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Almere, la squadra della città che non esisteva

Costruita su un'isola artificiale negli anni 70, quando Ajax e Feyenoord avevano già vinto la Coppa Campioni, il 13 agosto debutterà in Eredivisie

Tifosi dell’Almere in festa per la promozione
(Keystone)
28 luglio 2023
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L’Almere City Fc giocherà per la prima volta nell’Eredivisie, la prima divisione del calcio olandese. Nel 2010, anno in cui la Nazionale arrivò in finale ai Mondiali (perdendo con la Sapgna), la squadra aveva ancora un nome da negozio sottocosto di elettronica, Omniworld. Nel 2000 la società – fondata un anno più tardi – nemmeno esisteva. A dirla tutta, nella prima metà degli anni Settanta, quando il Feyenoord di Ernst Happel e l’Ajax di Johan Cruijff dominavano il calcio europeo, non esisteva nemmeno la città.

Atlantide al contrario

Almere è una sorta di Atlantide al contrario, non sommersa, ma strappata al mare. Fino al 1970 non ci viveva nessuno, anche perché non c’era nemmeno un fazzoletto di terra abbastanza stabile da posarci delle fondamenta. Nel 1972 ci vivevano in 52: erano quelli che la stavano costruendo. Nel 1975, anno ufficiale di fondazione, gli abitanti erano 47, nel 1980 erano saliti a seimila, eppure Almere non aveva nemmeno lo status di Comune, ottenuto solo nel 1984. Oggi, con 215 mila abitanti, è l’ottava città più popolosa del Paese.

Provare a capire come diavolo sia venuta fuori Almere è un po’ come fare un corso accelerato sui Paesi Bassi e sul loro modo di rapportarsi al mare. La città sorge sull’isola artificiale creata dall’uomo più grande del mondo, che si chiama Flevopolder: misura 970 chilometri quadrati, che per dare un’idea è un terzo del Ticino e tre volte la superficie di Malta. I polder – nome olandese che non viene tradotto – sono quei tratti di mare asciugati attraverso la costruzione di una diga, e che spesso fanno sì che la terra si trovi sotto il livello del mare.

Quando vedete circolare su internet quei video e quelle foto che sembrano l’evoluzione dei quadri di Escher, con l’acqua sopra e le auto sotto, stiamo vedendo gli effetti di un polder. Nel caso del Flevopolder, la terra ha rubato spazio all’IJsselmeer (che si scrive proprio così con l’IJ maiuscola, visto che si tratta, nell’alfabeto locale, di una lettera sola), il lago artificiale separato dal Mare del Nord da una diga lunga 32 chilometri, l’Afsluitdijk.

Pensare fuori dagli schemi

Almere, proprio per il fatto che è nata dal nulla, è stata ed è ancora una città-laboratorio dove sperimentare soluzioni abitative: così è nato il quartiere di Regenboogbuurt, un insieme di case sull’acqua tra cui spiccano tre palazzi rossi chiamati Rode Donders, che ricordano i granai olandesi.

C’è poi De Fantasie, un quartiere progettato nel 1982 il cui design attira architetti e appassionati di tutto il mondo, case con piante triangolari, un uso sfacciato del vetro, del legno e di altri materiali, colori accesi e una capacità di integrare l’ambiente circostante che all’epoca, in pieno boom edilizio veniva preso in giro.


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Le case-silos simbolo della città

Altro quartiere che ha lasciato e lascia ulteriormente spazio all’immaginazione di chi va ad abitarci è l’Homeruskwartier, dove circa mille abitazioni (su oltre tremila) sono state create dai loro proprietari praticamente senza vincoli: e quindi puoi trovare una casa in legno che sembra una grande sauna finlandese accanto a muri bianchissimi come quelli delle isole greche, finestre rotonde o messe in diagonale.

La fantasia quindi, pensare fuori dagli schemi, cavare qualcosa di buono letteralmente dal niente: così ha fatto chi, nel 2010, ha preso l’Fc Omniworld, gli ha cambiato nome e poi, con fatica, l’ha portato nel calcio professionistico. Ad Almere c’era (e c’è ancora) una squadra di football americano, i Flevo Phantoms. E c’era anche il calcio, ma a livello amatoriale: la squadra si chiamava De Zwarte Schapen, ovvero la Pecora Nera, che non era il soprannome, si chiamavano proprio così. Era una squadra di Amsterdam che dopo una serie di guai in campo e fuori si era spostata nella più tranquilla Almere, ma non c’era ambizione. L’Omniworld nasce da lì, e da lì aveva preso ispirazione per il suo simbolo che era un muflone bianco. Oggi sullo stemma dell’Almere c’è invece un uccello stilizzato e il bianco-malva dell’Omniworld è stato sostituito da una divisa rossonera, proprio per segnare la discontinuità con il passato.


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La birra allo stadio non manca

Tuttavia i primi passi nel professionismo erano stati fatti proprio dall’Omniworld accettato nella Eerste Divisie (la seconda serie olandese): un inizio non proprio sfolgorante, con la prima storica partita in casa, il 12 agosto 2005, rimandata perché il terreno artificiale non aveva retto la pioggia. Iniziarono una settimana in ritardo con una sconfitta per 2-0 con l’Fc Eindhoven e chiusero la stagione al penultimo posto. Insomma l’Omniworld era una squadra sonnolenta di un luogo sonnolento, in cui il massimo del brivido lo davano gli architetti dei quartieri più eccentrici.

Nel 2010-2011, primo anno con il nome di Almere City, inizia perfino peggio, con una sconfitta per 12-1 contro lo Sparta Rotterdam (l’attaccante Johan Voskamp, che debuttava quel giorno, segnò otto reti). La squadra chiude ultima con 25 punti. Si salverà solo grazie alla bancarotta dell’Rbc Roosendaal che viene retrocesso al suo posto e infine sciolto.

Nomi e cognomi

Nel 2016 i dirigenti presentano un piano quinquennale, che prevede l’ampliamento dello stadio e una partnership con Vantage AI, un centro di analisi dati che suggerisce i giocatori da comprare e tagliare sulla base delle statistiche. L’approccio, all’avanguardia, ci metterà un po’ più di cinque anni per funzionare. Nel frattempo entrano ed escono dalla rosa nomi che a un orecchio italofono sembrano più che consigliati, generati casualmente da un’intelligenza artificiale, come nei giochi per il computer che non avevano comprato i diritti. E quindi ecco Delvechio Blackson, Anass Ahannach, Tim Receveur, Radinio Balker, Torino Hunte, Jearl Margaritha, Marcelencio Esajas.


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La festa promozione dei giocatori

In rosa, l’anno scorso, ovvero nella stagione della scalata alla Eredivisie, è entrato anche Jochem Ritmeester van de Kamp, il cui cognome infinito faticherebbe a stare sulle maglie (un po’ come accadeva alle divise indossate a suo tempo da un altro olandese, con caratteri minuscoli e il cognome tagliato o che arrivava sino alle maniche, si chiamava Jan Vennegoor of Hesselink), dove comunque nomi dei giocatori non ce ne sono, c’è quello dello sponsor: Kroonenebrg Groep.

Vendette e rigori

Giocatori all’altezza di un salto di qualità ne passano pochissimi, il più noto è Vincent Janssen, che giocherà poi nell’Az Alkmaar, nel Tottenham e in Nazionale. La differenza la porta un allenatore, Alex Pastoor, arrivato nel dicembre del 2021 in mezzo a una stagione disgraziata poi chiusa al 14esimo posto. In un anno costruisce dal nulla una squadra, proprio come accaduto per la città. L’Almere entra ai play-off da terzo in classifica, batte 3-1 nei quarti di finale, ai supplementari, l’Fc Eindhoven, la stessa squadra che gli aveva inflitto la prima sconfitta tra i professionisti e fatica ancor più in semifinale contro il Venlo, dove ha la meglio in una serie ai rigori in cui ne vengono sbagliati in totale sei su otto, gli unici due finiti nella rete sono dell’Almere. In finale invece è tutto facile contro l’Emmen: 2-0 all’andata, 2-1 al ritorno. Il 13 agosto, 18 anni e un giorno dopo il loro debutto tra i professionisti rinviato causa campo allagato, l’Almere e Almere entreranno ufficialmente in un’altra mappa, quella della Eredivisie.


Wikimedia
Il nuovo simbolo della squadra

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