Estero

Oltre 50 morti in Libia negli scontri tra milizie

Pesante il bilancio dei combattimenti tra fazioni che sostengono il governo di unità nazionale sotto egida Onu. Un accordo ha fatto tornare la calma.

Alta tensione a Tripoli
(Keystone)
16 agosto 2023
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Roma – L'instabile Libia torna prepotentemente alla ribalta delle cronache con violenti scontri armati nella capitale Tripoli, insanguinata dai cadaveri di almeno 55 miliziani rimasti uccisi nei combattimenti. Ad accendere la miccia è stato l'ennesimo confronto tra milizie rivali, le vere padrone del territorio, oltretutto schierate dalla stessa parte della barricata, quella dei sostenitori del governo di unità nazionale sotto egida Onu guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah.

Mohamed Hamza, comandante della "Brigata 444", una delle formazioni schierate con l'esecutivo che garantiscono de facto la sicurezza in parti della capitale, è finito in manette lunedì sera all'aeroporto di Mitiga. L'area è sotto il controllo della potente Forza di deterrenza speciale, la "Rada". Ignote le ragioni di quello che la Brigata 444 ha considerato un vero e proprio affronto, dichiarando lo stato di emergenza e mobilitando la forza armata.

I combattimenti si sono sviluppati lungo le periferie del sudest della capitale, in particolare nella zona di Ain Zara. Dopo oltre ventiquattro ore di scontri a fuoco anche con armi pesanti il bilancio ancora provvisorio è di 55 morti e 146 feriti, hanno reso noto fonti mediche. Tre ospedali da campo e circa 60 ambulanze sono stati utilizzati per aiutare i feriti ed evacuare i civili in aree più sicure, oltre 230 le famiglie spostate dalle zone coinvolte.

Trattative fruttuose

A far tornare la calma l'accordo raggiunto dopo lunghe ore di trattative tra le due milizie. L'intesa, che sarebbe stato mediata dal premier Dbeibah, ha portato alla liberazione del colonnello Hamza. La sua formazione, impegnata anche in attività anticontrabbando nel sud e sulla strada costiera che collega Tripoli alla Tunisia, è affiliata al ministero della Difesa, mente la Rada è legata a posizioni del Consiglio presidenziale.

Così mentre il premier si è recava in visita sui luoghi della scontri, il ministero dell'Interno annunciava un imprecisato piano per schierare sul terreno forze e monitorare la tregua tra le due milizie, già protagoniste di altri combattimenti a maggio, sempre scoppiati dopo un arresto, con un bilancio all'epoca di alcuni feriti.

La popolazione intanto sembra ormai rassegnata a una instabilità che dura dalla fine del regime di Gheddafi nel lontano 2011. Così, a 24 ore dagli scontri, il traffico in città è tornato regolare, negozi e caffè hanno riaperto i battenti, così come lo scalo di Mitiga, rimasto chiuso per due giorni.

La rinnovata tensione in Libia è "seguita con attenzione" dal governo italiano. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ne ha parlato al telefono con la collega Najla el Mangoush, sottolineando che la "priorità" di Roma "resta la stabilizzazione della Libia, senza violenza né interferenze, e avviare un percorso verso elezioni democratiche". Tajani ha ricevuto rassicurazioni "sul clima" generale, a dispetto di questi ultimi episodi di violenza, e si è detto "abbastanza ottimista" che il cammino dei libici verso il voto proseguirà, fino alla nascita di un "governo stabile".

Appelli alla de-escalation

Il titolare della Farnesina, allo stesso tempo, ha ribadito come "sia stato un errore gravissimo lasciare ammazzare Gheddafi": anche se "non era un campione della democrazia", con la sua fine è arrivata l'instabilità nel Paese.

Un appello generale alla "de-escalation" è stato lanciato anche dalla missione Onu, che ha "ricordato a tutti gli attori la loro responsabilità di preservare la relativa stabilità prevalente e di creare un ambiente favorevole allo svolgimento di elezioni per soddisfare le aspirazioni del popolo libico". Sulla stessa linea l'Ue, che ha sottolineato "l'urgente necessità di elezioni per trovare una soluzione politica sostenibile e inclusiva".