medio oriente

Diplomatico svedese detenuto in Iran da più di 500 giorni

Inutili per ora gli sforzi di Stoccolma e Bruxelles per liberare Johan Floderus. Teheran: “È una spia”

Johan Floderus
(Twitter)
5 settembre 2023
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L'Iran detiene da oltre 500 giorni Johan Floderus, diplomatico di nazionalità svedese, e non c'è verso che lo rilasci, nonostante gli sforzi di Bruxelles. Il caso è stato rivelato dal "New York Times" ma il Servizio di azione esterna dell'Unione europea si era rifiutato di confermare sia le sue generalità sia il fatto che Floderus era in forze presso il corpo diplomatico europeo, a quanto pare per "tutelarne la sicurezza".

Le parole di Borrell

A marcare il cambio di passo è stato l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue Josep Borrell. Che non solo, per la prima volta, ha rivelato l'identità del diplomatico ma ha anche assicurato che Bruxelles sta spingendo "senza sosta" per il rilascio del 33enne.

"Voglio sottolineare che io personalmente, tutto il mio team a tutti i livelli - in stretto coordinamento con le autorità svedesi, che hanno la prima responsabilità della protezione consolare - e con la sua famiglia, abbiamo fatto pressione sulle autorità iraniane affinché lo rilasciassero: ogni volta che abbiamo avuto incontri diplomatici, a tutti i livelli, abbiamo posto la questione sul tavolo", ha dichiarato Borrell.

Insuccesso diplomatico

Con scarsi risultati, evidentemente. Floderus è stato infatti arrestato nell'aprile del 2022 mentre si trovava in Iran in vacanza con gli amici e in precedenza si era recato nel paese per lavoro. Teheran, a quanto si apprende, lo accusa di spionaggio. Ecco perché le istituzioni europee hanno scelto la riservatezza, come spesso accade in situazioni simili.

Ma dopo oltre 500 giorni di attesa la famiglia di Floderus ha avuto un crollo di nervi: non a caso, poco prima che Borrell rendesse pubbliche le sue inquietudini, ha rilasciato una dichiarazione in cui si diceva "profondamente preoccupata e affranta".

"Sappiamo che molti si stanno impegnando per farlo rilasciare e gliene siamo grati", recita il comunicato. "Allo stesso tempo, ogni giorno è un'enorme prova, per noi e soprattutto per Johan: deve essere rilasciato e deve poter tornare a casa immediatamente".

Finita la strategia del silenzio

Insomma, addio alla strategia del silenzio, avanti il battage mediatico. Per vedere se si smuovono le acque. Non è la prima volta, d'altra parte, che l'Iran sbatte in prigione un cittadino straniero, o con la doppia nazionalità, come rappresaglia: è la "diplomazia degli ostaggi", che prevede l'arresto strategico di cittadini occidentali per ottenere concessioni, come il rilascio di iraniani detenuti all'estero, spesso e volentieri per crimini gravi.

La pressione dell'Ue, sia diplomatica che sanzionatoria, non sembra poi aver un grande effetto nemmeno sul fronte dei diritti umani. Stando alla rete di attivisti iraniani 1500tasvir, le forze armate della Repubblica islamica avrebbero attaccato la residenza di Sara Aeli, zio di Mahsa Amini, e lo avrebbero "arrestato".

La 22enne di origine curda morì il 16 settembre di un anno fa dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto e la sua morte provocò un'ondata di proteste anti-governative in varie città dell'Iran, che andarono avanti per vari mesi e furono duramente represse, suscitando l'indignazione dell'Occidente.

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