Il dibattito

Piattaforme digitali e di umanità

E i nostri giovani dove sono? Quelli che fanno baccano con i motorini, che gridano dalle altalene dei parchi...

La nuova sfida che la scuola deve affrontare si chiama formazione a distanza. Moodle, Teams, Zoom, Skype, Whatsapp ed e-mail sono i nomi di piattaforme, applicazioni e tecnologie usate in questi giorni di chiusura delle aule. Ma non delle scuole. Sì, perché, com’è giusto che sia, la scuola non si è affatto fermata. Anzi, da quando i nostri giovani sono invitati a restare confinati dentro le mura di casa, la maggior parte di loro si è ritrovata da un giorno all’altro a seguire lezioni tramite video, interagire tramite chat, scaricare e caricare file, inviare compiti o test ai propri docenti. Azioni e predisposizioni mentali tutt’altro che scontate. Se avessimo il coraggio, la buona volontà e il tempo di fermarci un attimo per fare un lavoro di introspezione, ci renderemmo conto che nel giro di pochi giorni la nostra quotidianità – e di conseguenza quella dei nostri giovani – è stata completamente stravolta. Dovremmo ammetterlo a noi stessi, concedendoci qualche giorno di riflessione e adattamento, senza l’assillo del tutto e subito, fingendo di avere tutto sotto controllo e che comunque “andrà tutto bene”. Le nostre abitudini, i nostri piccoli rituali che fino a poco tempo fa ci davano sicurezza e piacere sono stati cancellati. La lettura dei quotidiani al bar, la stretta di mano o la pacca sulla spalla, l’allenamento in palestra o la lezione di yoga, il pranzo dai nonni, come pure l’aperitivo o la cena di fine settimana, sono solo dei ricordi.

Nel mondo degli adulti, alcuni lavorano da casa, altri sperano e pregano di non perderlo il lavoro. Mentre coloro che lavorano al fronte sono eroi che operano nel silenzio. Le nostre libertà di colpo sono state compresse. E ogni giorno cresce il numero di coloro che, purtroppo, stanno piangendo la scomparsa di un proprio caro o di coloro che, in un letto d’ospedale con lo sguardo rivolto verso il basso, sono sospesi tra la vita e la morte.

E i nostri giovani dove sono? Quelli che fanno baccano con i motorini, che gridano dalle altalene dei parchi, che non guardano quando attraversano la strada, che giocano al campetto, che si danno il primo timido bacio a ricreazione e che incidono le proprie iniziali sull’ultimo banco di scuola? Rinchiusi in casa. In qualche modo cercano di assopire quella sfrenata voglia di libertà e un’incontrollata energia vitale che un po’ tutti invidiamo. Sono ingabbiati ad ammazzare il tempo, mentre là fuori la primavera esprime tutta la sua bellezza. I più fortunati vivono in una bella casa con giardino, hanno dei bravi genitori e tutti gli agi, comprese le tecnologie necessarie per le lezioni a distanza. I meno fortunati sono ammassati in vecchie e chiassose palazzine popolari, alcuni hanno vivono con entrambi i genitori, altri sono figli di divorziati. Tra le crepe di alcune pareti si annidano tristi storie di depressione, alcol, droga e violenza. C’è chi ha due o tre fratellini che non danno pace e che vorrebbero usare l’unico e lento computer. E c’è chi non ha l’ombra di tutto questo.

A loro auguro di resistere e superare questo periodo, riuscendo ad accedere alle piattaforme che, malgrado l’enorme impegno dei gestori, ogni tanto fanno cilecca. Oltre a svolgere tutti i compiti, i test, partecipare ai forum, scrivere i componimenti, terminare le serie di mate, studiare per gli esami di maturità, eccetera. Ma soprattutto, auguro la salute, la vicinanza fisica o affettiva ai propri cari e la fortuna di ammirare la bellezza dei ciliegi in fiore. I più refrattari provino a leggere un buon libro, come quelli che alcuni dei miei bravi e impegnati professori hanno saputo consigliarmi prima che la digitalizzazione ingoiasse intere biblioteche. Quando le porte della scuola riapriranno, ne parleremo in aula. Ora più che mai, penso manchi un po’ a tutti.

 


 

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