L’OSPITE

La quarta imposta

Dopo aver pagato quella federale, cantonale e comunale, i ticinesi dovranno affrontare il rincaro della cassa malati

Versata l’ultima rata delle imposte, di norma a settembre, bisognerà iniziare ad accantonare la somma da destinare all’assicurazione malattia. Quest’anno i premi riprenderanno a galoppare, con percentuali d’aumento di poco inferiori al 10 per cento. Questo in Ticino; in altri cantoni la situazione è meno grave, per un insieme di ragioni ben note agli studiosi della sanità pubblica. Il rallentamento intervenuto lo scorso anno ha fatto credere che fosse possibile in qualche modo arrestare o perfino invertire la tendenza. Illusione: la sospensione è stata imposta per ragioni politiche, per non esacerbare gli animi già piagati dal Covid. Ora la tregua è terminata.

La voce spesa del settore sanitario è sotto osservazione da decenni. Esistesse una sola causa, o un solo colpevole, la soluzione sarebbe semplice. Ma come ognuno di noi può facilmente accertare, le cause sono molteplici, e vanno dal rigonfiamento verso l’alto della piramide demografica (invecchiamento della popolazione) all’esplosione delle patologie derivate dall’età e dagli stili di vita, dall’elevata presenza di ospedali, cliniche convenzionate e farmacie ai vertiginosi progressi tecnologici della medicina, specie nella diagnostica e nella chirurgia. Domanda e offerta crescono insieme dentro un movimento a spirale, che pare davvero senza fine.

Per arginare l’esplosione dei costi si è tentato di tutto, ma senza mai giungere a una soluzione che possa dirsi soddisfacente. Il fatto è – per ripetere una formula detta e ripetuta mille volte – che di questo passo non si può continuare. Avremo certo un sistema sanitario efficiente e per certi versi invidiabile, ma sul quale gravano costi sempre meno sostenibili, soprattutto per i ceti bassi e medio-bassi che non soddisfano i requisiti per la richiesta del sussidio. La decisione di non agganciare il premio assicurativo al reddito sul modello della tassazione progressiva continua a generare iniquità. Purtroppo le proposte di un ri-orientamento sociale finora giunte in votazione (l’ultima volta nel 2014) sono sempre state affossate.

Tutti noi speriamo di vivere il più a lungo possibile. Ma bisogna essere consapevoli che longevità non fa rima con benessere. Sosteneva lo scrittore latino Terenzio che «Senectus ipsa est morbus», la vecchiaia è per sé stessa una malattia. Fatta eccezione per le disfunzioni ereditarie, la nostra qualità di vita dipende dal grado di infiammazione che abbiamo accumulato dall’infanzia all’età matura. Ne sono responsabili, come noto, le cosiddette "malattie della civiltà", ossia ipertensione, diabete, ictus, arteriosclerosi, infarti, cancro. In proposito Jared Diamond – geografo-antropologo illustre e autore di ricerche che hanno contribuito a modificare lo sguardo sull’evoluzione umana – osserva nel volume ‘Il mondo fino a ieri. Che cosa possiamo imparare dalle società tradizionali?’ (Einaudi 2013) che "purtroppo di queste patologie non si muore all’improvviso, tra i 78 e gli 81 anni (questa l’aspettativa di vita media nelle longeve società occidentali), dopo un’esistenza spensierata e meravigliosa trascorsa in piena salute: le malattie non trasmissibili comportano un declino e un abbassamento della qualità della vita che, prima di uccidere, si trascina per anni e anni". Con costi, aggiungiamo noi, in crescita costante, da riversare sulle spalle di economie domestiche sempre più stremate. Bisognerebbe rinunciare agli alimenti ricchi di grassi e di zuccheri, alle bevande alcoliche, al fumo e al cibo spazzatura; insomma, per finalmente spezzare questa spirale diabolica che da un anno all’altro rotea sempre più in fretta occorrerebbe re-impostare le nostre abitudini. "Ma non è detto – conclude ottimisticamente Diamond – che dobbiamo per forza perdere la battaglia contro le malattie non trasmissibili: siamo stati noi gli artefici dei nostri nuovi stili di vita, dunque è in nostro potere anche cambiarli. (…) Quali sono i cambiamenti in grado di ridurre molti rischi (anche se non tutti) per la maggioranza di noi lo sappiamo già: smettere di fumare, fare esercizio fisico regolare, limitare il consumo giornaliero di calorie, alcolici, sale e cibi salati, zucchero e bibite zuccherate, acidi grassi saturi e trans, cibi lavorati, burro, panna e carne rossa…". Niente male, si dirà, un bel programma vasto e titanico, in grado di sfidare anche la forza di volontà più ferrea. Ma in effetti l’alternativa è data da palliativi e dal consumo sproporzionato di farmaci, tra stupore, indignazione e promesse tanto ferme quanto puntualmente disattese.

Alla fin fine non ci resta che mettere da parte i soldi per la quarta imposta obbligatoria, dopo quella federale, cantonale e comunale.

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