laR+ il commento

L’età dell’oro

Trump prevede un futuro roseo per l’America contraddicendo sé stesso fin dall’incipit del suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca

In sintesi:
  • L’elenco dei difetti è lungo, però ha iniziato il suo secondo mandato con le idee chiare. Poche chiacchiere e tanti fatti
  • Una miopia, quella di Trump, che non gli permette di vedere oltre gli Stati Uniti. Come dimostra il caso Panama
Donald Trump sul podio durante il discorso
(Keystone)
21 gennaio 2025
|

Stando a Donald Trump, è appena iniziato un tempo che non esiste, non è mai esistito e, se mai esisterà, è facile prevedere che non sarà nei prossimi quattro anni. Lo ha detto, probabilmente senza nemmeno accorgersene, lo stesso Trump, aprendo il suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca con queste parole “L’età dell’oro dell’America inizia proprio ora”.

L’età dell’oro è un mito che prende la realtà e la deforma a tal punto da dover essere collocata in un lontano passato per concederle un minimo di credibilità. Trump, che della credibilità se ne infischia, invece la colloca domani, anzi già oggi – per non dire ieri, giorno del suo ritorno alla Casa Bianca – come se bastasse la sua presenza per migliorare la vita degli americani e, per estensione, di tutta la comunità internazionale, che – è evidente – il presidente degli Stati Uniti considera niente più che un’estensione del suo Paese che si è presa troppe libertà e va ricondotta all’ordine. Un ordine che non può essere che quello stabilito da Trump e dai “suoi” valori americani: come se non ci potesse essere altro modo di intendere l’esistenza, come se assoggettarsi con le buone o con le cattive (vedi le nuove minacce a Panama sul Canale) sia ormai ineludibile.

Ha detto anche che porrà fine a ogni guerra, ma restano molti timori sui come e sui danni collaterali del suo muoversi da elefante in polveriere adibite a cristallerie. Anche perché di guerre dichiarate concluse, messe sotto al tappeto e mai davvero finite è pieno il mondo.


Keystone
Versione Zio Sam

Di sicuro, Trump ha deciso di agire in fretta. Sa di avere davanti solo quattro anni e non vuole perdere tempo. Ha annunciato che a breve firmerà cento ordini esecutivi, (decreti presidenziali con effetto immediato) per dichiarare lo stato di emergenza al confine con il Messico, espellere i migranti senza documenti e togliere lo ius soli ai figli degli illegali, per eliminare gli incentivi per le auto elettriche e per favorire nuove trivellazioni di petrolio e gas. Manterrà le promesse elettorali, e questo è sicuramente un male, visto il tipo di promesse. Ma anche un bene, perché è una lezione per chi si autoproclama paladino del cambiamento e poi, quando arriva al potere, tergiversa (lui stesso ci cascò, al primo giro presidenziale, sperando di essere rieletto).

Oltre ai toni particolarmente duri (in particolare contro l’amministrazione Biden) e per nulla concilianti – nonostante in molti pensassero che con la fine della campagna elettorale si sarebbe addolcita anche la faccia cattiva di Donald –, del discorso di Trump ha colpito l’equilibrismo schizofrenico di chi prova a tenere tutto insieme pur contraddicendosi di continuo (ha parlato di popolo americano come se fosse un monolite e non un melting pot di etnie, esperienze e culture), e tira in ballo il sacro (“Sono stato salvato da Dio per una ragione, rendere l’America grande”, ha detto riferendosi all’attentato di Butler) per poi disconoscerlo e insozzarlo minacciando i poveri cristi col passaporto sbagliato.

In fin dei conti, per un uomo rozzo e pragmatico ben lontano dagli studi classici, questa nuova età dell’oro è da leggersi in maniera poco aulica e ben più prosaica. È l’età dell’opulenza, della ricchezza, intesa come il tempo dei ricchi, che infatti Trump ha voluto al proprio fianco nel giorno dell’incoronazione. Ennesimo controsenso. Nell’età dell’oro tramandata dagli antichi non esisteva la proprietà privata, non esisteva l’odio. E, andando per sillogismi, non avrebbe potuto esistere uno come Donald Trump.


Wikipedia
“L’età dell’oro” di Ingres