Tennis

Il Ticino va in campo con il piccolo Preonzo e una valanga rosa

Quattro squadre (una maschile, tre femminili) giocheranno le finali nazionali Interclub junior. Margaroli: “Buon numero, ma per il futuro preoccupa il calo di tesserati”

Preonzo U15 - coach Carlo Valsecchi
20 ottobre 2018
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Quella pallina che ha dato il punto decisivo, e le molte emozioni che ne sono seguite, tanti la avranno sognata senza magari nemmeno osare sperare di giocarla e viverle un giorno. Per i giovani svizzeri armati di racchetta, Winterthur è l’obiettivo da provare a centrare almeno una volta lungo il proprio percorso sportivo. È lì, nella città zurighese, che le migliori quattro squadre nazionali nelle categorie U18, U15 e U12 maschili e femminili (classifica R4-R9), disputano la fase finale dell’Interclub junior. Questa stagione sono quattro i team ticinesi qualificati. «Potevano essere un paio di più – dice Riccardo Margaroli, vicepresidente Associazione regionale Tennis Ticino (Artt) e responsabile settore junior –, ma è un buon numero».


Tanti club, forze disperse
La competizione che richiama l’ormai archiviata Coppa Davis (si gioca in singolare e in doppio; alternando casa o trasferta), è voluta come «giusta finalità della crescita della scuola tennis di una società». È questo il significato di un torneo che – e qui sta un grosso equivoco da parte di parecchi, se non tutti, gli attori: giocatori, genitori, allenatori, le stesse società – viene erroneamente visto come lo sbocco dei settori agonistici. Con l’Interclub, aperto ai classificati non più su di R4, «la Federazione svizzera pensa alla fascia media cui dare la possibilità di giocare; e non alla punta. La punta, cioè i migliori, deve guardare ad altro, magari anche ai tornei internazionali».
In tal senso «ben venga, certo», una presenza come quella della squadra ragazzi U15 del Tc Preonzo, club bellinzonese che porta per la prima volta una formazione alle finali nazionali. «La partecipazione di un piccolo club è positiva, come positive sarebbero quelle di altre società in futuro». Il fatto che a Winterthur arrivino spesso gli stessi nomi, è «invece falsante del movimento ticinese».
Movimento (da intendersi ragazzi con licenza Swiss Tennis) che non sta benissimo: «Sono un po’ preoccupato, specie per la categoria U10: le bambine (9) non sono mai state così poche, i maschi non sono molti di più. Qualcuno potrebbe aggiungersi entro un paio d’anni, poiché di norma i tesserati aumentano tra U10 e U12; ma non saranno cifre stratosferiche». E poco consola il fatto che i numeri calino in tutta la Svizzera. «È un andamento altalenante, difficile capire da cosa dipenda. I successi di Federer e Wawrinka? Non mi pare abbiano influito in maniera considerevole, altrimenti avremmo dovuto vedere esplodere le partecipazioni ai tornei, però così non è stato». Il problema non sembra essere nella quantità di bambini che si avvicinano alla disciplina. Le scuole tennis «sono ben frequentate, poi pochi passano all’agonismo. Il perché, francamente, non so dirlo». Un’occasione per invertire la tendenza potrebbe darla “Kidstennis”; progetto di Swiss Tennis che in Ticino è affidato a Kevin Volentik. «Lo scopo è avvicinare a questo sport i bambini e, forse soprattutto, i genitori; attraverso molteplici attività, nuovi esercizi, prove interattive. Ma la Federazione ticinese non obbligherà nessuna società ad aderire: lavoreremo con chi ci sta».
Se per la quantità non c’è da stare troppo allegri, meglio non va per la qualità. «I giovani ticinesi che arrivano a un livello elevato (classifica R1 in su) sono pochi, rispetto al resto della Svizzera. Uno dei motivi è che Oltralpe ci si confronta maggiormente con ragazzi di altre regioni; mentre da noi si fatica a uscire dai confini. Un’altra ragione è l’elevata, direi eccessiva, frammentazione e dispersione di forze e competenze». Per una popolazione paragonabile a quella di un quartiere di Milano, in Ticino ci sono 43 club e centri; «contro i tre, quattro, massimo cinque che si possono trovare in un settore di una grande città».
Gli effetti di una considerevole presenza di società su un piccolo territorio, si fanno sentire anche sull’Interclub. Non tutte le società hanno un numero sufficiente di giovani per comporre le squadre; a maggior ragione che più si sale di categoria e più giocatori servono. La prassi di ‘pescare’ altrove per formare o rinforzare la propria compagine «la reputo giusta e corretta, se all’interno della realtà ticinese. In questo modo si dà l’opportunità di giocare anche a quei giovani senza squadra, perché nel proprio club mancano coetanei. Il problema nasce quando si prendono tennisti da oltre confine. Succede in particolare con l’Italia, ma vi sono casi di giovani di altre nazionalità cui ricorrono club che pure hanno giocatori a sufficienza». L’Artt non ha autorità d’intervenire: l’unica condizione per partecipare all’Interclub è possedere la licenza Swiss Tennis; mentre la nazionalità non conta. «Ricorrere o meno a juniores che nel resto dell’anno non si allenano con il proprio club, sta al giudizio e al senso morale e sportivo delle singole società». Criteri che non di rado finiscono per essere secondi a un «peraltro discutibile» supposto prestigio, che sarebbe quello di qualificare sempre una propria squadra a tutti i costi.

Ragazze più in palla a livello svizzero

Tre delle quattro squadre qualificate alle fasi finali sono nelle categorie femminili. «Ciò non sorprende – afferma Riccardo Margaroli –. Da diversi anni, a livello svizzero, le giovani ticinesi giocano meglio rispetto ai coetanei. Va detto che fra le donne è più facile emergere, mentre nel settore maschile la concorrenza è maggiore e più forte. Da noi, inoltre, le ragazze spesso si allenano con i maschi e ne traggono un vantaggio. I ragazzi, per contro, hanno meno possibilità di prepararsi con qualcuno di molto più forte». Da un paio d’anni il Ticino non riesce invece a portare nessuna squadra U18. «Abbiamo ragazzi abbastanza forti, che però non possono giocare l’Interclub junior perché hanno un ranking troppo alto. Il problema, semmai, è che in questa fascia d’età si verifica una riduzione numerica di giovani di media classifica, calo che in Svizzera interna appare meno evidente per una semplice questione di massa critica».
Il percorso che porta a Winterthur in Ticino inizia a metà agosto con i gironi regionali, per proseguire con i tabelloni nazionali a eliminazione diretta. Il calendario potrebbe essere modificato, anticipando le prime partite a fine giugno, come suggerito da alcuni coach; proposta che sarà sottoposta alle società attraverso un sondaggio. «Ogni data accontenta alcuni e scontenta altri. Giugno avrebbe il pregio di consentire ai giovani di arrivare più allenati di quanto non siano generalmente a fine estate».

Collaborare tra società per portare più in alto i giovani

L’Interclub junior è una competizione con un obiettivo sociale verso il basso. Ecco perché vi partecipano i classificati al massimo R4. per farsi un’idea, i giocatori con licenza Swiss Tennis sono ripartiti in base al loro livello in 4 categorie di gioco nazionali (da N1 a N4) e in 9 regionali (da R1 a R9). La proposta di alcuni allenatori di ammettere anche gli R3, non trova Margaroli completamente d’accordo. «Si finirebbe per lasciar fuori gli R6 e non è quel che Swiss Tennis vuole. Per i più forti le possibilità di giocare sono numerose, al di fuori di un torneo a squadre che potrebbero comunque vivere in altri modi non meno importanti e coinvolgenti: fungendo da capitani dei team o facendo da sparring per allenare i compagni. Ritengo che dal punto di vista competitivo, l’obiettivo dei giovani migliori debba essere iniziare a confrontarsi con altro e altri. Andando ad esempio fuori cantone per incontrare volti diversi e affrontare situazioni nuove. Per crescere, come sportivi e persone, bisogna uscire dalla propria zona comfort». Oltre che poter contare su strutture valide, che ne ottimizzino e aiutino l’evoluzione, «la soluzione ideale sarebbe far confluire i più validi e talentuosi del cantone in alcuni, pochi, club. Ciò permetterebbe di concentrare i ragazzi di pari livello nella preparazione», con l’intento di portarne un numero sempre maggiore in alto in classifica. E con ‘in alto’ si parla «di N4-R1».
Musica, semmai, di un futuro al momento difficilmente immaginabile. «Il problema è uno: il campanilismo». Se oggi la situazione appare impossibile da scardinare, l’alternativa «sono le collaborazioni tra società. Alcune hanno cominciato, prevedendo allenamenti in comune tra junior di pari valore». Da questo punto di vista Artt non ha facoltà d’imporre nulla alle società, ma può provare a incentivare le cooperazioni, «a cui esse non devono guardare col timore che un’altra porti via i propri atleti migliori».

 

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