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‘Il sangue e le bombe sul nostro primo giorno di primavera’

A Kharkiv non c’è tregua. Le testimonianze: ‘Costretti a muoverci nelle cantine come topi. Ci si abitua a tutto, anche ai bombardamenti continui’

Il palazzo del governo di Kharkiv dopo il bombardamento (Keystone)
1 marzo 2022
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Il primo marzo sarebbe anche il primo giorno di primavera qui in Ucraina, invece è il sesto giorno di guerra. I russi ci stanno addirittura facendo cambiare il modo in cui contiamo i nostri giorni. E questo è un giorno terribile.

Mia mamma e i miei parenti non avevano lasciato Kharkiv nella speranza che gli attacchi missilistici su larga scala risparmiassero almeno le aree residenziali. Si sbagliavano. Se sono finite le vie di fuga, sono finiti anche i giri di parole. Non ci sono più scuse per Putin e il suo esercito, che sta mettendo in atto un genocidio ai danni del popolo ucraino. Speriamo un giorno possa essere giudicato dal Tribunale dell’Aja. Nel frattempo dobbiamo fare da soli, a Kiev con un certo successo, tenendo il nemico il più possibile lontano. Ma a Kharkiv non serve più parlare con i soldati per sapere cosa succede al fronte. Il fronte sono diventate le case, e in trincea ormai ci sono tutti, bambini compresi.


I pompieri portano via il corpo di una vittima dal luogo della strage (Keystone)

La mia famiglia vive a Saltivka, a venti minuti di macchina dal centro di Kharkiv. Lì molte case sono state distrutte; l’Università nazionale Karazin, dove anch’io ho studiato, è stata bombardata. Il Palazzo di Arti e Mestieri, dove a 15 anni ho imparato a fare fotografie, non c’è più. È spaventoso solo a pensarci, eppure non è nulla confronto a quello che stanno vivendo le famiglie che si rifugiano nella metropolitana e nelle cantine sovraffollate insieme ai loro bambini: sono ricoveri d’emergenza in cui spesso non ci sono scorte di cibo, né un bagno. Restano seduti in attesa di notizie mai sicure: sentono i bombardamenti e non sanno se faranno mai ritorno a casa, ammesso che la loro casa ci sia ancora.

‘Non dormo più’

Julia Blazheevskaya, lettrice dell’Università di Kharkiv, mi dice che "la cosa più spaventosa sono gli aerei. Proprio in questo momento c’è un raid aereo, e posso vederne quattro sopra le nostre teste. Dicono che i seminterrati non sono più sicuri, che ci sono un sacco di infiltrati e sabotatori in giro, ce ne stiamo nei corridoi più stretti aspettando che gli aerei se ne vadano". Julia vive nel centro di Kharkiv, ma si è spostata in un’area residenziale convinta di essere al sicuro, e invece non lo è.

"Prima a ogni esplosione scappavamo, ora non più. Ci siamo abituati, ci si abitua a tutto. Anche a non dormire. Alcuni miei studenti vivono ormai nella metropolitana da 5 giorni. Dicono che sia un posto sicuro, ma a vedere quanto e come bombardano i russi, non esiste posto sicuro in tutta Kharkiv". "Il padre di una mia ex compagna di classe è andato a fare compere con il figlio nel momento sbagliato – prosegue Julia –. Una bomba ha colpito il negozio mentre entravano, il padre, che si era gettato sul figlio per coprirlo, è morto, il fratello della mia amica è in ospedale.


Una donna ferita a Kharkiv (Keystone)

"La sera ci assicuriamo che non ci siano luci accese. Io stessa sono andata a rompere la lampada nel garage di un vicino per essere sicura che nessuno la accendesse. Il massimo che ci concediamo è una candela, con finestre e imposte rigorosamente chiuse".

Città sotto assedio

Anche Varvara, un amica di Julia, si divideva tra la casa e un rifugio sotterraneo: "Alle 5 di ogni pomeriggio, quando i bombardamenti s’intensificano, scendiamo giù. Tornavamo a casa solo per mangiare e farci una doccia, l’ultima volta stamattina (ieri, ndr). Poi i russi hanno bombardato il palazzo: il balcone è crollato, le finestre sono state spazzate via, l’incendio è stato spento dai pompieri, ma di un’ala del palazzo non resta più nulla. E nel nostro appartamento non si può più entrare. E così siamo di nuovo nel seminterrato, con addosso un’ansia crescente. Saltiamo su per ogni rumore".

Mentre parla si sente sempre più forte il rumore delle sirene, a un certo punto il collegamento salta, così faccio un tentativo con il mio ex insegnante di fotografia, Oleg Shishkov: "Stiamo cercando un modo per portare in salvo i nostri nonni, ma non c’è un posto sicuro in tutta Kharkiv. I russi bombardano qualsiasi cosa, qualsiasi quartiere, anche quelli in cui non c’è presenza militare, lo hanno fatto anche durante i negoziati. E così siamo costretti a muoverci nelle cantine come i topi. Una bomba ha colpito la casa di una delle ragazze del mio corso, Julia, che ha appena 17 anni. Si è salvata per pura fortuna. Non c’è più il mio luogo di lavoro e questi maledetti non fermano le bombe nemmeno davanti agli ospedali. Mi guardo intorno e mi risuona nella testa una frase della Commedia di Dante (in realtà è tratta da "Inferno" di Dan Brown, ndr): ‘I luoghi più caldi dell’inferno sono riservati a coloro che in tempi di grande crisi morale si mantengono neutrali’".


In cerca di riparo nella metropolitana di Kharkiv (Keystone)

Infine contatto Nelly, la mia ex vicina di casa a Kharkiv: "Un aereo mi è appena passato sopra la testa. Il mio palazzo di Buchmy Ulitsa è stato uno dei primi a essere colpiti. Io ero al lavoro con mia figlia. In casa c’erano mia madre e mio fratello. Una bomba ha sventrato le scale ed è venuto giù tutto, muri compresi. I miei si sono rannicchiati in un angolo della cucina, dopo qualche ora sono riusciti a trarli in salvo: il gatto è morto, il cane è ancora tra noi. Mia mamma ha una bronchite cronica e non può stare nelle cantine, per ora ha trovato ospitalità in casa di amici, ma da lì i rifugi anti-aerei sono troppi lontani e in più fatica a camminare. Nel caso dobbiamo sperare di arrivare alla metropolitana in tempo".

La fuga è un’impresa

La casa dove si rifugia la donna è a due passi dalla scuola dove studiavo da ragazza: dai loro racconti pare non sia rimasto più nulla. Dopo le ultime esplosioni, mia madre aveva finalmente deciso di lasciare la città, ma ora è troppo pericoloso. Quando solo un salto al negozio più vicino può essere fatale, il tragitto da casa alla stazione diventa un’impresa estrema. Per lei da qui non posso fare nulla, mi tengo impegnata cercando notizie e facendo volontariato. Non poteva essere peggiore questo primo, insanguinato giorno di primavera.


Il palazzo del governo sventrato dai bombardamenti (Keystone)

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