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Caso Lauber, il Parlamento faccia fino in fondo la sua parte

Azzeccata la decisione della Commissione giudiziaria di valutare una procedura di revoca contro il procuratore generale. In gioco c'è la credibilità dell'Mpc.

(Keystone)
14 maggio 2020
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Lo scorso settembre non c’era nessuna buona soluzione. La rielezione del procuratore generale della Confederazione era sembrata semplicemente il minore dei mali a una risicata maggioranza dell’Assemblea federale. Il pericolo che una destituzione di Michael Lauber avrebbe comportato (indebolire ulteriormente la già incrinata autorità del Ministero pubblico della Confederazione) era stato ritenuto maggiore di quello che l’istituzione avrebbe corso se lui fosse stato confermato per un terzo mandato (perpetuare le forti tensioni esistenti, dentro e fuori l’Mpc). Quasi otto mesi dopo, i termini della questione si presentano in altro modo. Anche una parte dei parlamentari che avevano sostenuto Lauber turandosi più o meno il naso, ora sembrano essersi convinti che non si tratta più di individuare il minore dei mali tra due cattive opzioni, bensì di scegliere tra una buona soluzione (sfiducia) e una cattiva (fiducia).

La conferma che a Berna il vento è cambiato, o sta mutando direzione, la si è avuta ieri. Unanime, la Commissione giudiziaria (Cg) del Parlamento ha deciso di convocare Lauber a un’audizione mercoledì 20, compiendo così un passo preliminare verso l’apertura - sempre più probabile, a questo punto - di un inedito procedimento di destituzione.

La scelta è azzeccata. Esistono già sufficienti “fondati sospetti” che la giustifichino. Sono quelli messi nero su bianco a inizio marzo dall’Autorità di vigilanza sull’Mpc (Av-Mpc). In un impietoso rapporto sull’atteggiamento tenuto dal procuratore generale in relazione ai famosi incontri segreti col presidente della Fifa Gianni Infantino, la giudice federale Alexia Haine è giunta alla conclusione che Lauber ha violato in più occasioni i suoi obblighi di responsabilità, ha ripetutamente detto il falso e ha agito in modo sleale, disattendendo il codice di condotta dell’Mpc e ostacolando l’indagine disciplinare. Una quantità “considerevole” di violazioni, alla quale si somma una concezione fondamentalmente erronea della propria professione. Lauber contesta tutto. Ne ha tutto il diritto. Probabilmente andrà fino al Tribunale federale, se la sentenza dei giudici sangallesi sul suo ricorso - attesa nei prossimi mesi - dovesse confermare il risultato dell’inchiesta disciplinare.

Ma non c’è solo questo. La maxi-inchiesta Fifa, che doveva essere uno dei suoi fiori all’occhiello, si sta rivelando un masso tombale sulle sue ambizioni, un danno enorme per la reputazione dell’Mpc. Un procedimento è già caduto in prescrizione. E a rischio sono ora anche altri filoni della maxi-inchiesta, compreso quello sull’ex presidente della Fifa Blatter. Una magra figura per il Ministero pubblico e il suo capo, trasformatosi nella principale ipoteca su delle inchieste da lui così fortemente volute e tenacemente portate avanti.

Ormai lo sappiamo. La rielezione di Lauber è stata una vittoria personale. Nulla più. Non è stata un viatico per la Procura federale, non è servita a restituirle credibilità. Anzi. Da quella prova di forza politica, sia lui - da allora sparito dalla circolazione - che l'Mpc sono usciti con le ossa rotte. Adesso tocca al Parlamento fare la sua parte. Senza aspettare il verdetto dei giudici, che potrebbe farsi attendere a lungo, ma esercitando appieno il suo ruolo politico. Partendo dall’apertura di un procedimento di destituzione, che già di per sé assesterebbe un altro duro colpo alla credibilità dell’Mpc, segnando forse definitivamente la sorte del suo capo.

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