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Fiscalità, socialità e il rischio del 'dare per avere'

Autunno politico: sulle spalle del Ppd (e non solo) grava ora un’enorme responsabilità, quella della coerenza.

È giunta l'ora di intrecciare le 'giuste alleanze' (Ti-Press)
11 settembre 2021
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Il vero rischio della valida iniziativa fiscale del Ppd è che finisca per diventare moneta di scambio in Gran Consiglio, ovvero un dare per avere tra i partiti di centro. Se da un lato appare sensata l’idea di introdurre una deduzione a livello di imposte per il canone d’affitto pagato dai contribuenti del ceto medio (il 30% del costo della locazione, massimo 8mila franchi, per le persone con figli a carico e un reddito netto inferiore a 100mila franchi; fino a 6mila franchi per le persone sole con un reddito massimo di 75mila); dall’altro il “costo” per il fisco dell’eventuale approvazione di questa iniziativa in parlamento potrebbe essere molto più alto dei 40 milioni ipotizzati: in sostanza il doppio, se pur di ottenerla i popolari democratici dovessero dare il proprio nullaosta agli sgravi voluti dal partito liberale – al momento è quasi inutile continuare ad aggiungere ‘radicale’ alla fine – per i grandi contribuenti. Tutto questo in un contesto di conti pubblici in profondo rosso: l’ultimo aggiornamento del preventivo 2021 parla di 156 milioni di deficit.

In pratica il timore è che i pipidini, pur di fare passare la loro proposta, si vedano tentati a scendere a compromessi con il Plr: ‘Votateci la nostra, noi vi votiamo la vostra’, potrebbe essere il ‘gentlemen’s agreement’ tra i due presidentissimi, fino a poco fa acerrimi nemici. “Speziali mente sapendo di mentire”, tuonava Dadò subito dopo l’affaire Ghisolfi. “Accuse irriflessive e impetuose”, la replica di Speziali. Ma il tempo passa e la politica è brava a dimenticare, soprattutto quando cominciano a scaldarsi i motori della campagna elettorale…

Sta di fatto che sulle spalle del Ppd (e non solo) grava ora un’enorme responsabilità: quella della coerenza. Di per sé l’idea di lasciare circa 500 franchi in più all’anno nelle tasche di liberi professionisti, piccoli e medi imprenditori e quadri aziendali – i principali beneficiari dell’iniziativa ‘Anche la casa pesa’–, lo ribadiamo, è buona: sono soldi che sicuramente confluiranno nell’economia reale. Diventeranno facilmente consumo, quindi gettito, quindi posti di lavoro. È questo il distinguo fondamentale rispetto all’iniziativa dei liberali per sgravare i ricchi e ricchissimi. Difficilmente la riduzione dell’aliquota delle persone facoltose voluta dal Plr avrebbe delle ripercussioni concrete sull’occupazione e sul Pil. È invece altamente probabile che la liquidità in più, frutto degli sgravi, una volta lasciata in mano ai grandi contribuenti finisca investita sui mercati finanziari o in qualche modo tesaurizzata. Motivo per cui il riscontro per l’economia ticinese risulterebbe praticamente nullo.

D’altro canto non ha tutti i torti Ivo Durisch, capogruppo del Ps, quando dice che la fiscalità non è lo strumento adeguato per fare socialità. In effetti la misura promossa dal Ppd non va ad aiutare le fasce più vulnerabili della popolazione: disoccupati, precari, famiglie monoparentali. Loro sono esenti dalle imposte. Ai socialisti però non dovrebbe sfuggire l’idoneità della misura proposta dai popolari democratici da un punto di vista macroeconomico, e cioè in termini keynesiani, quale forma di sostegno alla domanda aggregata.

A Ppd e Ps quindi il compito di intrecciare le “giuste alleanze” per favorire una politica sociale degna del suo nome, sorretta da una fiscalità al servizio della cittadinanza e non viceversa.

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