laR+ IL COMMENTO

I due estremi del cerchio

Le criticità del settore sociosanitario e quelle del socioeducativo sono intrinsecamente legate: la situazione è preoccupante

In sintesi:
  • I bisogni di cura e assistenza di un neonato e quelli di un anziano, a un certo punto, sono praticamente gli stessi
  • Le condizioni di lavoro in entrambi i settori non sono idonee
  • È più che probabile che fra non molto ci si ritrovi confrontati con un vero collo di bottiglia.
Sarà forse per questo che ci piacciono così tanto le simmetrie
(Ti-Press)
4 febbraio 2023
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Più che due facce della stessa medaglia, le cure sociosanitarie e quelle socioeducative, congiunte dalla Vpod in un’unica iniziativa popolare depositata lunedì scorso, potrebbero essere meglio rappresentate come i due punti più estremi di un cerchio. Circonferenza nella quale tali estremi si sovrappongono. Sì, perché i bisogni di cura e assistenza di un neonato e quelli di un anziano, a un certo punto, sono praticamente gli stessi.

Avete mai condiviso qualche giornata con un anziano nell’ultima fase della sua esistenza? Si sveglia, mangia, interagisce per un istante più o meno breve, poi torna a sdraiarsi e riposa. La sequenza si ripete durante tutto il giorno; magari s’inserisce da qualche parte una defecazione, un bagno, un qualche malessere. Finché arriva la notte e il tutto ricomincia il giorno successivo. La routine di un neonato d’altronde non è molto diversa. Chiaro, il bambino crescerà e diventerà ragazzo, poi adulto; l’anziano invece si prepara a uscire di scena. Ciò che sembra incredibile è quanto la fase iniziale della vita degli uomini e delle donne somigli ai momenti conclusivi. Sarà forse per questo che ci piacciono così tanto le simmetrie…

Fatto sta che al di là di questa riflessione un po’ (troppo) filosofica, risulta piuttosto evidente quanto le criticità del settore sociosanitario e quelle del socioeducativo siano intrinsecamente legate. I problemi sono concreti e vanno affrontati: le condizioni di lavoro in entrambi i settori non sono idonee e in quanto tali non permettono di garantire un’adeguata copertura delle reali necessità, determinando tutta una serie di carenze e inconvenienti. Per quel che concerne il sociosanitario ce ne rendevamo ben conto, per esempio, durante la pandemia. Ma la problematica sussiste e la situazione è preoccupante: con il progressivo invecchiamento della popolazione da un lato e la scarsa attrattività delle professioni sanitarie dall’altro, è più che probabile che fra non molto ci si ritrovi confrontati con un vero collo di bottiglia. Chi si prenderà cura dei nostri vecchi? Vecchi che tra l’altro non solo necessitano di personale curante, ma anche di risorse finanziarie sufficienti per condurre una vita dignitosa (vitto, alloggio, medicine). Una questione che ci porta a riflettere sull’altro grande problema collegato all’invecchiamento della popolazione: il sistema pensionistico. È evidente che non ci sia alcun modello previdenziale che possa reggere a questa involuzione demografica che vede continuamente peggiorare il rapporto tra persone attive e passive.

Un’involuzione che si spiega proprio a monte: stando ai dati statistici raccolti in un’inchiesta de ‘Il Sole 24 Ore’, il tempo residuo per invertire la tendenza prima che diventi irreversibile non supera i 10-15 anni. "Nessun Paese in Europa presenta un tasso di fecondità sufficiente a garantire un equilibrio nel rapporto tra generazioni", si legge nell’ampio servizio del giornale economico italiano.

Come invertire la rotta? L’articolo ricorda che "gli effetti migliori sulle nascite sono quelli che si ottengono combinando le politiche familiari con delle capacità di attrarre e gestire flussi migratori di persone in età lavorativa e riproduttiva". Ossia: nulla di più lontano da quanto messo in atto nel nostro piccolo fazzoletto di terra.

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