Inchieste e approfondimenti

13ª Avs: la voce dei pensionati, tra precarietà e benessere

Conti domestici alla mano, Carlo, Silvana e Agnese hanno accettato di raccontare dubbi e riflessioni in vista del voto del 3 marzo

Un tema che scalda gli animi
(Keystone)

Il 3 marzo si voterà sull’iniziativa popolare per l’introduzione di una 13ª Avs. Nel caso in cui venisse approvata da popolo e Cantoni, tutti i beneficiari di rendita attuali e futuri riceveranno una tredicesima mensilità ogni anno. Tre pensionati, Carlo, Silvana* e Agnese*, hanno accettato di raccontarci le loro riflessioni e i loro dubbi attorno a un tema che in Svizzera fa parecchio discutere.

Risposta al rincaro, dubbi sul finanziamento

L’ex direttore dell’Istituto assicurazioni sociali, Carlo Marazza, da pensionato è toccato direttamente dalla votazione per la ‘tredicesima Avs’. Condivide le sue riflessioni, tra la solidarietà coi pensionati meno agiati e la preoccupazione di non gravare sulle generazioni future. C’è una premessa: «L’Avs è un’assicurazione sociale a carattere universale; in altre parole assicura tutti i domiciliati, coloro che esercitano un’attività lucrativa in Svizzera e, a determinate condizioni, i cittadini svizzeri che lavorano all’estero. Oggi i beneficiari residenti in Svizzera sono circa 1,7 milioni e coloro che vivono all’estero sono circa 0,8 mio. Tutti ne hanno quindi giustamente diritto, indipendentemente dal reddito e dalla sostanza». La tredicesima Avs intende rispondere all’aumento del costo della vita. Si pensi all’aumento dei premi di cassa malattia, all’inflazione, al rincaro di pigioni, beni di prima necessità, elettricità… Va ricordato, dice Marazza, che le rendite sono però indicizzate ogni due anni all’aumento dei prezzi e dei salari. «Nella previdenza professionale, contrariamente all’Avs, la compensazione del rincaro non è prescritta dalla legge. Detto ciò, l’aumento del costo della vita è un problema. Molte più persone faticano ad arrivare a fine mese». La 13a Avs che andrebbe a rafforzare il primo pilastro, continua l’esperto, lascerebbe a molti qualcosa in tasca. Ad altri invece non servirebbe. «Ci potrà essere il voto egoistico di parte degli anziani che stanno abbastanza bene; ci potrà benissimo essere il voto a sostegno degli anziani attuali e futuri che stanno meno bene e faticano ad arrivare a fine mese (e sono in aumento)». Altro punto, la trasformazione del lavoro. «Il nostro sistema di sicurezza sociale (in particolare quello della previdenza vecchiaia) è condizionato dall’evoluzione del mondo del lavoro. Più occupazioni a tempo parziale, nuovi modelli occupazionali (ad esempio l’economia dei lavoretti, su chiamata, occasionali e temporanei) stanno accrescendo le insicurezze pensionistiche e il rischio di povertà pensionistica futura».


Ti-Press/archivio
Carlo Marazza

Allo stesso tempo, ammonisce Marazza, la 13a pone una grossa incognita: il suo finanziamento. L’iniziativa costerebbe 4,1 miliardi di franchi in più all’anno al momento dell’introduzione, con tendenza all’aumento in seguito dell’evoluzione demografica. Il lavoro è la fonte principale che finanzia l’Avs. «Toccherebbe ai giovani sostenere un onere sempre maggiore, superiore a quello di cui ha dovuto farsi carico la maggior parte degli attuali beneficiari di rendita? Significherebbe un aumento della ridistribuzione dai giovani agli anziani». Chiediamoci, continua Marazza, come potremo finanziare a lungo termine il maggior fabbisogno. «Con l’aumento dei contributi a carico dei datori di lavoro, dei salariati, degli indipendenti, delle persone senza attività lucrativa? Con l’aumento dell’Iva? Con l’aumento della partecipazione della Confederazione tramite le imposte? Il far capo alle riserve dell’Avs non sarebbe un’idea lungimirante». In caso di accettazione il Parlamento federale dovrà trovare una soluzione sostenibile, «che non penalizzi il patto fra generazioni. Una soluzione mediata, tramite un controprogetto che tenesse conto dell’aumento del costo della vita con l’incremento e la sopportabilità dei costi, non è stata ritenuta opportuna dalle Camere federali», conclude.

La storia di Silvana*

‘Una boccata d’ossigeno, ma non penso solamente a me’

«Ho 81 anni e vivo da sola in un paese di periferia, non mi sono mai sposata e non ho figli. Ho la fortuna di abitare in un alloggio di mia proprietà; è piccolo, ma per me è più che sufficiente.

Posso contare su un guadagno piuttosto esiguo, meno di duemila franchi al mese di primo pilastro, compreso il contributo delle prestazioni complementari. Non ho nessuna entrata dalla previdenza professionale, perché la ditta nella quale ho sempre lavorato come operaia, allora non tratteneva le quote da destinare alla cassa pensioni. Se ci penso, mi chiedo “ma ho lavorato una vita per cosa? Proprio per niente”. Non ho un terzo pilastro e ho riserve finanziarie di alcune migliaia di franchi.

In termini di uscite, per alcune di quelle ‘ordinarie’ (come l’assicurazione malattia e le imposte) mi vengono in aiuto le prestazioni complementari; a mio carico rimangono comunque, ad esempio, oltre duecento franchi al mese di premi cassa malati. Nel complesso, tra spese più o meno fisse (assicurazione auto e abitazione, imposta di circolazione, abbonamenti telefonici) e spese variabili a dipendenza dell’andamento dei prezzi e del consumo (elettricità, olio da riscaldamento), pago fatture per poco meno di 7’500 franchi all’anno. Il che significa in media 600-630 franchi al mese. Ai quali vanno ovviamente aggiunte altre voci di spesa come gli alimentari, l’abbigliamento, la benzina. Perché riesco ancora a permettermi una piccola automobile. Più che un lusso è una necessità, che mi consente di essere indipendente. Certo che guasti, pezzi da sostituire, collaudo con relativa fattura del garage per la sistemazione della vettura, vignetta, visite mediche per poter rinnovare la patente sono uscite supplementari che pesano non poco sul bilancio. Ho invece rinunciato all’abbonamento a un giornale, che leggo al bar o da conoscenti; per non parlare delle vacanze, che non faccio da tempo immemore. Chi se la ricorda, l’ultima volta in cui sono partita?

Faccio la spesa ogni settimana o due, tenendo d’occhio eventuali offerte e acquistando determinati prodotti dove so che sono venduti a un prezzo più vantaggioso. Non posso dire che mi manchi qualcosa; ritengo di avere il necessario per una vita dignitosa e beninteso senza troppe pretese. Mi concedo di andare dal parrucchiere di tanto in tanto; e quando ne ho modo, mi piace accogliere chi ha piacere di fermarsi per un pranzo, una cena o anche solo un caffè. Però ecco, in generale una certa attenzione alle uscite devo averla.

Sono ancora molto indecisa su cosa voterò. Cerco di informarmi; ma mi sembra che più leggo i giornali e ascolto la radio, più cresce la confusione. Se dovessi decidermi per il ‘sì’, lo farei soprattutto pensando a chi non arriva alla fine del mese, a quelle persone che davvero non riescono a far quadrare i conti. È vero, io ci sto appena e alcune centinaia di franchi in più all’anno farebbero comodo. Però la 13a Avs nel mio caso è una cifra che, per quanto sarebbe una boccata d’ossigeno, non cambierebbe sostanzialmente la vita. Tra i motivi che invece mi farebbero votare ‘no’ c’è il fatto che ne beneficerebbero pure benestanti e ricchi e che, in qualche modo, per finire saremo sempre tutti noi a doverla finanziare. In ogni caso sarà una scelta che prenderò non pensando solamente a me e alla mia situazione personale».

La storia di Agnese*

‘Soluzione imperfetta, utile a chi non ce la fa’

«Ho 78 anni, ho due figli e due nipoti e risiedo in un comune della cintura luganese in un’abitazione di mia proprietà. Ci vivo sola, da quando è morto mio marito alcuni anni or sono. La casa, che avevamo costruito alla fine degli anni Settanta, oggi è pagata poiché siamo riusciti a estinguere l’ipoteca.

Dopo essermi sposata, avevo fatto saltuarie sostituzioni in ufficio poi, cresciuti i figli, ho avuto un impiego a tempo parziale per una ventina d’anni. Oggi ho un’entrata mensile che arrotondo a 6’400 franchi: 2’450 della mia Avs; poco meno di 1’200 dal mio secondo pilastro e quasi 2’800 dall’istituto di previdenza del marito, che aveva lavorato a tempo pieno fino a 65 anni. In banca ho circa cinquantamila franchi di risparmi; non ho un terzo pilastro.

Ovviamente non beneficio di sussidi (e ci mancherebbe altro); perciò tutte le voci di uscita sono a mio carico. Le principali, in un anno, sono: 11mila franchi circa di premi cassa malattia (900 fr./mese); 6’800 di imposta cantonale e altrettanti di imposta comunale, 1’800 di imposta federale diretta; 335 di canone radio-tv; oltre ad alcune centinaia di franchi che devolvo in beneficenza. Per la casa nel 2023 ho pagato oltre 5’500 franchi in assicurazione, luce, acqua e gasolio; l’automobile, all’infuori di benzina e manutenzione, mi costa circa mille franchi all’anno tra imposta di circolazione, assicurazione, vignetta.

Ho sia il telefono fisso che il cellulare e ancora per il 2024 ho scelto di rinnovare l’abbonamento a laRegione che, pur scontato per i pensionati, è cresciuto fino a quattrocento franchi. Mi posso permettere di andare regolarmente dal parrucchiere e nella spesa di alimentari ci stanno, quando c’è l’occasione, pranzi o cene che cucino con piacere per i miei cari. In generale non sono una persona dalle grandi esigenze: a volte esco per una cena al ristorante o, più raramente da quando non c’è più mio marito, faccio una piccola vacanza. Tengo molto ad avere e, quando non ci sarò più, lasciare tutto a posto dal punto di vista finanziario. Quindi, pagato quel che devo e con un occhio ai risparmi (perché, specialmente alla nostra età, chi lo sa come possono andare le cose?), se e quando ne ho modo ‘passo qualcosa’ a figli o nipoti; sperando che ne facciano buon uso (ride, ndr).

Ci sono mesi in cui l’ammontare dei pagamenti è di diverse migliaia di franchi (ad esempio quando, se riesco, saldo le imposte in una volta sola) e mesi di assai meno. Finora sono riuscita a gestire entrate e uscite in modo tale da non dover attingere al capitale proprio: né per le spese correnti, né per quelle extra come possono essere lavori di mantenimento che una casa di quasi cinquant’anni richiede, riparazioni della vettura o altro.

Non ho ancora votato per corrispondenza: un po’ perché preferisco portare la scheda al seggio, un po’ perché esitavo tra il ‘sì’ e il ‘no’. Parto da una premessa: se guardo alla mia situazione, che mi consente di vivere con un certo agio, troverei ingiusto e perfino egoistico pretendere una 13a Avs. Il progetto su cui dobbiamo esprimerci non mi trova d’accordo per la distribuzione ‘a pioggia’: della 13a usufruirebbe anche chi non ne ha alcuna necessità e lo ritengo scorretto. Preferirei una soluzione che preveda un tetto delle entrate, sotto il quale destinare la 13ª e oltre il quale no. Una certa preoccupazione su come verrà finanziata c’è; sebbene in termini di spese sempre più elevate che ci ricadono addosso, ce ne siano di quelle che mi scocciano di più: dalla benzina all’imposta di circolazione (nel mio caso aumentata di 50 franchi nel 2024) al cibo. E poi, se devo dirla tutta, a farmi davvero arrabbiare sono cose come i miliardi che la Confederazione trova per tirare fuori dai guai aziende portate sull’orlo del fallimento da mega manager, ai quali vanno comunque cospicui bonus. In quei casi allora sì che i soldi ci sono...

Da un lato quella proposta in votazione è a mio parere una soluzione imperfetta; d’altro lato ritengo che la 13a sarebbe utile per una certa fascia di popolazione. Sebbene molti non ne parlino (forse per vergogna, sicuramente per dignità), i poveri ci sono anche da noi! E dunque, tenendo conto di tutto, voterò a favore».

* nomi noti alla redazione

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