CALCIO

‘C’è una Coppa da fotografare’: il gioioso assalto a Cornaredo

Migliaia di tifosi alla festa in onore dell’Fc Lugano, tra autografi e selfie con giocatori, staff e trofeo. Dalle 13.30 alle 17.30 un’interminabile fila

Non esiste sacrificio che non si sia disposti a sopportare, per la squadra del cuore. Lo hanno senza dubbio pensato tutti quei tifosi giunti a Cornaredo per festeggiare, assieme a giocatori e staff tecnico, la conquista della Coppa Svizzera e ritrovatisi dalla parte sbagliata di una coda interminabile. Anziani che hanno già vissuto il trionfo del 1968, quello dei Luttrop, Simonetti, Prosperi, Lusenti, Pullica, Coduri, Gottardi, a fianco di ragazzini che nemmeno erano nati quando nel 2016 il Lugano di Zdenek Zeman aveva ingoiato un boccone amarissimo contro lo Zurigo. E con loro donne, bambine e persone di ogni classe d’età, ordinatamente in fila lungo il corridoio alle spalle della tribuna Monte Brè (scelta non casuale visto che lì, per fortuna, nel pomeriggio non batte il sole). Una lunga fila di tavoli, invece, ospita giocatori e staff dell’Fc Lugano, pronti a ringraziare a loro volta i tifosi per il grande sostegno durante la finale di domenica, sostegno inusuale per la squadra bianconera e che ha senz’altro avuto un influsso positivo nelle dinamiche alla base del trionfo contro il San Gallo.

Gli organizzatori avevano previsto l’inizio della manifestazione alle 13.30 e la conclusione alle 15.30, quando Sabbatini e compagni si sarebbero dovuti recare all’allenamento, perché – non va dimenticato – la stagione non è ancora finita e giovedì sera a Cornaredo arriverà lo Zurigo campione svizzero, per una sorta di Supercoppa che Mattia Croci-Torti vuole senza dubbio onorare. Ma si capisce immediatamente che sarà impossibile rispettare la tabella di marcia, la coda sembra alimentarsi da sola, senza soluzione di continuità. Alle 17 non si è ancora esaurita e l’allenamento, ovviamente, è accorciato (dalle 17.30 alle 18.15). A separare chi ancora sta fuori da chi è finalmente giunto all’interno del corridoio transennato e quindi al cospetto dei propri beniamini, un solerte agente di sicurezza che consegna a ognuno un poster della squadra. Poi, via a raccogliere le firme dei protagonisti, a scambiare due parole con Daprelà o Saipi, a scattare un selfie con Bottani o Custodio, a farsi autografare il poster, ma pure la maglia, la sciarpa, addirittura un pallone da volley. E nell’ultimo tavolo, il più richiesto di tutti: Mattia Croci-Torti, sempre disponibile per una firma, una pacca sulle spalle, una foto con i tifosi accanto alla Coppa Svizzera che fa bella mostra di se alla fine del corridoio. Sembra tarantolato, il mister bianconero: si siede, firma, si alza, foto, si risiede, si rialza e così via per tutto il pomeriggio. Sembra tarantolato, ma nei suoi occhi si legge la fierezza per l’impresa portata a termine e la gioia di condividere questo momento speciale con i suoi amati tifosi.

Tra le prime persone ad aver incontrato staff e giocatori c’è il signor Piero. «Sono qui perché voglio partecipare a questa manifestazione per ringraziare la squadra – ci dice –. Non posso mancare, sono sempre stato alle finali di Coppa, ma non questa domenica: ormai ho 90 anni». Piero è figlio del presidente Demetrio Bottani: con lui i bianconeri hanno vinto il campionato due volte. «Sono tifoso praticamente da sempre». Chi è il suo giocatore preferito? «C’è Mattia, ma non siamo parenti». Riguardo al futuro, Piero sostiene che «siamo finiti in buone mani, anche se perderemo validi giocatori».

Il Consigliere agli Stati, e presidente dell’Udc svizzera, Marco Chiesa è a Cornaredo «perché sono un tifoso, e mio papà ha vinto la Coppa nel ’68, e per accompagnare i miei figli». Domenica Chiesa è stato a Berna, ma a tempo parziale. «Ho visto i primi 5’, e quindi il gol dell’1-0, poi sono dovuto tornare al Medienzentum di Palazzo federale per l’arrivo dei risultati delle votazioni. Ma ero trepidante mentre seguivo la partita sui mezzi pubblici». Il preferito di Chiesa? «Maric, mi auguro non molli».

Il vicesindaco di Lugano Roberto Badaracco ha raggiunto Cornaredo per salutare la squadra. «È bellissimo vedere così tanti bambini e famiglie. È proprio un momento di festa per tutti».

Incrociamo proprio Mijat Maric in una pausa tra una firma e l’altra. Com’è stato entrare sul terreno da gioco del Wankdorf e vedere la curva bianconera? «Da pelle d’oca – ci dice il numero 5 bianconero –. Berna non è proprio dietro l’angolo e vedere 10mila persone ci ha dato molta carica».

In fila per l’ambito autografo troviamo anche Elora. «Ero a Bucarest e sono tornata prima per andare a Berna a vedere la finale: è stata la mia prima trasferta in assoluto. Oggi sono qui perché ho promesso di accompagnare mio figlio di 9 anni. Penso proprio che verremo di più a vedere le partite».

Incalcolabile il numero dei ragazzini. Matthias, Alessio e Mattia arrivano da Monteggio e Pura... «Domenica eravamo tutti al Wankdorf, sul lato della curva bianconera – ci dice Matthias –. Siamo appassionati di calcio e giochiamo nel Raggruppamento Malcantone. Il nostro giocatore preferito è Mattia Bottani ed è stato bellissimo vederlo segnare proprio sotto di noi. Abbiamo raccolto tutte le firme sul poster, ma ci siamo fatti autografare anche le sciarpe. Quelle le abbiamo comperate a Berna: 20 franchi spesi bene».

Tanti ragazzini, ma pure tantissime ragazzine. Raffaella, Amanda e Martina, tutte di 7 anni, sono in procinto di intraprendere la sequela degli autografi... «La partita l’ho vista alla televisione, ma poi sono andata in piazza a fare festa – afferma Raffaella che scopriamo essere la figlia di Mijat Maric –. Devo raccogliere gli autografi degli altri giocatori, quello di papà me lo posso far fare stasera a casa...».

Michele Campana: ‘Che emozione’

«Un mercoledì pomeriggio, con l’evento annunciato soltanto il giorno prima: non potevo assolutamente aspettarmi una simile partecipazione. È emozionante. Questa fila interminabile di tifosi dà il senso di tutto ciò che questa partita ha saputo muovere. È stato un anno molto particolare, iniziato con quel voto sul Polo sportivo che ha smosso molte persone. Poi c’è stata la partita gratuita contro lo Young Boys, pure quella capace di creare un ambiente speciale, subito dopo è arrivato il weekend dello sport dal quale è giunto ulteriore entusiasmo, infine la semifinale in casa, evento assente da 52 anni. Aggiungiamoci pure l’hockey finito piuttosto presto e l’attenuarsi della pandemia con la gente che aveva voglia di aggregarsi e vivere qualcosa di speciale... Se sommiamo tutto questo, si capiscono le quasi 10’000 persone a Berna e le migliaia presenti qui oggi».

Un entusiasmo sul quale costruire... «Un inizio perfetto per la nuova proprietà, il capitolo di chiusura ideale per tanti giocatori e per la vecchia dirigenza. È stato bellissimo vedere quei ragazzi da anni fedeli alla maglia alzare finalmente un trofeo. E oggi siamo qui ad ammirare una Coppa – tra l’altro nemmeno sapevo fosse un esemplare unico – in circolazione da quasi cento anni, che ci ha fatto visita alla fine degli anni Sessanta e all’inizio dei Novanta e che oggi possiamo di nuovo riabbracciare».

Michele Campana è il fil rouge che lega la vecchia alla nuova proprietà. Per lui la finale di Berna ha rappresentato un momento particolare... «Ancora non so cosa provo, non ho avuto il tempo di rifletterci, di godermi questo momento. Anche dopo la partita abbiamo dovuto coordinare il rientro di 10’000 tifosi, in collegamento con Ffs, Tpl, polizia, rappresentanti della Città. È stato uno stress, ma di quelli che tutti si augurano di poter vivere. Lo dico da ticinese cresciuto in Capriasca e che alla fine degli anni Novanta veniva a Cornaredo ad ammirare Jimmy Gimenez e Julio Hernán Rossi: ciò che abbiamo portato a termine ha un sapore unico, speciale».

Contro lo Zurigo, una ‘vuelta olimpica’

La Coppa Svizzera continua a occupare la mente di tifosi e giocatori, ma il finale di stagione chiama. Domani sera è in programma il penultimo turno di Super League e il Lugano ospiterà il neo campione Zurigo in quello che sarà il commiato stagionale da Cornaredo. E i dirigenti invitano i tifosi ad arrivare con qualche minuto d’anticipo sull’orario di inizio, in quanto la squadra farà un giro d’onore, una "vuelta olimpica" come la chiamano in Sudamerica, per mostrare al pubblico il trofeo e raccogliere il doveroso applauso. Nella speranza che, come affermato da Mattia Croci-Torti nella consueta conferenza stampa prepartita, «tutti coloro i quali ci seguono assecondino il desiderio della squadra di avere uno stadio gremito. Sarebbe il più grande regalo da parte del pubblico nei confronti della squadra».

Nell’ambiente euforico venutosi a creare dopo il trionfo di domenica – e alla luce dalla forzata parziale rinuncia all’allenamento odierno – non è per nulla facile focalizzarsi su un impegno che, dal profilo della classifica, non propone nuovi stimoli... «Onestamente, sono riuscito a pensarci solo ieri sera a tarda ora. Credo si tratti di un match speciale, ci sono dei giocatori che vestiranno per l’ultima volta la maglia del Lugano di fronte al pubblico amico. Ho chiesto alla squadra di onorare al meglio l’impegno, per ringraziare questi elementi che hanno dato tanto, non solo come giocatori, ma anche come uomini».

Alla conferenza stampa, il mister bianconero ha voluto la presenza pure di Cao Ortelli, in rappresentanza di tutto lo staff tecnico, un vice-allenatore che Croci-Torti ha definito molto importante... «Non so se sono stato io a dare qualcosa a lui, o se Mattia ha dato qualcosa a me. Sinceramente, non è stato evidente entrare all’improvviso in questo gruppo, dopo tanti anni trascorsi fuori da questa dimensione. Non lo nego, all’inizio è stato complicato. Devo ringraziare Mattia perché mi ha accolto in modo perfetto e mi ha fornito la possibilità di entrare in uno staff estremamente positivo, composto da persone serie e corrette. Sono entrato in punta di piedi, lui e gli altri mi hanno accompagnato capendo i limiti che avevo a quel tempo. Grazie a loro mi sono dato da fare, da "maestro" mi sono trasformato in "allievo". Quello che ho cercato di fare, nel limite delle mie possibilità, è stato di essere sempre puntuale sul campo davanti alle richieste del mister, svolgendo con attenzione i miei compiti, cercando di capire i momenti e lo stato d’animo dei giocatori. Il mio apporto è stato in definitiva questo. Poi con il mister abbiamo sempre una chiusura di giornata, entro mezzanotte, nella quale al telefono facciamo il consuntivo di giornata ed è lì che dico la mia con grande tranquillità».

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