diplomazia

Teheran contro Stoccolma, 2 svedesi rischiano l’impiccagione

Gli esperti: ‘Accusati di spionaggio in Iran, sono trattati come merce di scambio con l’Occidente’

Uno degli arrestati, Johan Floderus
(Keystone)
1 febbraio 2024
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Pedine sulla scacchiera della partita infinita che Teheran gioca con l'Occidente: non sono altro che questo, secondo gli analisti, i due cittadini svedesi detenuti nelle carceri iraniane con l'accusa di spionaggio, che rischiano l'impiccagione e che in realtà sarebbero stati arrestati solo per servire da merce di scambio con Stoccolma. Probabilmente per ottenere il rilascio del funzionario iraniano Hamid Noury, condannato all'ergastolo in Svezia per crimini di guerra commessi nel suo Paese. L'accademico svedese-iraniano Ahmadreza Djalali è stato arrestato durante una visita all'Università di Teheran nell'aprile 2016 e Johan Floderus, impiegato nel servizio estero della Commissione europea, era in vacanza nella capitale iraniana nel 2022 per visitare un amico quando è stato fermato.

Sempre Israele tirato in ballo

Entrambi sono accusati di "corruzione in terra" e spionaggio a favore di Israele. Djalali è stato condannato a morte, ma la data dell'esecuzione è stata fissata più volte e poi rinviata. Floderus, invece, è ancora sotto processo, ma la richiesta dell'accusa è la pena di morte e una sentenza dovrebbe arrivare a breve.

"Se ipotizziamo che siano stati arrestati per motivi politici e non perché siano effettivamente spie, allora sono pedine in un gioco molto complesso", è l'idea di Rouzbeh Parsi, ricercatore presso l'Istituto svedese per gli affari internazionali. Della stessa opinione Shahin Gobadi, portavoce del Mujaheddin del Popolo iraniano, gruppo di opposizione agli ayatollah, che non ha dubbi sul fatto che l'arresto dello svedese sia stata una mossa politica: "Il regime ha arrestato Floderus per tenerlo ostaggio in modo da poter ricattare il governo svedese e far rilasciare Hamid Noury", ha dichiarato Gobadi all'Ansa.


Keystone
Due iraniani davanti a un ritratto di Khomeini

Noury è un ex funzionario iraniano, condannato all'ergastolo da un tribunale di Stoccolma per il suo ruolo chiave nelle esecuzioni in massa di prigionieri politici in Iran nell'estate del 1988. Sebbene Noury non sia cittadino svedese e i crimini siano avvenuti in Iran, il sistema giudiziario svedese considera le accuse contro di lui una violazione del diritto umanitario internazionale e crimini di guerra. Da qui il verdetto storico del luglio 2022, confermato da una sentenza della Corte d'appello a dicembre, in base al quale, per la prima volta, una persona viene riconosciuta responsabile di una parte del massacro avvenuto in Iran senza che concorrano le circostanze della cittadinanza e della territorialità del crimine.

La politica del ricatto

"Prendere ostaggi e ricattare fanno parte del Dna del regime dai primi mesi in cui ha preso il potere, nel 1979. Purtroppo, la politica di ‘appeasement’ da parte dell'Occidente ha reso questo business lucrativo per loro", ha argomentato Gobadi facendo riferimento al caso dell'anno scorso in Belgio, che ha visto lo scambio di diversi prigionieri europei con iraniani. In particolare il lavoratore umanitario Olivier Vandecasteele scambiato con Asadollah Assadi, condannato per aver programmato un attacco terroristico. Uno scambio simile è quello che Teheran spera di ottenere da Stoccolma, ma le difficoltà legali ed etiche, a causa della numerosa comunità iraniana in Svezia che conta parenti e vittime del regime, renderebbero un'operazione simile molto più complessa. Potrebbero inoltre esserci altri svedesi detenuti in Iran, ma su di essi non ci sono informazioni a causa della strategia di negoziare a porte chiuse, "cosicché la trattativa non corra il rischio di trasformarsi in uno scenario in cui il regime potrebbe perdere la faccia pubblicamente perché sarebbe ancor meno collaborativo di quanto è solito", ha spiegato Parsi all’Ansa.

Gobadi da parte sua si augura che la Svezia non segua l'esempio del Belgio nel concedere uno scambio di prigionieri ed è convinto che anche a livello europeo non si sia fatto abbastanza: "Dichiarazioni, condanne verbali e sanzioni inefficaci non risolvono nulla. L'Unione europea ha a disposizione molti strumenti per costringere il regime a più miti consigli, tra cui la designazione dell'intero Ministero dell'intelligence e della sicurezza (Mois) e del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc) come entità terroristiche e l'imposizione di sanzioni totali contro il regime. Purtroppo, l'Unione europea ha finora esitato a compiere passi di questo genere".

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