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Strategie energetiche, collaboriamo di più

Il commento di Stefano Guerra apparso su laRegione del 10 giugno scorso solleva un problema importante di cui poco o nulla si è detto finora: il rinnovamento della rete di distribuzione elettrica tramite cui le aziende preposte acquistano la corrente prodotta da Comuni, aziende, istituti e privati attraverso le migliaia di impianti fotovoltaici attuali, in progetto e futuri.

La crisi energetica dovrebbe farci capire che non è più tempo di competere ma di collaborare e che è indispensabile un cambiamento di paradigma nell’ambito di produzione e smercio (in questo caso) di energia elettrica.

Una collaborazione che include privati e aziende in qualità di piccoli azionisti produttori – alcuni Comuni lo sono già – favorirebbe lo sviluppo di solidarietà, partecipazione, proattività e collaborazione a vantaggio di tutti. Questo risolverebbe in parte la questione degli accumulatori che necessitano di materie prime rare e costose rendendoci di nuovo succubi di un sistema produttivo che ha mostrato da tempo i limiti in ogni sua forma: sociale, ambientale, economica e di sicurezza.

Penso a due esempi concreti di produzione in abitazione privata e aziendale che producono dal 120 al 140 per cento del fabbisogno con un ottimo autoconsumo; l’impianto aziendale annovera pure un raggruppamento di consumo proprio (Rcp).

La corrente in esubero potrebbe essere utilizzata per riempire in estate le nostre “batterie d’accumulo”, ossia i bacini idroelettrici, andando a compensare la carenza energetica invernale dovuta a un maggior consumo. Le perdite di energia fra trasporto e pompaggio non supererebbero il 10%. Società elettriche (soprattutto in mano pubblica) e politica dovrebbero predisporre la rete per tale scopo. Altre forme atte a risparmiare e condividere l’energia fotovoltaica prodotta sono le comunità d’autoconsumo o le Rcp, che permettono di consumare l’energia sul posto, evitando il sovraccarico delle linee elettriche e le perdite nel trasporto. Ciò consente di rifornire di energia verde anche i nuclei storici o quegli edifici su cui è difficile, o impossibile, installare pannelli fotovoltaici. Un discorso simile si può fare anche con termopompe centralizzate collegate a reti di teleriscaldamento di quartiere permettendo agli interessati di rinunciare a impianti a nafta o gas. Un futuro energetico sicuro e sostenibile tocca diversi settori; un maggior sostegno dovrebbe essere destinato alla coibentazione degli edifici con materiali ecologici e alla creazione di reti di teleriscaldamento; ai mezzi di trasporto pubblico e alla promozione dell’uso della bicicletta evitando sussidi alle auto elettriche o all’installazione delle relative centraline di ricarica. Incentivi potrebbero essere proposti inoltre a chi sceglie di abbandonare l’auto.

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