laR+ IL COMMENTO

L’assist migliore per i rigoristi nostrani

Per gli economisti dell’Ubs è improbabile che la Bns possa distribuire utili nei prossimi anni. E i talebani dell’austerità sono partiti all’attacco

In sintesi:
  • C’è già stata qualche voce che si è subito fatta eco di questa proiezione per pretendere dal governo ‘criteri più restrittivi’
  • Il fatto che la Banca nazionale stia applicando ora questa politica non vuol dire che lo dovrà fare anche in un futuro prossimo
  • Da anni la Bns si comporta sui mercati come se fosse uno dei più grandi fondi d’investimento al mondo
I grandi speculatori possono ‘guadagnare’ o ‘perdere’ somme mostruose di denaro in un periodo piuttosto breve
(Keystone)
11 febbraio 2023
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Non poteva esserci assist migliore per i "rigoristi" nostrani: la previsione degli economisti dell’Ubs che vede "molto improbabile" che la Banca nazionale possa tornare a distribuire degli utili a Confederazione e Cantoni nei prossimi tre anni, rischia di diventare un mantra per i talebani dell’austerità. Infatti, c’è già stata qualche voce che si è subito fatta eco di questa proiezione per pretendere dal governo "criteri più restrittivi" e "maggiore disciplina di bilancio". Come se il modello matematico presentato dagli esperti della principale banca elvetica fosse diventato tutt’a un tratto l’incontestabile verità.

Forse vale la pena fare un passo indietro e ricordare perché nel 2022 la Bns ha registrato una perdita di esercizio pari a 132 miliardi di franchi, perdita che ha azzerato l’accantonamento per future ripartizioni (che alla fine del 2021 ammontava a 102,5 miliardi) e impedito all’Istituto di emissione di distribuire i milioni a cui erano abituate le casse pubbliche federali e cantonali. Col cambio di paradigma della politica monetaria avvenuto a metà dell’anno scorso, la Banca nazionale ha deciso di non contrastare più la forza del franco. Ha invece optato per favorire il suo rafforzamento nei confronti di euro e dollaro, per fornire all’economia svizzera una "protezione" dall’inflazione importata dall’estero. Per raggiungere il suo obiettivo ha dovuto smettere di stampare moneta da destinare all’acquisto di titoli e obbligazioni estere. L’effetto collaterale del conseguente apprezzamento del franco è stato che la Bns si è vista costretta a registrare ingenti perdite contabili, dovute principalmente alle sue posizioni in altre valute.

Ma il fatto che la Banca nazionale stia applicando ora questa politica non vuol dire che lo dovrà fare anche in un futuro prossimo: dipenderà sicuramente dal contesto internazionale, in particolare dall’evoluzione delle pressioni inflazionistiche. Inflazione che nel frattempo sembra stare perdendo forza, soprattutto negli Stati Uniti, dopo che i colli di bottiglia legati all’offerta di materie prime – principale causa della ricomparsa del fenomeno – sono stati in gran parte superati. Ci sono dunque buone ragioni per supporre che una volta allentata la tensione sui prezzi, la Bns debba rivedere la propria politica (non tanto sugli interessi, quanto sull’apprezzamento del franco); politica che rischia altrimenti di diventare controproducente per l’intera economia elvetica.

Per questi motivi sembra quantomeno azzardato fare oggi grandi previsioni sull’andamento nei prossimi anni dei conti della Banca nazionale. Banca nazionale che da più di un decennio si comporta sui mercati finanziari come se fosse uno dei più grandi fondi d’investimento al mondo e che, in quanto tale, può "guadagnare" o "perdere" somme mostruose di denaro in un periodo relativamente breve.

Che poi ci siano economisti che "campano" elaborando proiezioni più o meno attendibili è risaputo, e fino a un certo punto fa parte del gioco. Un po’ meno accettabile risulta invece il tentativo di alcuni osservatori che provano a condizionare l’attuale dibattito sulle finanze cantonali attraverso queste ipotesi; ignorando o sottacendo, tra l’altro, che queste previsioni non tengono minimamente conto delle dinamiche politiche e sociali di cui le cifre sono soltanto una mera espressione.

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