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Neutralità svizzera, indipendenza algerina

60 anni fa la fine del dominio francese. Fu importante il ruolo di Berna, anche allora accusata di violare la neutralità

Il consigliere federale Max Petitpierre (Keystone)
13 luglio 2022
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Almeno un milione di morti per una guerra di liberazione durata sette anni e cinque mesi, dal primo novembre del 1954 al 18 marzo del 1962. Quando a Evian, la località termale francese a due passi dal confine romando, rappresentanti del governo francese e dell’Fln, il Fronte di liberazione nazionale algerino, si accordarono per un cessate il fuoco che fece da premessa all’indipendenza del Paese del Maghreb, proclamata il 5 luglio del medesimo anno. Finivano, non senza scossoni, 132 anni di colonizzazione francese dell’Algeria, ma finì pure la politica imperialista europea nei confronti dell’Africa, anche se poi andò avanti a manifestarsi in modi più subdoli, seppur meno smaccatamente evidenti.

Nel periodo tra gli accordi di Evian e la proclamazione dell’indipendenza algerina molti residenti francesi, i cosiddetti "pieds-noirs", vi si opposero. Sulla loro indisponibilità a lasciare l’ormai ex colonia fece leva un’organizzazione terroristica paramilitare, l’Organisation armée secrète (Oas), che si distinse con un fallito putsch ad Algeri e con una serie di attentati, uno dei quali prese di mira l’allora presidente francese Charles de Gaulle. Il quale se la cavò senza danni, grazie al sangue freddo del suo autista. L’Oas considerava De Gaulle un traditore in quanto fu lui a organizzare, l’8 aprile del ’62, il referendum con cui il 91% dei francesi diede il proprio assenso agli accordi di Evian.

Giusto ricordare che, per arrivare a quel risultato, è stata fondamentale la mediazione svizzera sotto la supervisione dell’allora responsabile del Dipartimento degli esteri, Max Petitpierre. Una mediazione contestata dai molti svizzeri residenti in Algeria, con argomentazioni che ci riportano ai giorni nostri, ovvero all’adesione del Consiglio federale alle sanzioni contro la Russia. Allora l’Udc blocheriana era di là da venire ma, ugualmente, il governo elvetico dell’epoca venne accusato di mancato rispetto del principio di neutralità. "Il concetto di neutralità come noi lo intendiamo – la replica del Dipartimento di Petipierre – si ispira pure alla nozione di solidarietà e non si può limitare alla contemplazione passiva degli eventi mondiali".

Dalla proclamazione dell’indipendenza, nel luglio del ’62, l’Algeria iniziò il suo cammino di giovane nazione con il potere nelle mani degli esponenti dell’Fln, movimento che con il tempo divenne una sorta di partito-Stato corrotto, il che lo rese odiato a vasti strati dell’opinione pubblica. Fatto sta che l’11 gennaio del 1992, a 30 anni dall’indipendenza, un colpo di Stato militare bloccò l’ascesa al potere del Fronte islamico di salvezza, che avrebbe comportato la fine dell’egemonia dell’Fln. Seguì un "decennio nero", contraddistinto da stragi di inaudita ferocia che fecero circa 150mila morti. Un calvario per gli algerini, consumatosi nell’indifferenza dei Paesi occidentali che sicuramente non avrebbero gradito un governo islamico ad Algeri. Se vogliamo, lo stesso atteggiamento di malcelata benevolenza che ha accolto l’arrivo al potere, in Egitto, del generale al-Sisi, liberatosi dei Fratelli musulmani vincitori delle prime elezioni del dopo-Mubarak.

Quanto all’Algeria, oggi è tornata a una parvenza di vita normale e, grazie all’invasione russa dell’Ucraina, il suo gas e il suo petrolio sono nuovamente appetibili.

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