laR 25 anni

Un quarto di secolo sui fatti

L'editore Giacomo Salvioni con il figlio
14 settembre 2017
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Certe notti, canta Ligabue. E certe notti non si dimenticano. «Si era rotto il freno della rotativa, dovetti allora rallentare manualmente la bobina per tutta la durata della stampa...», racconta Giacomo Salvioni. Il giornale fu stampato e consegnato ad abbonati ed edicole. Il guasto nella tipografia bellinzonese non impedì l’uscita, il 14 settembre 1992, del primo numero del quotidiano nato dalla fusione tra Il Dovere e l’Eco di Locarno. Oggi laRegione compie un quarto di secolo. Venticinque anni di cronaca fra scoop grandi e piccoli, approfondimenti, inchieste e commenti profilati, per contestualizzare i fatti, offrendo una chiave di lettura degli stessi. Di questo importante traguardo parliamo con Giacomo, editore, e il Ceo, il figlio Rocco Salvioni. Ne parliamo con uno sguardo anche al trentesimo della nostra/vostra testata. Al 14 settembre 2022 ci separa un lustro. Poca cosa in un mondo dove l’incessante e rapida evoluzione tecnologica riduce sempre di più, pure sul fronte dell’informazione, distanze e tempi.

Giacomo Salvioni, venticinque anni...

Vissuti intensamente e con successo. Nonostante le cassandre, che ci davano per spacciati nel giro di qualche mese, nonostante la concorrenza, che seduta sulla riva del fiume attende che passi il nostro cadavere (un’attesa vana), noi siamo ancora qui. Vivi e vegeti. Con un ottimo prodotto giornalistico, una situazione finanziaria sana e inserzionisti pienamente soddisfatti. Certo anche noi nei momenti difficili abbiamo dovuto comprimere i costi, facendo però attenzione a non compromettere il lavoro redazionale e di riflesso la qualità del prodotto.

Parte subito in quarta e l’ottimismo non le manca davvero.

Ottimista lo sono per natura. E se parlo in veste di editore, laRegione in questi suoi primi venticinque anni di vita mi ha regalato molte soddisfazioni. Grazie anche – e tengo a sottolinearlo – a una direzione, a una redazione e a uno staff tecnico che hanno dato e danno il massimo. Di questa testata vado orgoglioso. È anche una scuola di giornalismo. Tant’è vero che la Rsi quando necessita di validi cronisti attinge soprattutto, se non esclusivamente, alla nostra redazione. Il che ci crea ogni volta problemi. Senza dimenticare che in un altro non meno importante ambito, quello pubblicitario, la Ssr pratica nei confronti del nostro come degli altri quotidiani una forma di concorrenza sleale, con prezzi da dumping, ‘finanziata’ oltretutto dallo Stato: un’anomalia per la libera economia.

La pubblicità appunto: il suo calo sulla carta stampata è un dato di fatto. Con dolorose conseguenze per le redazioni, come dimostrano le ristrutturazioni avvenute e annunciate di recente in altri cantoni.

Eppure si assiste a una ripresa della pubblicità sul ‘print’. In Germania è marcata. E anche da noi, negli ultimi mesi, le cose vanno leggermente meglio. Con ogni probabilità non si raggiungeranno più i livelli di quindici, venti anni fa. Tuttavia sono fiducioso. Io una ripresa lenta ma costante la vedo. Secondo me, gli inserzionisti, anche quelli grossi, si stanno rendendo conto che la pubblicità sui giornali rende molto di più che in televisione o nell’online, dove anzi spesso disturba.

L’associazione svizzera dei giornalisti Impressum chiede un aiuto statale diretto per la stampa: lei, che è anche presidente degli editori ticinesi, la ritiene una soluzione per far quadrare i bilanci aziendali?

Sull’aiuto diretto sono molto scettico. Uno Stato che cofinanzia la pubblicazione dei quotidiani potrebbe poi, temo, condizionarne le scelte redazionali e dunque il loro modo di fare informazione. E questo a seconda delle maggioranze politiche presenti in quel momento nel Paese. La libertà di stampa sarebbe insomma a rischio. La Confederazione potrebbe agevolare le imprese editoriali private con aiuti indiretti, più consistenti di quelli attuali. Le tariffe della Posta, per esempio, andrebbero ridotte.

Nel settore dei media le previsioni sono particolarmente difficili. Proviamoci lo stesso: quale potrebbe essere in Ticino il panorama editoriale nel medio termine per quanto riguarda i quotidiani a pagamento?

Giacomo Salvioni: Penso che ne resteranno due. Di sicuro uno sarà laRegione. E se per finire dovesse rimanerne uno, spero ovviamente che sia il nostro. Rocco Salvioni: La pluralità dell’informazione è una ricchezza. Se il numero dei quotidiani a pagamento diminuirà, l’importante è che quelli che restano godano, finanziariamente parlando, di buona salute. La scelta del Giornale del Popolo di separarsi dal Corriere del Ticino e quindi di tornare a camminare con le proprie gambe è di questi tempi senz’altro coraggiosa. Se questo gli permetterà di sopravvivere lo vedremo. Se così non sarà, evidentemente rimarranno in Ticino due quotidiani a pagamento. Per conoscere gli sviluppi di quest’ultimo scenario servirebbe però la classica sfera di cristallo.

E questa separazione quali orizzonti schiude o potrebbe schiudere, oggi, a laRegione?

Giacomo Salvioni: Il numero dei nostri lettori si avvicinerà a quello del Corriere del Ticino. Il motivo è semplice. Il CdT non potrà più aggiungere il numero dei lettori del Giornale del Popolo al suo. Con la fine della loro collaborazione, questa somma non sarà più possibile. E le cose saranno più chiare. Per laRegione e i propri inserzionisti, compresi quelli potenziali, il discorso si farà interessante.

Torniamo al nostro 25esimo. Cosa distingue laRegione dagli altri due quotidiani a pagamento?

Giacomo Salvioni: Anzitutto la nostra testata non è mai stata il megafono dei partiti. Di nessun partito. Abbiamo cercato sempre di fare un giornalismo documentato, critico, con uno stile vivace. Puntando in particolare sui fatti locali e sul giornalismo di prossimità in generale. Nei commenti prendiamo posizione in maniera chiara, netta: sui fatti locali, cantonali, nazionali e internazionali. Vorrei ancor più cronaca, più approfondimenti e più inchieste. Rocco Salvioni: Evidenzio un altro aspetto fondamentale: fin dalla nascita de laRegione la redazione gode della massima libertà, della massima autonomia nella scelta degli argomenti. Al centro della linea editoriale della testata c’è infatti solo il buon giornalismo.

Una testata alle prese con un’altra sfida: quella delle nuove tecnologie. Con quali obiettivi, Rocco Salvioni?

Potrei cavarmela con una battuta: chi si ferma è spacciato. Forse esagero, ma un quotidiano non può permettersi il lusso di trascurare le nuove tecnologie. Delle quali scriviamo e delle quali dobbiamo – ripeto, dobbiamo – servirci. Bisogna considerare due cose. Venticinque anni fa internet era una parola ai più sconosciuta, enti pubblici e privati non disponevano di un sito online, i cellulari non c’erano. E oggi i social network sono uno dei nuovi mezzi di comunicazione. Parte dell’informazione passa anche da questi canali. Il quotidiano classico sui tempi è ‘bruciato’. Su Facebook e Twitter dobbiamo essere presenti per raccogliere spunti e valutare, dopo le necessarie verifiche, se siano ‘notiziabili’. Sui social dobbiamo essere presenti per portare sempre più persone, in particolare i giovani, sulla versione cartacea de laRegione e sul suo sito. Per essere meglio coordinati e quindi più reattivi sui vari fronti, da alcuni mesi il grosso dei giornalisti lavora a Bellinzona in una newsroom. Le redazioni locali sono state mantenute. La copertura del territorio cantonale continua quindi a essere garantita. Ci siamo dati questa nuova organizzazione per operare al meglio nella realtà multimediale. Con risultati che io giudico molto positivi.

Che cosa si sente di promettere ai nostri lettori?

Che sia nel cartaceo sia nell’online laRegione continuerà a fare del giornalismo. Del buon giornalismo.

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