I dibattiti

La colpa di essere albero (a Bellinzona)

Il duplice filare del viale Stazione che il Municipio vuole segare figura nell’Inventario degli insediamenti svizzeri da proteggere (Isos)

Benedetto Antonini
(Ti-Press)

Come un secchio d’acqua gelida è caduta la notizia secondo cui il Municipio di Bellinzona intende abbattere i 107 alberi secolari oggi ancora parte essenziale dell’urbanità del viale Stazione. I motivi sono di bassa praticità e manca un’esplicitazione degli interessi eventualmente ponderati. La reazione non si è fatta attendere e, ad esempio su Facebook, Franca Verda ha subito lanciato un grido d’allarme che, spero, molti leggano manifestando sdegno e dolore di fronte a tale scempio annunciato.

A pochi è noto che il viale Stazione è segnalato in modo particolare nell’Inventario degli insediamenti svizzeri da proteggere (Isos) e che il suo duplice filare di alberi (che ancora si sono salvati) risulta protetto essendo indicato graficamente e testualmente. Già è scandaloso il fatto che l’allineamento dei gelsi tra la Casa del Popolo e il culmine del viale sia stato amputato alla cattivella e nell’indifferenza generale. Chiunque abbia un minimo di sensibilità estetica si rende conto che l’assenza degli alberi costituisce una grave lacuna che concorre a fare dello spazio prospiciente alla nuova stazione un vuoto senz’anima.

Non posso escludere che tra i 107 alberi condannati a morte ve ne sia qualcuno deperente e che debba essere sostituito, ma questo non può essere il pretesto per tagliare tutto il filare. Lascio immaginare ai bellinzonesi e ai numerosi visitatori l’aspetto del viale privo di questo essenziale complemento della sua monumentalità. Essa si compone, infatti, grazie alle facciate degli edifici otto/novecenteschi di alto pregio architettonico e anche grazie a questa duplice cortina di alberi coevi e fittamente allineati, poiché chi li ha piantati ha scelto un’insolita distanza tra gli uni e gli altri di soli 4,50 metri circa.


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Il viale Stazione di Bellinzona

Sono certo che esista un altro modo per realizzare i lavori infrastrutturali necessari, senza che la sovrastruttura che rappresenta un incommensurabile valore storico e culturale debba essere sacrificata. La socio-psicologia moderna ha messo in evidenza, quale componente essenziale dell’equilibrio psichico e, pertanto, della qualità del vivere in città, l’importanza per l’individuo e per la collettività dell’attaccamento ai luoghi. Concorrono a costituire il riferimento ai luoghi non solo gli spazi pubblici e gli edifici che li definiscono, ma con ogni evidenza anche le maestose alberature. Tutti ricordano con quale concorso di pubblico si siano salvati, sempre a Bellinzona, i platani di piazza Rinaldo Simen, qualche decennio fa anch’essi offerti in sacrificio al rito delle motoseghe. Fortunatamente le autorità di allora rinunciarono a quel sacrificio e oggi i succitati platani si mostrano ancora in tutta la loro maestosa bellezza.

Il problema del taglio degli alberi secolari sta nel fatto che la loro sostituzione richiede numerosi lustri, ossia almeno una ventina d’anni, prima che possano offrire il medesimo effetto urbanistico tanto dal profilo volumetrico, quanto da quello ambientale, ovvero la salutare ombra sempre più necessaria a causa del surriscaldamento climatico. Recenti studi hanno dimostrato che gli alberi adulti possono ridurre la temperatura al suolo, ossia il beneficio della loro ombra, di 5 o addirittura 8 gradi: un’enormità in termini di benessere per la popolazione.

Sempre più si avverte come il cosiddetto progresso causi soprattutto danni irreparabili, così come irreparabile sarà la realizzazione del terzo binario con i suoi osceni muri antirumore che taglierebbero in due la città su tutta la sua lunghezza. Invito chi non lo conoscesse a leggere i principali passi dello specifico volume dell’Isos concernenti la realizzazione del viale Stazione a Bellinzona; e, in virtù del valore culturale di questo spazio pubblico, di cui gli alberi sono parte costitutiva, a schierarsi pubblicamente per impedirne l’abbattimento.

*vicedirettore del Master ‘Polis Maker’ del Politecnico di Milano

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