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Le bombe su Kiev dalla prospettiva di chi a Kiev ancora vive

Mentre a Kharkiv si piange Romanchenko, scampato ai nazisti ma non ai russi, in Ticino si parla di integrazione dei profughi. E a Olivone si teme il lupo

23 marzo 2022
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«La sera del 23 febbraio sono andato a dormire come al solito. Il giorno dopo, alle 5.30, il mio telefono è squillato, era mia zia e improvvisamente tutto è crollato dentro di me, perché già da questa prima telefonata ho capito che era successo qualcosa di brutto. Sono uscito e ho visto la città piena di auto, le sirene suonavano, era ancora buio, un brivido mi ha percorso la schiena...». Sono alcune delle parole estrapolate dal racconto di Artem Stognijev, 29enne di Kiev, la cui quotidianità nella capitale ucraina è squarciata dal suono delle sirene anti-aeree e dall’esplosione di bombe. Un racconto che pubblichiamo oggi in una doppia pagina che si sofferma anche sull’accoglienza e il sostegno ai profughi arrivati a bussare alla porta del Ticino.

È un intreccio tra vita e morte quello che traccia Daniel Ritzer nel suo commento odierno. Da una parte c’è Perla, fuggita dalla Polonia e dalla minaccia nazista nel ’38 con in grembo Saúl, e dall’altra Mariya, data alla luce dalla madre a Mendrisio dopo essere scappata dalla guerra in Ucraina. E poi c’è Boris Romanchenko, catturato dai tedeschi nel 1942 e internato come prigioniero politico ucraino. Prima a Dortmund e poi, dopo essere fuggito, deportato a Buchenwald. Scampato ai campi nazisti, Romanchenko ha però perso la vita, a 96 anni, sotto le bombe sganciate da Kharkiv. Quelle "denazificatrici" russe...

Del conflitto in Ucraina e di profughi nelle pagine di oggi parliamo anche con Michela Trisconi, delegata cantonale all’integrazione, incontrata a margine di un incontro nell’ambito della Settimana cantonale contro il razzismo. Profughi a rischio di razzismo? No, secondo l’esperta: il rischio, semmai, potrebbe presentarsi a medio-lungo termine.

Da un lato c’è un pericolo concreto, e dall’altra c’è un’informazione che è carente. E in mezzo ci sono allevatori e cittadini dell’abitato di Olivone, scontenti della situazione venutasi a creare dopo le due predazioni di settimana scorsa da parte del lupo. Luigi Arcioni, presidente della Società agricola bleniese, che raggruppa una settantina di aziende con animali, punta il dito contro il Cantone: «La situazione è molto preoccupante: l’allerta deve essere mantenuta, e il monitoraggio deve continuare».

Aspettando la pioggia, nell’edizione odierna ci soffermiamo sulla delicata situazione venutasi a creare con il perdurare della siccità. «Ogni giorno che passa la situazione per noi si fa sempre più preoccupante», è il grido d’allarme lanciato da Sem Genini, segretario agricolo dell’Unione contadini ticinesi. Per Marco Bassi, direttore della Federazione orto-frutticola ticinese, il proble,a con cui la Foft è attualmente confrontata è data dai «costi di produzione dovuti al maggior ricorso ai sistemi di irrigazione per portare e distribuire l’acqua nelle colture».

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