Estero

La difesa di Ferragni, "nessun consumatore è stato truffato"

19 dicembre 2025
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Si è trattato al massimo di un caso di pubblicità ingannevole, dovuto ad errori di comunicazione e per il quale ha già chiuso il fronte amministrativo versando risarcimenti, ma anche donazioni, per un totale di circa 3,4 milioni di euro. E soprattutto da parte di Chiara Ferragni "non c'è stato alcun dolo", ossia alcuna volontà di raggirare i consumatori ed anzi, dal punto di vista oggettivo degli elementi probatori, non si è verificata proprio alcuna truffa.

È la sintesi delle arringhe difensive portate in aula dagli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, legali dell'influencer, per chiedere al giudice Ilio Mannucci Pacini che venga assolta con formula piena nel processo abbreviato a Milano, a porte chiuse, che la vede imputata, assieme ad altri due, per gli ormai noti casi del pandoro Balocco Pink Christmas e delle uova di Pasqua Dolci Preziosi.

"Ho ascoltato i miei difensori, sono tranquilla e fiduciosa", ha spiegato brevemente l'imprenditrice, sempre con un sorriso, uscendo dall'aula della terza sezione penale, in mezzo ad una selva di telecamere e cronisti. "Sappiate che Chiara è innocente da qualunque punto di vista si guardi questa vicenda: non c'è reato", hanno chiarito i due legali.

Stando alle indagini del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza, tra il 2021 e il 2022 Ferragni avrebbe ingannato follower e consumatori ottenendo presunti ingiusti profitti - in relazione a quelle vendite dei due prodotti, il cui prezzo non comprendeva la beneficenza pubblicizzata - per circa 2,2 milioni. L'aggiunto Eugenio Fusco e il pubblico ministero Cristian Barilli hanno chiesto una condanna ad un anno e 8 mesi senza attenuanti. Lei con il suo ex collaboratore Fabio Damato, pure lui imputato, secondo l'accusa, avrebbe avuto un "ruolo preminente" nelle campagne commerciali con cui sarebbe stata realizzata quella truffa con "grande diffusività", perché i suoi 30 milioni di follower si fidavano di lei e alle sue società spettava "l'ultima parola" nell'ambito degli accordi con la Balocco e con Cerealitalia.

"Tutto quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto in buona fede, nessuno di noi ha lucrato", aveva spiegato l'imprenditrice con dichiarazioni spontanee il 25 novembre. A sostegno della sua tesi, i legali hanno citato una serie di mail tra l'imprenditrice e la Balocco. E hanno chiarito che semmai c'è stata pubblicità ingannevole, ma ha già risarcito nelle sedi competenti. Di conseguenza, sulla base del principio giuridico del "ne bis in idem", non si può essere puniti due volte per la stessa condotta.

Oltre alla difesa nel merito sull'assenza del raggiro, ma anche sulla regolarità dei contratti con l'indicazione della beneficenza e dei cachet, un tema importante resta anche quello dell'aggravante della "minorata difesa" degli utenti on line, contestata dai pubblici ministeri nell'imputazione, perché se cadesse ci sarebbero proscioglimenti per mancanza di querele.

Hanno chiesto le assoluzioni, intanto, anche le difese di Damato e del terzo imputato, il presidente di Cerealitalia, Francesco Cannillo. La sentenza è attesa per il 14 gennaio.