L'ospite

Nemici per la pelle

7 settembre 2021
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Le elezioni per il rinnovo dei poteri federali sono ancora lontane (ottobre 2023), ma già ora è possibile osservare i movimenti delle truppe e gli slogan che li accompagnano. Ancora una volta occupa la scena lo scontro destra-sinistra, in concreto tra l’Unione democratica di centro (Udc) e il Partito socialista (Ps). Non che le altre formazioni concorrenti (liberali, democristiani, verdi) siano condannate alla marginalità, ma è fuor di dubbio che l’antitesi fondamentale sia questa, per la radicalità delle posizioni e per la violenza verbale. Per certi versi la campagna che si va profilando, e che emerge pressoché ad ogni votazione su iniziative e referendum, rammenta la secolare antitesi capitalismo-socialismo, solo che ora è intervenuto un rovesciamento prospettico, una singolare inversione delle parti. Spieghiamo.

La classica iconografia del movimento socialista e sindacale soleva ritrarre i padroni delle ferriere come capitalisti rubizzi e pingui, schiavi dell’avidità, con cilindro, sigari e grossi orologi da taschino.

Negli anni '70 case editrici come Samonà e Savelli e Mazzotta ricorrevano a questi quadretti espressionistici – alcuni risalenti agli anni della Rivoluzione d’Ottobre – per illustrare le copertine dei loro volumi di cultura politica. A questa propaganda d’ispirazione bolscevica, la destra rispondeva con immagini teratologiche, mostri feroci e sanguinari che se avessero varcato la frontiera orientale non avrebbero risparmiato donne e bambini.

Archiviato, tra il 1989 e il 1991, il pericolo rosso, almeno nella sua variante moscovita, occorreva rivolgere l’artiglieria contro i nemici interni, ovvero contro la socialdemocrazia, sopravvissuta allo sfacelo del comunismo storico. Riciclare la fraseologia della guerra fredda non dava più i frutti sperati: ecco allora maturare l’esigenza di adottare un vocabolario che ribaltasse sull’avversario il suo stesso lessico e le sue stesse allegorie. È nata così la figura del militante radical-chic, rivoluzionario a parole ma borghese fino al midollo, della «gauche caviar» salottiera, dei «Luxus-Sozialisten» presuntuosi che abitano nelle zone a traffico limitato (Ztl). Questi sarebbero i nuovi parassiti (i «fuchi» nel linguaggio della Lega dei ticinesi) che con astuzia volpina sono penetrati nella macchina statale: funzionari lautamente stipendiati che pian piano hanno colonizzato l’amministrazione, la scuola, il sistema radiotelevisivo.

Finora lo stratagemma ha funzionato, specie nei ceti sociali che Udc e Lega dicono di rappresentare: i rurali (che però numericamente sono poca cosa), i cittadini nauseati dalla politica, i delusi e gli scazzati, i gruppi sbalzati fuori dalla carreggiata dallo spazzaneve della globalizzazione. Parallelamente la propaganda ha messo in atto una strategia che tutti i partiti neopopulisti considerano infallibile: la sistematica delegittimazione della parte avversa. Non contestare progetti e programmi (impresa troppo ardua, troppo «intellettuale»), ma colpire direttamente le persone, esponendole al pubblico ludibrio, come nel Medioevo. Solo personalizzando il conflitto è possibile vincere le elezioni.

Questa la strategia. E poco importa se nel frattempo gli equilibri sono mutati, con l’ingresso di esponenti di Udc-Lega negli esecutivi, dai comuni alla Confederazione. Quel che conta è dare l’impressione di non far parte dell’odiato sistema, di ritenerlo anzi estraneo al proprio patrimonio genetico e di combatterlo dall’esterno.

Vedremo nei prossimi mesi, o anni, come il Ps risponderà a quest’offensiva, come saprà reagire senza cadere nella trappola retorica apprestata da Lega-Udc.

La debolezza della «gauche» non risiede in un presunto snobismo, come insinua la destra: basta osservare la platea dei congressi socialisti e la natura delle iniziative che promuovono. No, il suo punto debole sta nell’irrefrenabile propensione a dividersi, sia sul fianco destro (v. Piattaforma riformista), sia sul fianco sinistro (fronda radicale giovanile). Una malattia inguaribile, un’infinita divisione cellulare che affonda le sue radici nella storia, prima nella scissione tra riformisti e massimalisti e poi tra socialdemocratici e comunisti. In mezzo un pulviscolo di gruppi e gruppuscoli di vario colore, orientamento e ambizione (leninisti, trotzkisti, maoisti, anarchici ecc.) che spesso, nel loro combattersi a vicenda, hanno finito per spianare la strada a regimi che facevano strame della libertà e delle conquiste sociali.

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