?

Anche questi contribuiscono a rendere più faticoso il mestiere di agricoltore. Oggi bisogna rendere conto di ogni minima cosa. Non dico che sia sbagliato registrare quel che facciamo, ma esiste sicuramente un margine di manovra per snellire tutta questa burocrazia. Le consulenze cantonali in ambito agricolo e sociale, linee telefoniche ad hoc, la stessa piattaforma dell’Usdcr...

Le possibilità di trovare aiuto non mancano, anche se magari non sono note a tutti. Da quasi tre anni nel Canton Vaud è attivo ‘Sentinelle Vaud - Promotion de la vie’, servizio di prevenzione del suicidio in ambito agricolo che si basa sull’attività di ‘sentinelle’, ovvero veterinari, controllori ecc. formati per riconoscere e gestire situazioni critiche. Un’estensione di questo sistema al Ticino sarebbe auspicabile?

Ripeto: qui in Ticino mi sembra che la situazione non sia così preoccupante come nel resto della Svizzera. Ma è chiaro che qualsiasi progetto che possa aiutare a individuare situazioni a rischio e favorire la presa a carico merita di essere vagliato con attenzione per capire se può rispondere anche alle esigenze specifiche degli agricoltori di questo cantone.

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