Commento

Silenzio, parlano le sconfitte

1 dicembre 2016
|

Ssssst, nessuno parli. C’è il giornalista cattivo, sia mai che sente e riferisce. Hockey club Lugano in silenzio stampa (solo ieri), preceduto dai colleghi dell’Fc, a loro volta muti fino a domani, giorno in cui qualcuno sarà chiamato a metterci la faccia, e a fare sentire la voce. Fronte ghiaccio, si torna a parlare già oggi, vigilia dell’ennesimo turno di campionato. Calcio e hockey si imbavagliano, lasciando la parola alle sconfitte che ammutoliscono. Della stampa, però, hanno bisogno, quando si tratta di presentare una partita. Quando si tratta di dare fiato a quella formidabile cassa di risonanza che si tende – a torto – a considerare parte integrante dei rispettivi progetti sportivi. Come se i giornalisti che seguono le varie discipline fossero tanti simpatici addetti stampa, e non gli osservatori critici e super partes che sono chiamati a essere dalla loro professione e dai principi che la reggono. Quando, per contro, le cose vanno male, ci si arrocca a protezione dello spogliatoio, della squadra, di quella tranquillità che è venuta meno a causa delle ripetute sconfitte, e si evita di prendere posizione. Di giustificare determinati cali di rendimento. Di rendere conto, per farla breve. Un po’ comodo, no? Si celebrino pure le vittorie, si racconti una stagione finché questa ha uno svolgimento regolare (quantomeno non disastroso), salvo poi chiudere la porta e asserragliarsi all’interno del proprio silenzio, come se il contatto con gli addetti ai lavori potesse in qualche modo influenzare il prossimo risultato.  Come se un collega a bordo pista o in tribuna fosse un fattore destabilizzante. Fa parte del gioco, d’accordo. Non è la prima né l’ultima volta che la stampa viene esclusa, tenuta a distanza. Ne prendiamo atto, e andiamo avanti. Del resto, al silenzio sono cortesemente invitati tesserati e affini. Non i giornalisti. Loro, in situazioni come queste sguazzano comunque, alla grande. Rifacendosi alla propria esperienza, attingendo alla propria professionalità per confezionare un prodotto che prescinda dalle parole (per lo più scontate e ripetitive) che si sentono dire, allo stadio o alla pista che sia. Quanto ai giocatori, che si concentrino sul loro lavoro (che, per inciso, prevede anche qualche scambio di vedute con i giornalisti, di tanto in tanto...) e reagiscano alle avversità che li hanno fatti precipitare nel silenzio. Troveranno sempre qualcuno disposto ad ascoltarli, quando tornerà il sereno, e l’attuale depressione sarà spazzata via dalla prima vittoria. Che la si attribuisca pure al ritrovato spirito di un gruppo rigenerato dagli effetti benefici del silenzio (imposto), così da avere un buon pretesto in vista di futuri tempi di grama. Di quelli che lo sport – ogni sport – per sua stessa natura alterna a momenti in cui tutto fila per il verso giusto. La stampa si adegua. Se ne sta lì, al proprio posto, pronta a tornare a fare parte del giochino quando le porte si aprono e viene dato fiato alle trombe. Pronta a starsene sulle sue quando invece calano le tenebre e a parlare sono solo le sconfitte. A parlare talmente forte da zittire tutti quelli che le hanno causate. Tranquilli, noi qualcosa da dire la troviamo sempre. Ogni tanto capita che ci sia una voce fuori dal coro, certo. Se così non fosse, che bisogno ci sarebbe di lasciarci fuori. Ce ne faremo una ragione, che sarà mai? Abbiamo un paio di alleati, in questa lotta all’ultima parola: si chiamano esperienza e professionalità. E se non bastano, c’è sempre l’adorata ironia. Basta farne il giusto uso, nella speranza che venga colta.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔