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Südtirol, la squadra di calcio che fa concorrenza all’hockey

Viaggio fra le realtà sportive di una regione davvero speciale, dove convivono – tutto sommato in armonia – idiomi, culture e passioni assai differenti

In sintesi:
  • Da un paio d'anni nel torneo cadetto in Italia c’è una squadra, il Südtirol, che rappresenta un’intera regione in cui convivono diverse anime culturali e linguistiche
  • La compagine bolzanina deve però fare i conti con la concorrenza rappresentata dal locale club di hockey, sport che in quella zona va per la maggiore

L’anno scorso la più ‘tedesca’ delle squadre di calcio italiane quasi arrivava alla Serie A: il sogno si interrompeva infatti soltanto a un passo dalla finale playoff, che sarebbe poi stata vinta dal Cagliari. E oggi il Südtirol – il club di cui parliamo – continua a navigare in acque tranquille, fuori dalla zona retrocessione e a ridosso dell’ottavo posto che significherebbe nuovamente spareggi per la massima serie. Mica male, per un club nato soltanto nel 1995 e arrivato tra i professionisti nel 2000.

Il Südtirol davvero si distingue nel panorama calcistico italiano. Gioca le partite casalinghe nello storico stadio Druso di Bolzano, da poco rinnovato e trasformato in un gioiellino. A pochi chilometri, il suo centro di allenamento è a dir poco eccezionale: la Nazionale tedesca lo ha infatti utilizzato per il ritiro pre-Mondiale nel 2018.

Debiti è una parola che qui non si vuole sentire né in tedesco né in italiano, e nemmeno in ladino, la terza lingua più parlata da queste parti. Soltanto alla seconda stagione di B, l’ambizione più grande è, perché no, la Serie A.

Convivenza e plurilinguismo

L’identità della squadra – nata a Bressanone (comune a maggioranza di madrelingua tedesca) e trasferita a Bolzano (città per due terzi di lingua italiana) – si sta costruendo pian piano, nonostante alcune controversie. Sul sito ufficiale si trova scritto: “Come indica il nome, il Fc Südtirol non rappresenta una singola città, bensì fa da ambasciatore per un’intera provincia: l’Alto Adige! Il Fcs – così viene chiamato dai propri supporter – è un modello di integrazione per i tre gruppi linguistici presenti in Alto Adige, e lo stadio è un punto d’incontro per tifosi di madrelingua italiana, tedesca e ladina che hanno un solo obiettivo: incitare la propria squadra!”.

Il Südtirol, come detto, ha una storia piuttosto recente. Nasce nel 1995 dall’acquisizione da parte di una proprietà di madrelingua tedesca dell’Sv Milland, piccolo club rionale di Bressanone. Il Fc Südtirol-Alto Adige (questo il nome agli albori) aveva iniziato dalla categoria Promozione. Nel 2000, con in panchina mister Giuseppe Sannino (che oggi allena il Paradiso, in Prima Lega Promotion), raggiunse il professionismo e operò il trasferimento a Bolzano, allo stadio Druso.

Fare calcio ad alto livello a Bressanone non è semplice, banalmente anche per via dei terreni ghiacciati su cui si deve giocare nei mesi invernali. E così il Fc Südtirol-Alto Adige si sposta, perdendo nel frattempo la seconda parte del nome, quella in italiano. Lo stadio Druso ha visto vincere tappe del Giro d’Italia a Fausto Coppi, qui il vecchio Bolzano ha raggiunto la B negli anni Quaranta.

Insomma, nella città ‘italiana’ l’arrivo della squadra ‘tedesca’ viene visto all’inizio con parecchia diffidenza, i dirigenti però vanno avanti per la loro strada, ottenendo risultati su risultati. Nel 2018 viene inaugurato ad Appiano, sulla Strada del vino, l’FcsCenter. Due anni prima era stato fatto un lifting al logo, che ora – di primo acchito – assomiglia a quello del Bayern Monaco, e dove non appare la scritta Alto Adige, ma quella di Bolzano-Bozen.

Qualche anno fa in città gli appassionati di sport – e qui se ne fa e se ne segue davvero tanto – si chiedevano la domenica al bar cosa avesse fatto l’Alto Adige, mentre oggi quella dicitura sembra un po’ sorpassata dagli eventi. La Rai regionale – così come il quotidiano locale Alto Adige – ormai chiamano la squadra, magari anche solo per brevità nei titoli, Südtirol. E tanti ora la nominano proprio in questa maniera.

Il Druso tiene 5’520 posti, l’anno scorso ha avuto mediamente 4’429 spettatori, diciannovesima squadra su venti a livello di presenze, in una provincia (appunto quella autonoma di Bolzano) che fa circa 530mila abitanti... “in pacifica convivenza tra diversi gruppi linguistici. Alle lingue ufficiali tedesco, italiano e ladino, si sono nel frattempo affiancate numerose lingue straniere”, recita il sito ufficiale della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige.

Il calcio nella terra dell’hockey

Da queste parti lo sport è protagonista assoluto, soprattutto quello invernale, e infatti spesso la domenica si va sulla neve, magari informandosi tramite il telefonino sull’esito delle partite nella varie discipline, ma senza dunque seguire il match dal vivo. Di questi tempi, invece, l’effetto Jannik Sinner, che è nato a Sesto (il comune più orientale della regione), sta trasferendo parecchio entusiasmo al tennis. Qui è comunque forte anche la pallamano, e va citata anche la Boxe Nicotera, società pugilistica attenta ai valori di aggregazione e integrazione. Ma, soprattutto, c’è ovviamente l’hockey su ghiaccio.

In questa zona la squadra storica è l’Hockey Club Bolzano, che l’anno scorso ha compiuto 90 anni. Dopo aver vinto diciannove scudetti in Italia, da oltre 10 anni gioca in Ice Hockey League, torneo a cui partecipano formazioni italiane, austriache, slovene, ungheresi e – nel recente passato – anche croate, ceche e slovacche. Per due volte, il sodalizio bolzanino è riuscito a conquistare anche questo torneo transfrontaliero.

L’hockey è lo sport più importante di questa città in cui nemmeno la serie B del calcio riesce a suscitare lo stesso interesse. Esiste peraltro una sorta di rivalità tra il calcio e l’hockey: durante le partite dell’Fc Südtirol contro il Venezia, appaiono regolarmente nella curva lagunare striscioni di un gruppo di ultras dell’Hockey Bolzano a favore appunto del Venezia, club con cui sono gemellati da anni, e dunque contro la squadra di calcio della loro stessa città, che evidentemente non sentono propria.

L’altra squadra bolzanina

In città poi esiste un’altra squadra di pallone, l’Ac Virtus Bolzano, che nasce nel 2015 dalla fusione tra Fc Bolzano 1996 (erede dello storico Ac Bolzano, arrivato come detto fino alla B) e As Virtus Don Bosco.

Il presidente del club, che sta vivendo una stagione difficile in Serie D, è Robert Oberrauch, nome tedesco ma di madrelingua italiana, ex bandiera proprio dell’Hockey club Bolzano. L’allenatore è Alfredo Sebastiani, che nel 2019 stava portando il club addirittura in Serie C. Sebastiani – che ha lavorato in passato anche nel Südtirol – partendo dal settore giovanile è arrivato fino in prima squadra. Nel 2010, con in rosa ben nove ragazzi cresciuti nel vivaio, ha vinto il campionato di serie C2, primo grande successo professionistico del sodalizio.

«Allora il Südtirol non era paragonabile a ciò che è diventato oggi a livello di strutture e tutto il resto, ma si lavorava già benissimo – racconta a laRegione l’allenatore, che è di origini abruzzesi ma da tanti anni è residente a Bolzano –. I dirigenti si sono sempre comportati con serietà, dimostrando lealtà nei confronti di chi dà sempre tutto per il club».

La Virtus Bolzano avrebbe diritto di giocare al Druso, ma ha lasciato l’uso del campo al Südtirol e ora si allena e disputa le gare casalinghe sul terreno sintetico del campo Righi-Internorm Arena, a cinque minuti d’auto dallo storico stadio.

I protagonisti

Il capitano del Südtirol è Fabian Tait, nato in provincia nel 1993, e residente in città dal 2014. Prima di lui, il capitano era Hannes Fink, ora diventato direttore tecnico. È facile che anche Tait rimarrà in seno alla società, una volta appese le scarpe al chiodo. Qui tutti sembrano avere rispetto per le bandiere. Meno fedeltà, come del resto un po’ ovunque, è riservata invece agli allenatori, seguendo una famosa regola non scritta del calcio: se la squadra non va bene, si cambia.

Il campionato di Lega Pro è stato vinto con in panchina Ivan Javorčić, tecnico croato che dal Supercorso di Coverciano è uscito con l’aura del predestinato, come fece in precedenza anche De Zerbi, ora al Brighton. Oggi Javorčić è il secondo di Igor Tudor, alla guida della Lazio. Vinto il campionato dei record col tecnico croato, ci fu poi la risoluzione consensuale del contratto, perché per lui c’era infatti pronto un triennale col Venezia.

Prima di lui – in panchina – qui erano passati Paolo Zanetti e Stefano Vecchi, allenatori altrettanto ben preparati. L’estate della storica promozione in B, mister Lamberto Zauli – ex giocatore con moltissime presenze in Serie A – aveva passato il testimone al suo vice Leandro Greco, il quale però, dopo tre sconfitte in altrettante gare, fu sostituito da Pierpaolo Bisoli, poi capace di portare la formazione a pochi passi dalla Serie A.

Un po’ di Svizzera

Ora sulla panca del Südtirol c’è un allenatore svizzero che possiede anche il passaporto italiano: si tratta di Federico Valente, nato nel 1975 a Soletta da genitori calabresi. Ha costruito tutta la sua carriera di calciatore nella Confederazione: fu infatti portiere del Thun, dell’Aarau, del Wohlen e del Grenchen a cavallo degli anni Novanta e Duemila.

Dopo aver lavorato nelle giovanili di Lucerna, Zurigo e Friborgo, l’estate scorsa è stato ingaggiato dal Südtirol per guidare la formazione Primavera, proprio nei giorni in cui la prima squadra stava per compiere l’impresa di eliminare il Bari nella semifinale playoff.

Sulla panca della Primavera, però, è rimasto solo per pochi mesi, durante i quali la sua formazione si comportò benissimo da matricola del campionato giovanile più prestigioso. Perché a dicembre, infatti, la società ha esonerato Bisoli: forse, si dice, si era rotto qualcosa all’interno dello spogliatoio. Cinque sconfitte nelle ultime sei partite e tredicesimo posto in classifica con 17 punti in 15 giornate il bilancio di Bisoli. E il sostituto, come detto, è stato trovato in casa.

«A inizio stagione abbiamo disputato l’ormai tradizionale amichevole tra la Virtus Bolzano e la Primavera del Südtirol – continua Sebastiani –. Ho capito in quel momento che Federico Valente è uno che lavora bene. La sua squadra Primavera era bene organizzata, propositiva, e aveva una gran voglia di giocare a calcio. In tutte le zone del campo riusciva a portare due uomini contro uno dei nostri. Non mi stupisce, dunque, che oggi stia facendo così bene in Serie B».

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