Commento

Tra segnali e cattivi presagi lo si sentiva arrivare

Un altro durissimo colpo al calcio ticinese, già duramente segnato dalle vicende del Lugano che fu di Jermini e dell’Ac Bellinzona spazzato via

(Benedetto Galli)
8 gennaio 2018
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Gli scricchiolii che giungevano dal Lido erano sinistri. Li si avvertiva chiaramente. Erano udibili, sia da parte di chi non si faceva illusioni, sia da coloro – Michele Nicora in primis – che hanno lottato strenuamente contro l’inevitabile verdetto del pretore di Locarno: fallimento.

Una sentenza che – al netto delle possibilità che le bianche casacche hanno in sede di Appello – infligge un altro durissimo colpo al calcio ticinese, già duramente segnato dalle vicende del Lugano che fu di Jermini e dell’Ac Bellinzona spazzato via dalla gestione Giulini, e cancella la storia ultracentenaria di un sodalizio agonizzante da molte stagioni. Tenuto in vita dalla caparbietà di un presidente al quale vanno però imputati errori di gestione fatali, tali da compromettere il buon esito di un’operazione nella quale si imbarcò armato delle migliori intenzioni, ma senza i requisiti che fanno la differenza quando dalle parole e dalle migliori intenzioni si deve passare ai fatti. Encomiabile, ma ingenua, la più volte sbandierata volontà di restituire l’Fc Locarno ai locarnesi, di riavvicinare una piazza che si è invece progressivamente allontanata dal Lido, da una squadra che è scivolata nell’anonimato, sempre più giù, senza mai riuscire a ridestare in tifosi e appassionati un interesse che lasciasse presagire un ritorno di fiamma che invece non c’è mai stato.

Al di là delle beghe legali tra la vecchia e la nuova proprietà, sulle quali si chinerà la giustizia, il fattore che più ha inciso sulla fine ingloriosa delle bianche casacche sono gli errori di gestione della dirigenza facente capo a Nicora, vittima del suo stesso attaccamento, ahilui non contagioso. Niente interlocutori seri, solo promesse e qualche bozza di intesa, ma nulla di concreto che giungesse in aiuto di una squadra che non interessava né appassionava più. Se non chi era convinto di rinverdire fasti passati, mortificati dai recenti tonfi sportivi.

Con presupposti del genere, con società che non affondano più le radici nella terra di riferimento per trarne sostegno e sostentamento, il destino dell’Fc Locarno era scritto da tempo. Non il suo fallimento, forse, ma certamente il suo pesante ridimensionamento, al quale Nicora ha cercato di ribellarsi. Senza accorgersi che a lottare era rimasto solo. Solo e senza mezzi, se non la buona volontà. Finendo col credere anche a cordate fantomatiche, che altro non hanno fatto che gettare benzina sul fuoco delle speculazioni e delle false illusioni. Spettri sinistri che aleggiavano su quanto restava di una società che, chissà, un giorno troverà la forza di ripartire dal basso. Affinché non venga dilapidato del tutto un patrimonio socio-culturale, oltre che sportivo, costruito in più di un secolo di onorata attività. Tra gli alti e i bassi tipici di un club che ha toccato il fondo. Con scarse possibilità di riemergere.

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