sudan

Scatta l’allarme: ‘Occupato un laboratorio di virus’

Altri quattro svizzeri tratti in salvo e riportati a casa da tedeschi e olandesi

Due aerei in fiamme nell’aeroporto di Khartoum
(Keystone)
25 aprile 2023
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È scattata l'allerta biologica in Sudan, dove i militari hanno messo le mani su un laboratorio di agenti patogeni, mentre prosegue l'esodo degli stranieri anche grazie alle 72 ore di tregua mediate da Washington e Riad. L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha denunciato che un gruppo di belligeranti, non si sa di quale delle due parti in conflitto, ha occupato un laboratorio nella capitale Khartum che custodisce agenti patogeni micidiali come il colera e il morbillo che, se sfuggissero di mano, potrebbero causare danni catastrofici.

"Il laboratorio centrale di sanità pubblica è occupato da una delle parti in lotta", ha riferito il rappresentante dell'Oms in Sudan, Nima Saeed Abid: "Hanno cacciato tutti i tecnici", la situazione è "estremamente pericolosa" proprio per i campioni di morbillo, colera e della poliomielite. Nel paese, oltretutto, "dopo dieci giorni di combattimenti, la carenza di cibo, acqua, medicinali e carburante sta diventando estremamente acuta, specialmente a Khartum e nelle aree circostanti", ha indicato l'Ufficio umanitario delle Nazioni Unite (Ocha), lanciando un allarme.

Regione a rischio collasso

Una situazione che secondo un'altra agenzia dell'Onu, quella per i rifugiati (Unhcr), potrebbe costringere 270'000 persone a fuggire verso il Ciad e il Sud Sudan. Nel martoriato Ciad sono già arrivati 20'000 profughi e l'organizzazione si aspetta che arrivino fino a 100'000 persone "nel peggiore dei casi". D'altra parte, "in Sud Sudan, lo scenario più probabile è quello di 125'000 rifugiati sud sudanesi di ritorno e 45'000 rifugiati". Numeri impressionanti che rischiano di far collassare l'intera regione.

Sul fronte militare, la tregua sostanzialmente tiene, nonostante i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) abbiano accusato l'esercito di aver violato il cessate il fuoco "continuando ad attaccare Khartum con gli aerei". A Omdurman, a nord della capitale, un colpo di artiglieria è finito su un ospedale causando feriti e costringendo allo sfollamento dei pazienti, mentre a Port Sudan l'esercito denuncia il tentativo dei miliziani Rsf di "assaltare le prigioni".


Keystone
La guerra continua nonostante la tregua

In questo fragile quadro, il quotidiano egiziano al Ahram sostiene che sarebbero in corso negoziati per arrivare a un incontro tra il leader de facto del paese, Abdel Fattah al-Burhan, capo delle Forze armate sudanesi, e quello delle Rsf, Mohamed Hamadan Dagalo.

Terrore a Khartoum

Tregua o no, i residenti di Khartum sono comunque terrorizzati: "Le strade sono presidiate da ragazzini armati, è molto pericoloso uscire non possiamo avere accesso a nessun tipo di sostegno umanitario", ha riferito un attivista a Bbc. L'emittente britannica nei giorni scorsi ha documentato la drammatica situazione nella capitale, con il suo corrispondente costretto a bere l'acqua dal Nilo perché oramai manca tutto, i prezzi sono alle stelle, dai generi di prima necessità fino ai biglietti per un autobus diretto verso l'Egitto, che ora costano centinaia di dollari.

Mentre si consuma il dramma dei civili rimasti intrappolati, sono proseguite anche oggi le operazioni di sfollamento degli stranieri. Oltre 1000 gli europei che hanno lasciato il paese nelle ultime ore, da ultimi francesi e britannici - Londra conta circa 4000 connazionali in Sudan -, che hanno messo in campo anche due navi per facilitare l'esodo, oramai ritenuto "indifferibile".

Quattro svizzeri lasciano il Paese

Quattro svizzeri hanno potuto lasciare il Sudan ieri grazie a voli organizzati dalla Germania e dai Paesi Bassi. Berna nel frattempo sta lavorando al rimpatrio di una trentina di persone con la doppia nazionalità, che vorrebbero abbandonare la nazione ripiombata da una decina di giorni in un violento conflitto fra esercito e paramilitari.

"Due persone sono state portate in Germania e le altre due nei Paesi Bassi", ha indicato in serata a Keystone-Ats il Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae). Quest'ultimo assicura di star continuando i propri sforzi per garantire sostegno ai connazionali che hanno espresso il desiderio di lasciare il Sudan.

La situazione è però particolarmente complicata per chi possiede anche il passaporto del Paese africano. Queste persone avrebbero infatti bisogno di un permesso di uscita, impossibile da ottenere a causa dell'assenza di un governo, hanno spiegato stamani in conferenza stampa il consigliere federale Ignazio Cassis e l'ambasciatore Christian Winter.

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